A Brescia il processo per la revisione sul caso di Erba: «Le vittime dimenticate: ora parliamo di loro»

Ricordi Youssef, Paola, Raffaella e Valeria citati per nome. I due condannati solo per cognome: «È l’ora del silenzio»

Da un lato di sono «Bazzi e Romano». Di loro si sta parlando da anni, e non solo nelle aule di giustizia. Dall’altro ci sono «Youssef, Paola, Valeria, Raffaella». Ma anche «Mario, Elena, Andrea, Carlo, Pietro, Beppe». Di loro ci si è dimenticati. E non si parla più. O, se li si cita, è per piazzarli (vedi il caso di Pietro) nell’infamante casella dei sospettati.

La scelta delle parti civili, almeno dei legali dei fratelli Castagna e dei fratelli Frigerio, è quello di scindere nettamente i due fronti: le vittime, chiamate per nome. I condannati, citati solo per cognome.

Se l’udienza di revisione della strage di Erba a una cosa è servita, in questa tappa bresciana assolutamente interlocutoria, è riportare i riflettori sulle vittime. Su chi non c’è più. E su chi quell'assenza la vive ancora oggi, con dolore.

Il valore della verità

Il primo a riportare l’attenzione sulle vittime è Adamo De Rinaldis, legale dei Frigerio: «Cito il libro di Carofiglio: “Cosa vogliono le vittime dei reati? Le persone ingiuriate dal crimine, quelle che hanno perso i propri cari o la propria dignità? La punizione dei colpevoli? Certo, anche questo. Ma la punizione è in gran parte un’illusione ottica. Ciò che le vittime vogliono davvero è la verità”. I signori Frigerio la verità l’hanno già avuta in tre gradi di giudizio. Ora vogliono che i loro cari possano riposare in pace, con il rispetto che meritano, e che loro possano placare il proprio dolore. Con il silenzio».

«Qui per amore di verità»

E poi Massimo Campa, con accanto l’assistente Daniela Spandri: «Noi rappresentiamo i Castagna, noi siamo i Castagna, siamo qui per amore di verità e per dovere di giustizia. La verità Pietro e Beppe Castagna l’hanno salda e forte nel cuore: Olindo Romano e Rosa Bazzi sono colpevoli».

Delle vittime il legale fa un ritratto umano. Partendo da Raffaella: «Io l’ho conosciuta. Era dolce, sensibile, e si occupava degli altri. Oggi sarebbe una donna presa ad esempio, e invece l’hanno dipinta come non si sa che cosa: hanno fatto diventare la casa di Raffaella la casa di spaccio. E invece non c’è un solo elemento per accusare una madre di aver portato la droga nella casa di suo figlio di 2 anni».

Mario Frigerio e Valeria Cherubini: «I vicini buoni, quelli che accorrono quando vedono che c’è fumo. E pagano le conseguenze». I vicini che non si voltano dall’altra parte. Ma che accorrono in soccorso, se serve.

Di Youssef il legale ha un’immagine terribile: «Voi l’avete vista la foto del suo corpo? Io purtroppo sì». Quel corpo derubato dall’energia tipica di un bimbo di soli 2 anni. Ucciso da un commando di spacciatori nordafricani? «Ma voi vi immaginate che nella faida dei tunisini questi ammazzino un bambino musulmano?». Quel nipotino che Paola, la nonna, amava con tutto se stessa». Paola, la mamma di Pietro e Beppe: «Chi ha accusato Pietro Castagna si vergogni e chieda scusa pubblicamente» sbotta il legale.

E anche il procuratore generale di Brescia, Rispoli, non usa mezzi termini: «Odioso cercare di mettere in mezzo la famiglia Castagna». La famiglia di Beppe e di Pietro e di Raffaella e di Paola. E di Carlo: «L’uomo capace di perdonare chi non ha mai chiesto perdono».

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