L'olivo sfruttato in Italia da 3.700 anni, le prove in Sicilia

Le prime tracce di sfruttamento dell’ olivo in Italia provengono dalla Sicilia e risalgono a 3.700 anni fa , in piena età del Bronzo : la testimonianza è la seconda più antica di tutto il Mediterraneo dopo quella di Malta che risale a 5.000 anni fa . Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews dall'Università di Pisa, da quella della Tuscia e dalla Sapienza di Roma.

Le indagini hanno riguardato in particolare il sito di Pantano Grande , un’area paludosa vicino Messina. I carotaggi eseguiti in questa zona hanno restituito una sequenza continua di sedimenti di circa 3.700 anni . L’analisi al microscopio ha rivelato quantità eccezionalmente elevate di polline di olivo già nella Media Età del Bronzo , il che suggerisce una massiccia presenza di questi alberi e la loro possibile gestione attiva da parte delle popolazioni.

Secondo lo studio, l’ olivo selvatico era sfruttato in modo sistematico non solo per la produzione di olio : il legno era usato come combustibile o materiale da costruzione , mentre le foglie servivano come foraggio per gli animali. Anche se non si trattava ancora di una vera e propria coltivazione , la sua presenza intensiva nel paesaggio suggerisce un intervento umano consapevole e mirato .

Dopo l’Età del Bronzo, lo studio identifica altre due fasi di propagazione dell’olivo collegate a momenti chiave della storia della Sicilia. In epoca romana (dal II secolo a.C. al III secolo d.C.) le evidenze archeologiche e paleobotaniche convergono: il polline di olivo è associato a reperti come anfore o presse per l’olio e tutto fa pensare ad una vera e propria coltivazione . In epoca moderna (Regno di Sicilia, XIII–XIX secolo) si assiste a una nuova espansione dell’olivo. Come testimonia la documentazione storica, si trattava di una olivicoltura in senso moderno, non più una gestione del selvatico.

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