Cantù può mettersi il cuore in pace. Addio primo posto

Basket A2 L’Acqua S.Bernardo ha lottato sino alla fine, ma Udine ha dimostrato di meritarsi la leadership. I brianzoli scontano la scarsa pericolosità degli esterni

«A mio avviso eliminiamo Cantù dalla corsa alla promozione diretta, o comunque dovrebbe capitare qualcosa di veramente incredibile». È questa l’opinione del presidente di Udine, Alessandro Pedone. Ecco ora la constatazione - che collima con la precedente - di Nicola Brienza, nell’appendice della sfida furlana, che consegna all’oggettività una delle sue più incisive dichiarazioni: «Con questa vittoria si sono presi il primo posto, ma noi ci faremo trovare pronti per prenderci l’altro posto che rimane per la A».

La guida tecnica di Cantù riconosce lo stato dell’arte, certifica che è tramontata qualsivoglia possibilità di aspirare a chiudere da capolista la stagione regolare e rimanda ai playoff. La sostanza espressa dal suo pensiero era nell’aria da tempo nell’ambiente (almeno da quando la sua squadra ha infilato quei cinque disgraziati ko uno dietro l’altro), ma non foss’altro per pudore non si era mai arrivati a esplicitarla in tale maniera di senso compiuto. Insomma, era un po’ nelle cose ed è definitivamente deflagrata a seguito della sconfitta rimediata al “Carnera” nello scontro diretto.

Incisività

Un match che ha detto – o apposto il timbro di certificazione - che Cantù è sostanzialmente guarita dal mal di vivere che in un certo periodo l’aveva attanagliata e che l’assenza di De Nicolao - per quanto possa incidere - non è l’appiglio al quale aggrapparsi per pensare a ciò che avrebbe potuto essere e invece non è stato. Perché ormai da alcune giornate la squadra ha scoperto una propria identità anche in assenza del regista titolare.

E sta in campo con dignità, compostezza ed efficacia. Come, appunto, il match di Udine sta a dimostrare (i padroni di casa hanno chiuso con 90 di valutazione, gli ospiti con 92...) . Perché i brianzoli - al netto della sciagurata partenza - se la sono giocata sino alla fine.

Oddio, magari qualche rotazione in frangenti nevralgici non ha forse convinto, ma il problema - o uno dei problemi che ci si trascina - è verosimilmente un altro. Ovvero la scarsa pericolosità di questa squadra da oltre l’arco dei 6.75. O meglio, dei pochi giocatori che in questo momento possano essere ritenuti punti di riferimento per metterla dentro con una certa frequenza dalla lunga distanza.

Clamoroso e lampante il dato dell’altra sera: l’Apu (44 volte al tiro da 3 con il 43% di realizzazione) ha proposto otto suoi uomini a realizzare almeno una tripla, mentre la S.Bernardo (che pure ha avuto un incoraggiante 37% anche se con 19 conclusioni) ne ha avuti solo tre. L’incisività di alcuni degli esterni non può limitarsi a 4 punti realizzati in totale in 38’ di utilizzo come quella fatta riscontare dall’abbinata Riismaa-Piccoli. D’accordo che sarebbero i signori della difesa, ma Cantù non si può permettere di avere così poco da loro. Perché poi Moraschini deve prendersi responsabilità aggiuntive a quelle che già non si fa mancare e perché McGee non può risolvere tutto da solo poiché poi arriva “impiccato” nei finali in volata.

La confidenza

Con o senza De Nicolao, servirebbe l’aggiunta di un piccolo con punti nelle mani - consapevoli di scoprire l’acqua calda - ma le dinamiche del mercato restano oscure per cui non approfondiamo oltre l’argomento. L’analisi dei due confronti diretti racconta che Udine non solo ha vinto in entrambe le occasioni, ma ha pure condotto a lungo in entrambi i match. Proponendo l’acclarata leadership di Hickey, ma facendo ergere a protagonisti altri suoi compagni in modi e momenti diversi. