Per molti la realizzazione del secondo lotto della tangenziale monca di Como è ormai un’utopia. Ma forse c’è ancora una flebile speranza di ottenere un’opera che è una sorta di “Araba Fenice”: che sia indispensabile tutti (o quasi) lo dicono, poi nessuno la fa. L’intervento sconta scelte politiche penalizzanti per Como, la scarsa capacità del territorio di unirsi in una “class action” e l’errore di stralciare la tangenziale assieme a quella di Varese (meno strategica), dall’autostrada Pedemontana.
Detto che, nonostante le condizioni di cui sopra, negli ultimi anni qualcosa sul fronte della viabilità si è riusciti a fare (vedi la terza corsia da Como a Lainate sull’A9 e la cantierizzazione della variante Tremezzina), quella delle elezioni regionali potrebbe rappresentare l’ultima chance per il secondo lotto.
Un esponente politico comasco, Alessandro Fermi, con le quasi 14 mila preferenze ottenuto è il candidato più votato del centrodestra, coalizione di maggioranza. Una sorta di cambiale in bianco che il territorio ha voluto consegnare al leghista presidente uscente del consiglio regionale, anche in virtù della sua capacità di rapportarsi in maniera produttiva con la società o almeno di convincere gran parte degli elettori che sia così.
Fermi sulla tangenziale ha le idee chiare. Sa che c’è un progetto già pronto e che pensare di commissionarne un altro sarebbe una follia e il canto del de profundis sul già agonizzante intervento. E ha ben chiaro che il problema delle ingenti risorse richieste da una strada che correrebbe per larghi tratti in galleria, anche sotto il Monte Orfano, per collegare Villa Guardia con Albese sul mega trafficato asse Est-Ovest, potrebbe essere superato con i fondi del Pnrr ancora non utilizzati, che sono parecchi. Forse non è tardi pensare di metterci sopra le mani. Si potrebbe ridurre i costi da un miliardo a circa 800 milioni, realizzando il tracciato con una sola anziché due canne. E il metodo da utilizzare dovrebbe essere quello, vincente, della variante Tremezzina il cofinanziamento tra Regione e Stato (quest’ultima tranche garantita dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Fermi, è già certo e magari anche senza grande entusiasmo da parte sua (preferirebbe il bis alla guida del Consiglio) sarà quasi certamente uno degli assessori della nuova giunta di Attilio Fontana. I consensi ottenuti e il risultato del suo partito al di sopra delle aspettative anche se in netto calo rispetto a cinque anni fa, lo accreditano per ottenere una delega pesante (che oltretutto a Como manca da anni, bisogna tornare ai tempi del forzista Giorgio Pozzi a Viabilità e Trasporti che peraltro valsero l’ampliamento della Milano-Meda fino a Cermenate nella nostra provincia).
Como, insomma, avrebbe i titoli per chiedere che Fermi si occupasse di infrastrutture e potesse gestire in prima persona la pratica secondo lotto. Ma anche questo, se accadesse, non basterebbe senza il supporto e il sostegno di tutto il territorio che deve sapere superare invidie, interessi di bottega, rivalità politiche e sindromi di autoreferenzialità per garantirci un’opera che la politica ci deve, che è indispensabile per l’economia e la qualità della vita di tutti perché poterebbe via dalla città e dai Comuni di cintura tutto l’ingente traffico quotidiano di attraversamento. Non sarebbe la vittoria di Fermi, ma quella di tutti.
Questa è davvero l’ultima chiamata per la tangenziale. E bisogna rispondere a voce alta, visto che, a quanto pare le altre volte, nessuno ci ascoltato.
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