«Io malata, mio figlio invalido. Sfrattati dalle case popolari»

Prestino Pensionata di 79 anni scrive al prefetto: «Viviamo per strada». La replica di Aler: «Abbiamo provato ad aiutarla, ma ci sono delle regole»

A 69 anni, malata, con il figlio invalido, si ritrova per strada senza più una casa.

Zeida Tomasin, di origine veneta in città dal 1955, ha ancora formalmente la residenza nelle case popolari di via Sandro Botticelli, a Prestino, ma per ragioni di morosità è stata sfrattata ormai a maggio dell’anno scorso. Da allora trova riparo dove può in vari angoli della città. Così fa anche suo figlio, 52 anni invalido, con gravi problemi sanitari alle spalle dorme tra via Napoleona e Casa Ozanam.

L’appello

«Mi sto ammalando anche io – racconta Zeida – tosse e fiato corte a parte la dottoressa dice che il mio cuore è sotto sforzo. La scorsa primavera sono uscita per delle commissioni da casa mia e al ritorno l’ufficiale giudiziario per conto dell’Aler mi ha negato di rientrare. È vero: durante la pandemia ho accumulato arretrati sugli affitti che avrei voluto saldare. Ma avevo paura di non farcela, mio figlio aveva sempre più problemi. Ora stando alle leggi non ho più diritto ad essere inserita negli elenchi dei richiedenti casa per cinque anni. Ma io non so cosa ne sarà di me tra cinque anni».

Ieri la signora, dopo varie richieste in Comune e all’Aler, si è rivolta al prefetto per chiedere un aiuto. «Mi hanno suggerito di far fare domanda a mio figlio, superati i suoi problemi di dipendenza – racconta – poi però mi hanno garantito che non si può fare, anche se la sua richiesta fosse accolta non potrei entrare io nell’eventuale appartamento. Sto provando a domandare alle associazioni di volontariato, parrocchie, al sindacato degli inquilini, ho bisogno d’aiuto».

Nel frattempo sul bollettino regionale si legge che tredici abitazioni pubbliche, tra via Vitani, piazza Mazzini e via Giovio, verranno date dall’Aler in affitto, ma con dei canoni calcolati in base al libero mercato. «Ci troviamo in gravissime condizioni non avendo una dimora fissa da ormai un anno e mezzo – hanno scritto madre e figlio al prefetto – ci siamo rivolti ai servizi sociali del Comune e non abbiamo ottenuto alcuna risposta volta a migliorare la nostra situazione. Purtroppo negli scorsi anni abbiamo contratto un debito con Aler, pertanto non ci è permesso di partecipare ad un bando per l’assegnazione di case di edilizia residenziale pubblica. Nel mondo delle locazioni private ogni nostra richiesta viene rimandata non avendo sufficienti garanzie da presentare ad agenzie immobiliari o proprietari. Siamo a rischio che ci venga revocata la residenza al momento collocata presso il vecchio domicilio da cui siamo stati sfrattati».

La replica di Aler

«Dobbiamo attenerci alle leggi - spiega Carola Airoldi, responsabile di Aler - Ricordo la storia della signora, spiace, ma aveva accumulato una morosità ingente e sono somme che per una riassegnazione vanno saldate. Allo sfratto arriviamo solo dopo avvisi, proposte di rateo, dopo un dialogo con l’ente comunale, con molta tolleranza e comprensione. Ci sono però delle regole che dobbiamo rispettare pur di fronte a tantissime storie complicate come quella della signora comasca».

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