Salute & Benessere / Como città
Mercoledì 10 Luglio 2024
Un cervello virtuale per curare quello vero
Il progetto L’obiettivo è quello di prevenire le patologie del sistema nervoso e modellarne le terapie. Così si fondono medicina e tecnologie digitali
Un progetto integrato e multidisciplinare in cui si fondono medicina e tecnologie digitali, anche al fine di ricreare il cervello su piattaforme informatiche per prevenire le malattie del sistema nervoso e curarle con terapie modellate sui pazienti. I primi risultati sono stati presentati a Napoli.
Mnesys, finanziato dal Pnrr con uno stanziamento di 115 milioni di euro, prevede oltre 200 progetti che coinvolgono 500 scienziati provenienti da 25 fra atenei pubblici e privati, enti di ricerca e imprese, per la prima volta insieme per migliorare la conoscenza del cervello e il suo funzionamento, sia in condizioni normali che patologiche.
Tra gli obiettivi del più ampio programma di ricerca sul cervello realizzato in Italia la creazione di avatar digitali del cervello umano per studiare la risposta a farmaci e malattie, lo sviluppo di nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce e l’identificazione di nuovi bersagli cellulari e molecolari per approcci farmacologici innovativi.
Diversi, come detto, i progetti presentati e i risultati fino ad oggi ottenuti. Tra questi quelli dei ricercatori di Spoke 2: “La capacità naturale del sistema nervoso di modificarsi e di creare connessioni”.
C’è, infatti, un meccanismo chiave che influisce sull’efficienza dell’intero sistema nervoso centrale, ancora in parte sconosciuto, ed è la neuroplasticità, cioè la capacità naturale del cervello di adattarsi e cambiare, a ogni età, in risposta alle esperienze di vita vissuta e agli stimoli che provengono dall’esterno, all’invecchiamento o a seguito di malattie di tipo neurodegenerativo, psichiatrico o come l’ictus.
«Il potere plastico del cervello ci permette di imparare qualcosa di nuovo, acquisire informazioni e adeguarsi all’ambiente circostante e può essere “adattativo”, quando è in grado di contrastare almeno in parte il danno iniziale subito da una struttura del cervello, come ad esempio i sintomi del Parkinson o della Sclerosi Multipla, o “maladattativo”, quando non è in grado di realizzare una compensazione adeguata – spiega Fabrizio Esposito, ordinario di Bioingegneria dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli e coordinatore dello Spoke 2 -. Per affrontare in maniera sempre più efficace la complessità delle patologie che possono affliggere il cervello, occorre però associare strettamente il concetto di neuroplasticità con quello di connettività».
Come sottolinea Esposito è conoscenza ormai assodata nella letteratura medico-scientifica, che la plasticità dei neuroni si manifesta sempre, direttamente o indirettamente, come una modificazione strutturale o funzionale delle connessioni che esistono tra di essi. «In pratica – prosegue - il cervello funziona come una orchestra e forma dei gruppi che “suonano” insieme e per “suonare” bene devono sincronizzarsi. Le funzioni cerebrali, così come le osserviamo noi dall’esterno tramite l’analisi delle azioni e dei comportamenti, non sono mai, dunque, il semplice risultato dell’attivazione di un solo neurone né tanto meno di un gruppo ben localizzato e definito di neuroni dello stesso tipo in una data area del cervello». L’attività cerebrale si svolge in complesse reti neurali e si organizza su diversi piani funzionali, le cosiddette scale di complessità.
«In tal modo, – aggiunge Egidio D’Angelo, ordinario di Fisiologia all’Università di Pavia e responsabile del progetto di modellistica del cervello all’interno dello Spoke 2 - i processi molecolari e delle membrane cellulari, il sottile strato lipidico che delimita le cellule, determinano l’attività dei neuroni, che influenzano quella dei microcircuiti, che a loro volta si associano a formare reti via via più complesse, fino all’intero cervello».
Attraverso l’analisi della connettività si potrà prevedere se e quanto il potere plastico del cervello possa avere successo o meno nel riuscire a salvare le funzionalità cerebrali a seguito di una malattia oppure come intervenire precocemente per riuscire a curarla.
© RIPRODUZIONE RISERVATA