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Giovedì 29 Dicembre 2022
Sfide e preoccupazioni uniscono Italia e Svizzera oltre la frontiera per il 2023: energia, inflazione e fisco
Prospettive Tanti motivi di preoccupazione nell’anno che sta finendo e altrettanti in quello che sta per cominciare. L’economia rimane il settore più delicato nei rapporti transfrontalieri, ma ci sono anche molti temi sociali
La Svizzera si lascia alle spalle un anno anche sorprendente: l’inversione del flusso di traffico – questa volta, colpo di scena, verso l’Italia – per rifornirsi di carburante è la migliore interpretazione dell’aggettivo. Ciò che non ha sorpreso la politica – e non solo – elvetica è l’ennesimo rinvio in extremis dell’accordo fiscale, atteso in commissione Senato e poi scivolato ancora. Tanto che a questo punto ci si aspetta una discesa in campo nel 2024.
In mezzo, le difficoltà e le preoccupazioni che uniscono le frontiere e che vengono traghettate nel 2023. I prezzi delle materie prime sono l’ombra che minaccia di allungarsi su ogni vicenda. E il rapporto franco-euro ha mosso non meno le acque.
Di certo, anche sul fronte svizzero i tentennamenti si vedono. Nel terzo trimestre la crescita del Pil è stata in linea con le aspettative, questo grazie anche alla domanda interna. In questo contesto si sono distinti i consumi privati e il turismo ha fatto la sua parte. Ma – ammonisce l’Ufficio di statistica federale – c’è stato un progressivo indebolimento, per cui l’economia svizzera dovrebbe registrare una performance inferiore alla media.
C’è la carenza di energia come scenario in grado ancora di spiazzare. In Europa, il gruppo di esperti prevede uno sviluppo contenuto della domanda mondiale per i prossimi due anni. Questo rallenta anche i settori più esposti del commercio estero. Così si ragiona sull’inflazione, sempre senza scordare l’energia.
Dopo il 2,9 % del 2022, il tasso di inflazione nel 2023 dovrebbe attestarsi al 2,2 %. Con un doppio risvolto: un effetto di contenimento della spesa per i consumi. Ma c’è anche l’aumento dei tassi di interesse, potrebbe rallentare l’attività di investimento a livello internazionale.
In tutto questo si era fatta strada una forte aspettativa ticinese di vedere entrare in vigore l’accordo fiscale sui frontalieri il primo gennaio 2023, data poi slittata ancora. Si dice che nelle prime commissioni riunite al Senato, a gennaio, il disegno di legge sarà approvato, tutti sono d’accordo e non si profila alcun problema. Toccherà poi alle Commissioni Esteri-Difesa ed Economia- della Camera. La parola chiave è quando. Molti temono che, a questo punto, la data di entrata in vigore sia il gennaio 2024.
Scossi dai problemi quotidiani, con lo sguardo che corre alle chance dl futuro. Aiti – l’associazione che riunisce le imprese – in occasione dell’assemblea numero 59 ha partorito una proposta di elaborare un documento per tracciare le linee guida e le misure più opportune. Uno sguardo avanti che corre fino al 2032. Questo piano strategico affronta anche il nodo delle competenze mancanti, problema avvertito anche in Italia.
Come collaborare, è la domanda strategica? La strada che unisce è quella dell’investimento sulle competenze, il tesoro che italiani e svizzeri cercano di intercettare.
Oggi il mondo industriale ha un peso decisivo nell’economia ticinese, in quanto contribuisce in ragione del 21% al prodotto interno lordo cantonale. Soltanto l’8% delle attività economiche (circa 4.000) impiega singolarmente più di dieci dipendenti.
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