Sette tonnellate d’oro di contrabbando. La banda sotto inchiesta in quattro Stati

Il caso La magistratura svizzera accusa un italiano di una clamorosa frode fiscale e doganale

È cominciato tutto in un parcheggio in Liechtenstein. I poliziotti vengono informati di alcuni movimenti sospetti. Interviene una pattuglia che trova due auto. Accanto due persone che stanno confabulando. Gli agenti controllano e scoprono un carico di lingotti d’oro. Ne nasce un’indagine che conduce gli investigatori fino in Germania, dove i lingotti erano diretti. Anche le autorità tedesche iniziano a indagare e a ricostruire il viaggio dell’oro: i lingotti di contrabbando arrivano dal Canton Ticino. Dove il metallo prezioso è stato fuso, partendo da carichi di collane, braccialetti e anelli raccolti dei vari compro oro del Sud Italia. Quindi transitati attraverso il valico di Como grazie ai soliti - e ben noti - spalloni di valuta, specializzati nei trasporti preziosi attraverso la dogana. E così l’indagine si allarga: Svizzera e, quindi, Italia.

Proprio nelle ultime settimane queste due indagini sono giunte a conclusione. A Como la Procura ha firmato e inviato a decine di indagati l’avviso di chiusura delle indagini preliminari. La Dogana svizzera ha invece notificato un atto d’accusa per frode fiscale, doganale e violazione della legge svizzera sul controllo dei metalli preziosi, a un italiano di 65 anni.

Il viaggio d’oro

I numeri hanno del clamoroso. Secondo l’accusa parliamo, nel corso degli anni, di qualcosa come sette tonnellate d’oro di contrabbando trasportate illegalmente verso la Germania (e non solo).

A Como l’inchiesta è stata condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria. I quali hanno ricostruito tutto il tragitto italiano di questa El Dorado europea. Dalla rete dei compro oro del Sud Italia partivano con frequenza quasi quotidiana carichi di catenine, anelli, collane, braccialetti, ciondoli. Altri carichi partivano dalla zona di Arezzo e da Valenza Po, tutti luoghi dove l’oro viene commercializzato e lavorato. Quindi giungeva a Como. Qui veniva preso in carico da ex contrabbandieri che si sono convertiti nel trasporto di denaro in contanti e di preziosi. E infine portato in Canton Ticino.

Stando alle autorità elvetiche, i gioielli finivano alla Opam Sa e alla O’Rey sa, due società svizzere entrambe in liquidazione. Queste si incaricavano di portare l’oro in fonderia dove veniva trasformato in lingotti. Successivamente il viaggio proseguiva alla volta del Liechtenstein, della Germania, ma anche dell’Austria e dell’Ungheria. I soldi, per contro, tornavano in Italia verso chi aveva iniziato tutto il giro. Ovviamente questo consentiva ingenti guadagni tutti esentasse e in nero, anche attraverso una serie di false fatturazioni per operazioni inesistenti.

Come tredici anni fa

Una vicenda assolutamente identica era già stata scoperta circa tredici anni fa, dalle Fiamme gialle. Erano finiti sotto indagine oltre cento indagati tra corrieri, spalloni, titolari di agenzia di compro oro, gioiellieri e imprenditori svizzeri. Sia allora che adesso è spuntato il nome di un personaggio di rilievi, nelle indagini sul contrabbando d’oro. Personaggio che, però, è morto pochi anni fa. Prima che quest’ultima indagine fosse chiusa.

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