
II primi edifici che cadono sotto l’urto di una scossa tellurica sono quelli che hanno già delle crepe. I primi partiti che franano in seguito a una forte scossa politica sono quelli già in sofferenza. E chi frana se si presenta per l’Europa la necessità di assumere un impegno oneroso per la propria difesa dopo il ritiro annunciato dagli Usa della loro copertura militare? La rappresentanza italiana al parlamento europeo. Si sono aperte faglie non solo all’interno dei due poli ma persino all’interno di un singolo partito: il Pd.
La frammentazione che si è ingenerata nelle nostre forze politiche è ancor più evidente se messa a confronto con la sostanziale tenuta delle rappresentanze politiche degli altri paesi europei. Per non dire del caso dell’Inghilterra, non più parte della Ue, ma ugualmente interessata a partecipare alla difesa collettiva del Vecchio continente. I partiti tutti, nessuno escluso non hanno avuto tentennamenti, quando si è trattato di fare un muro in difesa del proprio paese, costi quel che costi.
D’accordo, questo è un caso limite. Non possiamo ambire a tanto. Lo Stato unitario da noi è nato con un forte ritardo e per di più con un alto deficit di legittimità. Non siamo mai riusciti poi a diventare una vera ‘nazione’. Per di più, in Italia, la politica è sempre stata divisiva. Non parliamo poi delle diverse posizioni in politica estera. Da sempre è stata posta in posizione ancillare rispetto a quella interna. I partiti l’hanno di regola subordinata al calcolo dei costi/benefici da ricavare sul piano elettorale.
È pur vero che la morfologia dei partiti è ben diversa rispetto a quella di una volta: ben strutturati, con idee chiare, con una classe dirigente adeguatamente selezionata, non impiccati al volubile andamento dei sondaggi. C’è da dire infine che richiedere, dall’oggi al domani, un impegno di spesa di 800 miliardi per il potenziamento degli eserciti europei, con le difficoltà grandi e piccole che costellano la vita dei cittadini, è come trovarsi in balìa di una scossa tellurica difficile da sostenere. Si capisce, dunque, che tutto questo sommovimento abbia frastornato i gruppi dirigenti dei nostri partiti, non proprio fulminei nel prendere delle decisioni di questa portata.
Si poteva, comunque, fare di meglio. Non hanno nemmeno provato. Se volevamo avere la dimostrazione che l’Italia, politicamente, continua ad avere la dimensione del nano in un mondo di giganti, l’abbiamo avuta ad abundantiam. Che peso pensiamo di poter esercitare nel consesso europeo – non parliamo poi in quello mondiale - quando alla prima prova seria cui siamo chiamati dimostriamo tutta la nostra fragilità. Di più, non riusciamo a offrire nemmeno una parvenza di unità nazionale in difesa dei nostri interessi vitali.
Il politologo statunitense Robert Kagan sostiene che gli americani provengono da Marte e gli europei invece da Venere. Tradotto in politica spicciola: solo Oltreoceano sanno assumere decisioni forti. Al contrario di questa parte dell’Atlantico. Noi poi surclassiamo tutti. Non ci limitiamo a non saper prendere decisioni forti. Non siamo capaci tout court di prendere decisioni. Non lo sono stati in questa occasione i nostri rappresentanti a Strasburgo. Ma non risulta che ne siamo capaci nemmeno noi cittadini. Ci è più congeniale scaricare le responsabilità collettive ad altri.
Siamo in gran maggioranza favorevoli – sondaggi alla mano - a un esercito europeo ma siamo altrettanto in maggioranza contrari a sobbarcarci l’onere di dotarlo di un armamento. Non parliamo poi di metter i boots on the ground, le truppe sul terreno. Siamo all’ossimoro, alla difesa indifesa.
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