Corno, la magìa dell’Africa. E il grande premio del Coni

Il tecnico reduce dal Mozambico: «La più bella esperienza». È stato insignito della Palma d’Oro al merito tecnico: «Che bello»

Giusto il tempo di tornare dal Mozambico, dove per un mese e mezzo ha allenato la squadra femminile di Maputo nell’ambito del Progetto Colors, che Aldo Corno ha ricevuto una telefonata da Gianni Pertrucci.

Il presidente nazionale della Federbasket lo informava che il Coni lo ha insignito della Palma d’Oro al merito tecnico, la massima onorificenza per un allenatore. La stessa già assegnata a Carlo Recalcati e Valerio Bianchini, tanto per citare due tecnici che hanno fatto la storia del basket.

Corno, nato a Roma nel 1950 e da oltre 30 anni trapiantato a Como, è infatti il coach più titolato della pallacanestro italiana grazie agli epici trionfi nella femminile con Vicenza e con la Comense. «Mi ha chiamato Petrucci per dirmi che la mia candidatura, presentata da Antonio Pini del Comitato Fip di Como, è stata accettata. E devo ammettere – afferma Corno – che mi fa piacere sia riconosciuto quanto sono riuscito a fare in tanti anni. Fra l’altro, è la prima volta che ricevo un attestato alla carriera, ed è anche il più alto. Credo che verrò premiato l’anno prossimo a Roma».

L’ex nerostellato si è ritirato dal basket qualche mese fa. Ma evidentemente la sua storia cestistica non è ancora finita. Inaspettata la chiamata in Mozambico per un’esperienza unica. «Dal punto di vista umano, è stata la più bella che ho vissuto nella mia carriera, Che esula anche dal contesto cestistico. Io e mia moglie Antonella, che mi ha seguito in questo viaggio, abbiamo conosciuto realtà e situazioni pesanti, che magari le vedi in televisione ma quando le tocchi con mano è diverso. Che ti fanno tornare con i piedi per terra e ricordare le cose importanti della vita - sottolinea Corno -. Per le ragazze della capitale già stare in una squadra di basket è un sogno: lo scopo di Progetto Colors è portarle fuori dai quartieri malfamati e darle delle opportunità di istruzione e di riscatto».

Un’esperienza che lascia il segno. «Quando siamo arrivati in aeroporto siamo stati accolti e festeggiati dalla squadra. Poi appena usciti abbiamo trovato un centinaio di bambini e bambine, che si sono messi a cantare e ballare. E’ stata la più bella accoglienza della mia vita: neanche quando vincevo le Coppe dei Campioni».

La Desportivo Lazio de Maputo, così si chiama la squadra dell’associazione di Roma impegnata nel sociale ed erede della Lazio Basket, ha chiamato Corno per i playoff. «A Maputo si affrontavano le prime otto squadre del Mozambico, ma siccome hanno voluto fare delle partite in più, ne abbiamo giocate addirittura 14 in 17 giorni... Per farla breve, siamo arrivati terzi e le ragazze mi hanno buttato per aria per festeggiare, visto che le prime due erano delle potenze imbattibili, mentre noi siamo una squadra che nasce dall’orfanatrofio».

La parentesi in Mozambico si chiude qui? «La Federazione non fa corsi per allenatori, e allora mi ha chiesto di tornare per tenerne uno di una decina di giorni. Ci devo pensare, perché il viaggio è impegnativo. Ma... probabilmente ci andrò».

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