Smartphone e social, così la scienza sfata il 'Tecnopanico'

Dalla minaccia della disinformazione a portata di smartphone all'impatto dei social network sulla psiche dei giovani: gli allarmismi suscitati dalle nuove tecnologie di comunicazione digitali risultano spesso eccessivi alla luce delle ricerche scientifiche realizzate finora. Lo spiega Alberto Acerbi, ricercatore del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell'Università di Trento, nel suo nuovo libro 'Tecnopanico. Media digitali, tra ragionevoli cautele e paure ingiustificate' (edizioni il Mulino, 186 pagine, 15 euro).

Acerbi, esperto di evoluzione culturale e antropologia cognitiva, traccia una guida all'uso consapevole e critico dei nuovi media digitali , dando uno spaccato delle ricerche oggi disponibili che smonta alcune delle convinzioni oggi più diffuse . Gli studi dimostrano ad esempio che la disinformazione non è più diffusa online, ma solo più facilmente accessibile ; l' infodemia porta più click ai siti affidabili che a quelli inaffidabili ; l'uso dei social media non è di per sé la causa della credenza nelle teorie del complotto, anche se ne può favorire la generazione e la diffusione; le insidiose ' camere dell'eco' che favoriscono la polarizzazione non sono un effetto collaterale inevitabile delle interazioni sui social ma dipendono dagli specifici argomenti . I risultati delle ricerche sono "molto più sfumati di quello che spesso ci sentiamo ripetere", commenta Acerbi.

Il suo libro dedica ampio spazio anche al tema molto dibattuto degli effetti dei nuovi media sulla salute mentale dei ragazzi . Pur riconoscendo che i timori sono motivati, dal momento che smartphone e social hanno radicalmente cambiato le nostre vite, dimostra quanto sia difficile provare un vero nesso di causa-effetto con il disagio giovanile. "Non c'è consenso scientifico riguardo agli effetti negativi provocati dai social media sul nostro benessere psicologico", sottolinea Acerbi, ricordando come non ci siano ancora dati scientifici abbastanza solidi che giustifichino il ricorso a un divieto generalizzato del loro utilizzo.

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