Mal di ex: Cutrone e Belotti

Tutti e due i centravanti azzurri hanno un passato in viola non felicissimo. Il mistero di Patrick all’improvviso in panchina, Andrea non ha lasciato il segno

Dire che meditano vendetta, è esagerato. Per Patrick Cutrone e Andrea Belotti, la Fiorentina è stata una fugace apparizione, quasi da dimenticatoio. Eppure qualcosa è rimasto nella loro rete dei ricordi, a tratti inspiegabili. E non ricordi piacevoli. Soprattutto per Patrick. Era arrivato a Firenze reduce dalla breve esperienza al Wolverhampton. Quattro mesi e due gol in cui i tifosi inglesi avevano appena fatto in tempo a coniare il coro su «he loves the pizza, he loves the pasta». Poi, via: a gennaio, prestito alla Fiorentina. Sembrava la dimensione giusta per ritrovare feeling. Il posto giusto. Ai tempi la definì «una nuova sfida, voglio dimostrare di poter fare bene. Il Wolverhampton non ha avuto fiducia in me e appena ho sentito parlare di Fiorentina ho detto subito di sì, ero contentissimo di questa scelta, sono in una grande società e in una grande squadra». E l’esordio fu speciale: un pomeriggio di mercoledì di febbraio, di giorno, un Fiorentina-Atalanta di Coppa-Italia finita 2-1 subito in rete con la maglia (63) viola. Poi arrivò il Covid, il lungo stop, la strana ripresa in giugno per finire il campionato, rendimenti altalenanti per tutti, navigazione a vista. Patrick segnò contro Sassuolo, Verona, Lecce e Torino. Comunque soddisfatto, spesso titolare, scelto dall’allenatore Iachini che aveva sostituito Montella (quello che lo aveva fatto esordire nel Milan). Chissà, se avesse ritrovato l’aeroplanino, magari le cose sarebbero andate diversamente. Fatto sta che Patrick rimase a Firenze, ma l’anno dopo si ritrovò sempre più spesso in panchina, inspiegabilmente inutilizzato. Solo tredici presenze e zero gol. Cominciarono a girare strane voci, sul fatto che la società preferiva far giocare calciatori di proprietà, e invece lui era in prestito e sembrava chiaro che i motivi delle scelte erano quelli. Fatto sta che a gennaio tornò al Wolverhampton. Con la sensazione di una occasione persa non per colpa sua, in un posto dove si trovava bene.

E Belotti? Belotti è stato alla Fiorentina quattro mesi, nel girone di ritorno dello sorso campionato, arrivato dalla Roma a gennaio. Tre gol segnati in maglia viola, uno contro il Frosinone e due a Bergamo contro l’Atalanta nell’ultima di campionato. Più uno in Conference contro il Bruges. E la storia curiosa del rigore contro la Roma, che avrebbe dovuto tirare lui, ma preferì laciarlo a Biraghi perché aveva paura che il portiere della Roma conoscesse i suoi movimenti. Risultato: Biraghi sbagliò. Ma la sensazione è stata di non aver sfondato, di aver fatto un lavoro utile per la squadra, ma senza trovare la via per essere decisivo. Ora Cutrone e Belotti si ritrovano davanti la Fiorentina e forse è l’occasione per dare un calcio ai ricordi. Cutrone, più che la Fiorentina, in gola ha il fastidio del gol annullato a Genova, quello che sarebbe stato la sua quinta rete.

Belotti è finito in panchina, non lo ha risollevato neppure il gol segnato al Verona,per lui si parla di una possibile partenza. Ma il girone di andata è ancora lungo, a giudicare dall’atteggiamento in panchina il gallo è ancora assolutamente dentro il gruppo. Chissà che non faccia in tempo a “sistemarsi” nella storia del Como. Magari a partire proprio dalla Fiorentina.

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