Frontiera / Como città
Giovedì 03 Novembre 2022
Sempre più passaggi di confine dopo gli anni di pandemia: «In aumento anche incidenti e truffe, rispetto a un 2020 più “tranquillo”»
Intervista Cosa cambia nei rapporti transfrontalieri a un anno di distanza dall’emergenza Covid (e con la guerra alle porte)? L’analisi del consigliere di Stato Norman Gobbi: «Sono stati fatti passi concreti, adesso tocca all’accordo fiscale»
Tutto cambia, a volte in modo davvero rapido e inaspettato. In un anno il mondo sembra sottosopra, ribaltato. Non solo, tristemente, per la guerra. Ci riferiamo ad alcuni fenomeni tra il Ticino e l’Italia. Da una parte la situazione sembra tornata alla normalità per le frontiere, ma ci sono segnali differenti. Ne parliamo con il consigliere di Stato e direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi.
Partiamo dai passaggi tra i due Paesi, che sono ripresi ormai a pieno ritmo: qual è la situazione oggi? Anche dal punto di vista della sicurezza? Che cosa comporta questo ritorno alla normalità?
La mobilità transfrontaliera ha ripreso vigore, dopo le restrizioni imposte dalla pandemia nel 2020. Un ritorno alla normalità che ormai dura da più di un anno. Sul fronte della sicurezza ciò significa un rafforzamento dell’allerta da parte delle forze dell’ordine, sia da una parte che dall’altra del confine. Il 2021 ha segnato un aumento degli incidenti della circolazione stradale in Ticino. Un incremento in particolare dovuto al graduale ritorno a una situazione di traffico intenso post lockdown. Il traffico pendolare dei frontalieri comporta una pressione sulle strade e autostrade ticinesi, con conseguenze anche per quanto riguarda il numero di incidenti, che nel 2021 sono stati 3.656. Sul fronte della lotta ai reati patrimoniali, la progressione è stata costante nel corso del 2021 e gli ultimi mesi hanno segnato cifre di poco inferiori alla situazione precedente l’emergenza da coronavirus. Permangono numerosi i furti effettuati da bande di nomadi provenienti dall’Italia. Per quanto riguarda le truffe, anch’esse in aumento dopo un 2020 “tranquillo” potrei citare l’ultimo episodio avvenuto 2 settimane fa con l’arresto di un 38enne e di un 24enne, cittadini italiani residenti in Italia. Il fermo ha permesso di sventare una truffa di tipo “rip deal”.
Sono in realtà cambiati anche i motivi, pur in parte, degli spostamenti. Dall’arrivo degli italiani dal confine per il pieno al fenomeno a volte inverso. Anche sul fronte della spesa, sono mutate le abitudini di svizzeri italiani. Qual è la sua analisi da questo punto di vista?
L’impatto più importante sulla mobilità al confine non è dato dagli spostamenti per il pieno di carburante o per la spesa. Sono le entrate dei lavoratori e delle lavoratrici provenienti dalle province di confine che creano i maggiori problemi di viabilità. Il fenomeno dei ticinesi che si recano oggi in Italia a fare il pieno perché molto più conveniente esiste, ma è limitato.
Quali sono i dati in suo possesso?
Lo studio più recentemente pubblicato dal Dipartimento del territorio del Canton Ticino del rilevamento sulla mobilità transfrontaliera tra settembre e novembre 2021 ha registrato una media di 65.319 ingressi – il 50% dalla provincia di Como, il 35% da quella di Varese e il 5% da Verbania-Cusio-Ossola - dai valichi doganali ticinesi (tra le 5 alle 18), con una netta prevalenza nella fascia mattutina (40’574 transiti tra le 5 e le 9). Ben l’82% dei veicoli - per il 90% in auto, il 7% su motoveicoli e il 3% su furgoni o altro - è occupato da una persona sola! Questo è un dato sconfortante anche perché è in continuo peggioramento (nel 2018 per esempio il 78% dei veicoli era occupato da una persona sola). Le dogane più sollecitate sono quelle del Mendrisiotto con il 68% dei passaggi.
