La Procura Generale: «Su Erba nessuna nuova prova»
Strage di Erba L’atto con cui la responsabile dell’ufficio di Tarfusser smonta la richiesta di revisione: i colpevoli sono Rosa Bazzi e Olindo Romano
Nella richiesta di revisione scritta dal sostituto Procuratore generale Cuno Tarfusser non c’è alcuna «nuova prova», ma esclusivamente «diverse valutazioni di prove già conosciute ed esaminate» che, peraltro, sono «inidonee a determinare un effetto demolitorio del giudicato, anche alla luce di una eventuale completa rivisitazione del costituito probatorio» e, certo, non «possono assurgere ad elementi atti a fondare una richiesta di revisione per l’assenza di un accertamento irrevocabile sulla falsità o sull’esistenza di fatti criminosi posti a fondamento della condanna».
Il Procuratore generale di Milano, Francesca Nanni, demolisce l’atto realizzato dal suo sostituto che ha spinto la Corte d’Appello di Brescia a fissare - per l’1 marzo - un’udienza di discussione sull’istanza di revisione del processo per la strage di Erba. Lo fa nell’atto di accompagnamento del “lavoro” fatto dal suo sostituto, atto anticipato da Gianluigi Nuzzi ieri a Quartogrado e - stamane - sulle pagine de La Stampa.
Il documento firmato dal Procuratore generale, è stato predisposto dell’Avvocatura di Milano, il magistrato Lucilla Tontodonati, che fuga ogni dubbio anche sull’accusa di frode processuale mossa da Cuno Tarfusser: si tratta, in realtà, di «ricostruzioni alternative ed ipotetiche». L’atto prende in esame il tentativo della difesa - spalleggiata dal sostituto Pg di Milano, che gli avvocati di Rosa Bazzi e Olindo Romano si sono scelti per presentare una proposta di revisione «in quanto la richiesta proveniente dall’Autorità Giudiziaria requirente, avrebbe certamente una particolare peso e credibilità» - di demolire le tre prove (non gli unici elementi a carico dei condannati, peraltro) del caso: le confessioni, il riconoscimento di Olindo quale autore della strage da parte di Mario Frigerio, la macchia di sangue sull’auto del netturbino di via Diaz.
Sulle confessioni, che secondo Tarfusser e la difesa sarebbero state estorte e che conterrebbero numerosi errori, Nanni e Tontodonati si soffermano invece su quegli «elementi che gli imputati non potevano sapere se non per essere stati sulla scena del crimine» e sulla «compatibilità» tra quegli elementi forniti da Rosa e Olindo «con gli accertamenti tecnici effettuati, in particolare con la perizia chimica sulle cause dell’incendio e la perizia medico-legale». Elementi che non erano mai stati pubblicati, che erano addirittura non noti agli investigatori e che quindi potevano essere conosciuti «solo dagli autori del delitto».
Peraltro, i vertici della Procura generale bollano anche come viziata da «sospetta tardività» la ritrattazione delle confessioni, avvenuta peraltro senza mai alcun contraddittorio: né Rosa né Olindo hanno mai accettato di farsi sottoporre a un interrogatorio, ma il solo Olindo si è limitato a delle dichiarazioni spontanee.
La richiesta di revisione di Tarfusser e quella dei difensori dei due condannati ignora totalmente, tra gli altri elementi che incastrano i coniugi Romano, la dinamica della strage. Dinamica che indica la presenza di una persona mancina tra gli autori. Un dato ripreso con forza dal documento della Procura generale: «Vanno tenute presenti anche le risultanze oggettive relative alla ricostruzione della dinamica dei fatti, tra cui la circostanza che le ferite provocate alle vittime sono risultate essere state provocate da colpi inferti da due soggetti con forza diversa: più deboli i colpi inferti da un soggetto mancino, più forti quelli provocati da un soggetto destrimano. E la Bazzi è risultata mancina mentre il marito destrimano».
Anche la tesi della difesa sulla ricostruzione dell’aggressione di Valeria Cherubini, secondo cui - basandosi su consulenze tecniche eseguite da esperti sugli atti a disposizione - non poteva risalire le scale del condominio fino alla propria abitazione, per Lucilla Tontodonati si basa in realtà su «elementi che non sono in ogni caso nuovi, ma rappresentano diverse valutazioni delle risultanze autoptiche all’epoca esperite e che, peraltro, confliggono con dati oggettivi accertati, come le tracce di sangue continuative lasciate dalla povera Cherubini dal luogo della sua aggressione fino al suo appartamento, in assenza di qualsiasi ulteriore traccia che possa far ritenere che fosse stata seguita dai suoi aggressori».
Si insiste molto, nella richiesta di revisione, sul fatto che Olindo e Rosa sono persone semplici, fragili, suggestionabili, lei addirittura con un quoziente intellettivo molto più basso della norma, per dire che due persone così da un lato non possono essere ritenute responsabili perché incapaci di “ordire” una strage simile, dall’altro sono soggette a facili manipolazioni. La replica è secca e usa l’arma della difesa contro le loro stesse tesi: «Non si comprende come, se dotati di tali scarse capacità cognitive, avrebbero potuto memorizzare dati frutto di suggestioni per poi riferirli ripetutamente con particolari anche minimi e dettagliati».
Capitolo testimone. Per la difesa Mario Frigerio sarebbe stato suggestionato dai carabinieri. E una falsa memoria gli sarebbe stata “innestata” ne ricorsi. Scrivono i vertici della Procura generale che questi non sono certo «elementi nuovi» bensì semplici «valutazioni dei consulenti sulla pretesa inidoneità del Frigerio a testimoniare sulla base della rivisitazione di elementi già valutati dai giudici o sulla base di personali trascrizioni di parziali conversazioni intercettate. Frigerio, già sottoposto ad esame neuropsicologico dal dott. Cetti» (Claudio Cetti, all’epoca primario di psichiatria del Sant’Anna ndr) «le cui conclusioni vengono messe in discussione dagli attuali consulenti (anche in questo caso, non prova nuova ma diversa valutazione) Frigerio che fu sentito nel primo grado di giudizio, nel pieno contraddittorio delle parti, e presente anche al processo di appello, e che le Corti hanno avuto modo di esaminare e valutare di persona, al contrario dei consulenti che hanno redatto le relazioni in oggetto».
Identica conclusione sulla rilettura delle intercettazioni ambientali nella stanza d’ospedale dov’era ricoverato Frigerio, anche qui parliamo di una «consulenza di parte, sia pure collegiale e resa da indiscussi professionisti, che hanno “decodificato”, analizzato intercettazioni ed effettuato nuove, personali, trascrizioni, e nuove valutazioni di intercettazioni o di audio-registrazioni già esistenti e ripetutamente valutate dai giudici». Anche perché i nuovi consulenti non hanno esaminato Frigerio, ormai deceduto, ma solo «documentazione clinica pregressa da cui già risultava che avesse inalato monossido di carbonio. La conclusione è solo una, si tratta di prove già ampiamente valutate nel processo»
Infine la macchia di sangue, che - neppure troppo velatamente - per Cuno Tarfusser e la difesa sarebbe stata manipolata dai carabinieri. Anche qui: nessuna prova nuova. Il tentativo di demolire questo elemento, per Pg e Avvocatura, non è fondato «su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse ed innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili». Ma una rilettura, peraltro suggestiva, di un dato già conosciuto.
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