Un po’ meno libertà
per tutelare i più deboli

Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato l’emergenza internazionale per l’epidemia di COVID-19. In Italia mentre ci si concentrava sull’individuazione del focolaio, l’isolamento dei contagiati, l’analisi del virus e le cure agli ammalati, e dopo una fase di difficile coordinamento tra Stato e Regioni, è stato emanato un decreto-legge del 23 febbraio 2020 che ha legittimato misure (governative, regionali e di concerto) di contenimento del contagio: la successione dei provvedimenti - ancora in corso in questi giorni - è dettata dall’evolvere della situazione e delle conoscenze sulla diffusione del virus.

Il contenimento del contagio richiede misure che incidono su libertà costituzionali, come quelle di circolazione e soggiorno, di riunione, di culto religioso, di insegnamento, sulla libertà di iniziativa economica. Un bilanciamento riguarda l’articolo 32 della Costituzione, che indica la tutela della salute come “fondamentale diritto dell’individuo” ma anche come “interesse della collettività”: come è evidente nel contenimento di malattie diffusive.

Ma l’emergenza può servire a rileggere (o a leggere per la prima volta) altri due articoli della Costituzione.

L’epidemia è paritaria nella sua diffusione ma selettiva negli effetti, poiché colpisce in forma più grave i soggetti più fragili: anziani, immunodepressi, portatori di patologie croniche o comorbilità.

Dunque la prevenzione della diffusione dell’epidemia riequilibra condizioni diseguali di partenza, è la risposta a un’esigenza di eguaglianza sostanziale, come vuole l’articolo 3 della Costituzione.

Perché la mancata riduzione del potenziale numero di malati produrrebbe, in maniera crescente, un sovraccarico del servizio sanitario pubblico, compromettendone la funzione dper i risposta universale per fornire eguali opportunità di cura a tutti i cittadini, anche a coloro che, per condizioni di partenza più problematiche, senza il servizio pubblico non potrebbero avere cure di adeguato livello.

Difendere preventivamente la funzionalità del servizio sanitario pubblico garantisce eguaglianza sostanziale, per tutti e per ciascuno. È l’”effetto mangrovia”: le misure si sovrappongono e riducono la piena dell’epidemia come le intricate radici di quella pianta riducono la piena dei fiumi.

Per ottenere questi effetti le misure di contenimento agiscono decisamente sulla riduzione della socialità.

L’articolo 2 della Costituzione opera una scelta di valore per la socialità, per la realizzazione dell’essere umano “nelle formazioni sociali”.

La frequenza scolastica e universitaria, l’attività associativa, culturale, la condivisione di esperienze, da quelle religiose a quelle sportive, la comunicazione e il contatto diretti tra le persone, sono espressioni concrete di un valore costituzionale: la riduzione della socialità perciò dev’essere giustificata da quella ispirazione egualitaria sostanziale nelle cure.

Il darwinismo da bar (poco frequentati) e da social (molto di più) di chi dice “tanto muoiono i vecchi e i malati” non è solo immorale ma anche stupido: stiamo accettando tutti una quota di sacrificio perché i più deboli abbiano assistenza adeguata. Ricordandoci che “debole”, perché bisognoso di cure, può diventare ciascuno di noi. Improvvisamente.

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