Secondo lei sono fenomeni che cambieranno ancora o destinati a durare nel tempo?
Se parliamo di criminalità transfrontaliera possiamo dire che è un fenomeno che – stando così le cose – durerà nel tempo. Con cambiamenti però sui modus operandi dei criminali. E con una crescente criminalità legata al mondo cyber. Dunque fenomeni non solo sovranazionali, ma anche sovraterritoriali.
E se invece parliamo di trasporti e traffico veicolare?
L’accresciuto ricorso al telelavoro – introdotto sull’esperienza accumulata in periodo pandemico – sta avendo un’influenza anche sui trasporti, con lavoratori italiani che sono occupati per un’azienda ticinese, ma che si spostano meno verso il nostro territorio potendo lavorare da casa e quando lo fanno utilizzano anche il treno. I dati del 2021 ci dicono che i frontalieri hanno continuato ad aumentare, mentre il numero di passaggi dei veicoli ai valichi rispetto al passato ha subito una leggera diminuzione. Vedremo in futuro che tipo di evoluzione avranno questi fenomeni.
Che effetti ha lasciato il periodo di emergenza sanitaria sulla collaborazione transfrontaliera e può essere d’aiuto ad affrontare le nuove emergenze?
I contatti e le relazioni su diversi fronti sono stati più intensi. Anche di recente, nell’ambito della sottoscrizione del nuovo protocollo d’intesa tra Ticino e Provincia di Como in caso di catastrofi, è stato sottolineato questo aspetto.
Ed è stato questo rinnovato spirito collaborativo su punti specifici che ha permesso di fare passi avanti concreti proprio nell’ambito del mutuo soccorso in caso di catastrofe sui due versanti del confine. Una concretezza che si è ritrovata anche all’interno della Regio Insubrica, oggi sempre più impegnata ad affrontare temi comuni delle due realtà istituzionali.
Infine, l’accordo fiscale frenato dalle nuove elezioni in Italia: è preoccupato sul ritardo che ciò comporterà?
L’accordo fiscale è un tassello importante per costruire un miglior equilibrio sul mercato del lavoro transfrontaliero a tutela anche degli stessi lavoratori transfrontalieri. Un eventuale ritardo della sua ratifica comporterebbe evidentemente un problema. Malgrado la procedura di ratifica da parte italiana debba riprendere da capo confidiamo sulle competenze ministeriali per sveltire le procedure in quanto il nuovo ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti era già membro del Governo Draghi in qualità di ministro dello sviluppo economico, mentre il nuovo ministro degli esteri Antonio Tajani è un politico di lungo corso con conoscenze approfondite. Cito questi due ministeri perché sono quelli che più incideranno sull’iter dell’accordo fiscale tra Svizzera e Italia.
Ciò inciderà sulle relazioni tra Italia e Svizzera, in particolare il Ticino?
È chiaro che la Svizzera e il Ticino vogliono che questo benedetto accordo venga sottoscritto, anche perché i suoi effetti non saranno immediati. Ci vorranno ancora anni affinché il Ticino posso avere dei benefici concreti dal nuovo accordo.
Sulle tensioni, ad esempio per i ristorni?
È ancora troppo presto per parlarne. Siamo abituati a prendere decisioni di fronte a fatti concreti.
Vuole esprimere un auspicio o affidare un messaggio?
La forte maggioranza che il popolo italiano ha accordato a Fratelli d’Italia dovrebbe poter proporre una compattezza e una capacità decisionale del Parlamento superiore rispetto ad altri momenti della storia anche recente dell’Italia. Il mio auspicio è che questo avvenga e che si possa riflettere pure positivamente sulle Regioni e sulle Province, con le quali i Ticino ha maggiori contatti, e far avanzare concretamente i numerosi incarti in sospeso tra Svizzera e Italia, tra i quali menziono la necessità di trovare delle soluzioni soddisfacenti di lungo termine sulla questione del lavoro da remoto dei frontalieri e l’accesso al mercato dei servizi finanziari transfrontalieri.
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