«L’America, il sogno cullato da bambina. La scelta migliore»

La pallavolista Negretti: «Vado nel campionato professionistico. Mi divertirò e crescerò»

Sbarcherà nella nascente Lovb, l’Nba della pallavolo femminile a stelle strisce. E sarà una prima volta. Per il campionato professionistico americano e per lei fuori dall’Italia. Ma Beatrice Negretti ha la faccia giusta e il carattere tosto per imporsi anche al di là dell’Oceano.

La muovono, manco a dirlo, la curiosità, la voglia di mettersi in gioco e quel pizzico di ambizione che non fa mai male e che a soli 24 anni ti ha già fatto assaporare esperienza importantissime in piazze come Busto Arsizio, Monza e Talmassons, per parlare delle più pregnanti. Il biglietto, per quest’anno, è di sola andata, destinazione Atlanta, perché non prevede prologhi (se non qualche allenamento) o code in altre squadre italiane.

Pronta, Beatrice? Sarai tu una nuova ambasciatrice in America.

Sono sempre stata attratta dagli Stati Uniti, non lo nego. Fin da piccolina un pensierino al college l’ho fatto. Sia per la mia crescita personale ‘‘ sia per la passione sportiva.

Come mai non l’hai messo in pratica?

Perché nel frattempo la scelta di continuare con la pallavolo e farlo da professionista non permetteva lo sbarco da giocatrice. E la possibilità è sfumata.

Adesso, invece...

Ora si aprono nuove porte. Un’opportunità incredibile. Che non volevo farmi scappare. Parte il primo campionato professionistico americano e io ci sarò.

Una vagonata di prime volte.

Per loro, che daranno un senso più compiuto alla pallavolo femminile. Per me, che per la prima volta uscirò dall’Italia per andare a giocare. Sapete cosa vi dico?

No, avanti...

Che mi sentivo al momento giusto della carriera e della crescita personale per fare un passo così.

Per un po’ vi hanno tenuto all’oscuro della squadra di destinazione. Ora hai capito qualcosa in più?

Sul fatto che vada a giocare ad Atlanta non ci sono più dubbi.

E poi?

Quattro mesi di campionato, da gennaio ad aprile. Partirò a novembre per iniziare la preparazione.

Immaginiamo anche una formula particolare con così poche franchigie...

Nessuna retrocessione e solo la conquista del titolo. Giocheremo tutto un weekend contro la stessa avversaria e nel successivo ci sposteremo in sede unica per una sorta di concentramento a quattro squadre, tutte contro tutte.

Cosa ti aspetti veramente?

Tante cose, perché come detto saranno tante prime volte da affrontare. Sarà di sicuro un’esperienza incredibile, per un campionato di buonissimo livello. E poi all’insegna di tutto quello che è americano, nello sport e nella vita. Cose fatte in grande, molta festa e piazze entusiaste. Il massimo, direi.

Dunque non un salto nel buio?

Uno di quei treni che passa una volta nella vita. Magari qualcuno può pensare a una scommessa, perché di questa nuova lega si sa ancora poco. Ma siamo negli Stati Uniti, pare impensabile che ci sia improvvisazione.

Che effetto è stato lasciare la serie A che, dopo averla assaporata a Monza, l’hai conquistata sul campo da capitana di Talmassons?

Non vi nascondo che, una volta ottenuta la promozione, qualche vibrazione ci sia stata. Qualche dubbio, di sicuro una riflessione. Poi la consapevolezza di poter fare la scelta migliore per me. Spiace, è evidente, poi la consapevolezza di poter andare.

Proviamo a fare un gioco.

Avanti.

Stessa domanda, declinazione della risposta diversa.

E cioè?

Vogliamo sapere le reazioni.

Mie?

No, quelle pare di poterle dare per assodate. Dell’ambiente che ti circonda.

Ok.

Talmassons, la tua ultima squadra.

Sono stati tra i primi supporter della scelta, va riconosciuto. Ho voluto essere io ad avvisarli, mi sembrava la cosa più giusta. E, avendo parlato di persona, ho potuto anche vedere la reazione. Come pensavo, ho avuto sostegno totale. Hanno compreso le mie ragioni, quanto fossero importanti per me e quanto grande fosse l’opportunità. Devo dire che sono stati tutti tanto, tanto carini. Non avevo dubbi, e sono contenta.

La famiglia?

Ah, ... contentissimi. Di sicuro per tutti loro è una bella soddisfazione. Come lo è per me.

Gli affetti.

Ahahahahahah.

Non è segreto che tu sia fidanzata con Luca Cesana, cestista ex Pallacanestro Cantù e ora all’Urania Milano...

Ovviamente, l’ha presa benissimo. Come lui sa, e come voi ben sapete, andare in America, per un giocatore di basket, significa aver sfondato. E probabilmente lo sarà anche per i pallavolisti. Mi ha sostenuta da subito.

Malgrado la distanza...

Staremo lontani sei mesi, è messo in preventivo. Ma non che Italia su Italia l’anno scorso fosse poi così diverso. Lui a Cantù, io a Lignano Sabbiadoro e la sfortuna di impegni e/o giorni di riposo che non combaciavano mai...

Più facile, secondo te, che un compagno sportivo professionista possa comprendere meglio una scelta di questo titolo?

Aiuta sicuramente. Conosciamo il nostro mondo e le sue regole. Ci si adatta tranquillamente.

E tra le tue colleghe. C’è spazio per le amicizie?

Dopo tutti questi anni, altroché. Anche in questo caso solo parlo di incoraggiamento. Non saremo tante, ma qualche italiana a giocare negli States ci sarà. Alessia Gennari, ad esempio, è una delle mie amiche migliori e ha fatto la stessa scelta. Non saremo compagne di squadra, ma il fatto di aver lì una persona di fiducia potrà aiutarmi.

Mai stata vicina ad Albese?

Mai. Forse perché ho sempre giocato lontano da Como. L’anno scorso, è vero, eravamo nella stessa categoria, ma la proposta di Talmassons per me - anche in quel caso - fu la più adatta.

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