Baldi Rossi: «Mi batterò per guarire le ferite di Cantù»

Intervista con il capitano dell’Acqua S. Bernardo

«Sono in vacanza? Nì. Nel senso che non mi trovo in una classica località di villeggiatura, ma sono comunque in Trentino a 1.500 metri d’altezza dove hanno una casa i genitori della mia ragazza e sto bello al fresco. Qui riesco a far vacanza e ad allenarmi, il connubio perfetto. Svolgo tutto il lavoro di pesi in una palestra privata e qui intorno ho il campetto e vado a correre. Man mano che ci si avvicina bisogna buttar sempre più benzina dentro...». Filippo Baldi Rossi si sta dunque già preparando per presentarsi al raduno dell’Acqua S. Bernardo in condizioni fisico-atletiche decisamente già apprezzabili.

Ma all’indomani di gara-4 di finale persa a Trieste che fine ha fatto?

Mi sono preso subito un paio di settimane di stacco totale, dedicandomi al mio bimbo Federico (Chicco per tutti, sorride) e alla mia ragazza Gaia. Poi a Bologna dove stiamo ristrutturando la casa dei miei - perché la nostra prossima base sarà lì - e siamo ormai all’arredamento di cui si occupano i miei amici canturini... Una vacanza in Sardegna in un villaggio a Orosei e poi mi sono un po’ rimesso in moto con movimento ed esercizi.

A luglio, insomma, era già reattivo.

Abitualmente è quello il mese che dedico alla parte fisica, ovvero a ciò che inerisce alla prevenzione e alla forza per poi arrivare ad agosto dove aggiungo cardio ed esplosività per giungere a una condizione che sia decente prima di affidarmi alle mani del preparatore atletico.

È uomo di mare o di montagna?

Sono sempre stato uno pro mare, poi avendo la ragazza trentina mi si sono aperti altri orizzonti perché per me la montagna era prettamente invernale con la settimana bianca da piccolo con i miei genitori, mentre ora ritengo la montagna estiva qualcosa di spettacolare. Un po’ per i paesaggi, un po’ per le temperature, un po’ perché prendiamo il passeggino da trekking per scorrazzare il bimbo tra le malghe dove ci sono gli animali. Diciamo che in un contesto simile cerco di svolgere al meglio possibile il ruolo di papà, che mi rende felice, visto che durante la stagione sportiva per ovvi motivi riesco a dedicare a Chicco solo poco tempo.

E i momenti di relax come li “impegna”?

Non sono un fan della tivù e nemmeno del cinema. Oddio, guardo ogni tanto qualche serie gialla o thriller, ma senza trasporto. Riguardo le letture, divoro riviste di auto e moto, le mie grandi passioni. Quanto alla musica, quella italiana ascoltata alla radio.

È nativo di Vignola, località rinomata per via delle ciliegie. Ora lì è forse più celebre lei?

La mia famiglia è di Anzola Emilia e a Vignola sono solo venuto al mondo. Tra l’altro sono stato l’ultimo del reparto nascite dell’ospedale cittadino alle 15.30 del 26 ottobre 1991, dopodiché l’hanno chiuso... Curioso, vero?

Ormai va verso i 33 anni: in che condizioni fisiche si sente in questo frangente della carriera?

Molto bene. Le difficoltà che più ho accusato in questi ultimi due anni a Cantù sono stati i recuperi tra una partita e l’altra, soprattutto in ambito playoff perché venivo dalla serie A dove giocavo da specialista al massimo 15-20 minuti, mentre in A2 sono diventato molto più protagonista e il minutaggio si è inevitabilmente impennato. Comunque mi sento nel pieno della forma. E poi sono contento di fare quello faccio, sono felice, mi sento realizzato e quando la testa gira il corpo ti viene dietro molto volentieri. Se fai una cosa che non ti piace o non ti soddisfa o se la fai per passare il tempo e portare a casa la pagnotta, alla fine della fiera anche fisicamente ne risenti.

Solo un tuffo nell’ultima stagione: c’è una partita che vorrebbe rigiocare?

Tirerei una monetina tra gara 1 e gara 2 di finale con Trieste. Perché ero convinto - e l’abbiamo dimostrato nonostante il loro super stato di forma - che potessimo andare a vincere a casa loro. Ciò che non mi aspettavo era di andarci sotto 0-2 anche per via del clima e della cornice che si erano creati a palazzo.

Quest’anno, tra l’altro, si annuncia ancor più difficile il percorso verso la promozione.

Secondo me, l’A2 questa volta torna l’A2 che ho giocato da bimbo a Trento quando avevo 21 anni. Vera, intensa. Penso che tante partiranno con il nostro stesso obiettivo. Perché molti club hanno allestito squadre che si equivalgono. Buttando un’occhiata ai roster quel che mi vien da dire è che una Trapani non è stata costruita - e dunque quell’ammazzacampionato non c’è - ma scorgo tra le sei e le nove squadre alle quali non manca nulla per provare a fare il salto. E andranno su in due... E se non sali al volo chiudendo al primo posto, nei playoff rischi di ritrovarti in mezzo a un gran polverone. Insomma, vedo un torneo molto bello e competitivo.

Non è andata con Sacchetti, non è andata con Cagnardi, ora deve andare con Brienza... Perché questa potrebbe essere davvero la volta buona?

Quest’anno da noi si è chiuso un ciclo perché abbiamo perso alcuni giocatori che erano qui da tempo. È stata la fine di un percorso e ora ne riparte un altro. Dal lato tecnico conosco poco Brienza, ma per lui parlano i risultati raggiunti negli ultimi due anni con Pistoia. E nulla viene per caso. Cantù è stata costruita in base alle sue richieste per improntarla alla sua pallacanestro e dunque a oggi c’è tutto per poter far bene. Poi..

Poi?

Occorre che noi ci si metta lì compatti e che lo spogliatoio tiri tutto nella stessa direzione.

Si è legato a Cantù sino al 2026: un bell’impegno.

L’ho presa molto a cuore perché subito al mio arrivo si è creato un solido legame con la società che ha posto le basi per un bellissimo rapporto a livello umano. Questo mi ha dato molta fiducia perché io quando vado in una società non lo faccio per rincorrere soltanto una palla poiché ritengo che instaurare buoni rapporti possa essere la chiave per propiziare una buona riuscita. Detto ciò, il prolungamento del contratto mi ha inorgoglito e reso particolarmente felice. Oltre ad avermi responsabilizzato un sacco. Io sono venuto qui perché so che piazza è e che tipo di obiettivi ha. A Cantù sto davvero bene e sono molto legato anche ai tifosi, per cui finché va lasciamola andare...

E da capitano che discorso introduttivo farà ai suoi nuovi compagni?

Farò capire il più in fretta possibile non certo l’obiettivo perché mi sa che lo sanno già sin troppo bene, ma che questa è una società ferita da tre anni di mancate promozioni. Ma che è pure un club che ha progetti importanti sia per quel che riguarda la squadra sia per ciò che concerne il mattone perché è sotto gli occhi di tutti che il palazzo ha preso il via e verrà tirato su. Dirò che bolle tanto dentro il pentolone e che bisogna aiutare la società rispettando ciò che sta facendo. Voglio che venga ricambiato quel tanto che la Pallacanestro Cantù sta realizzando.

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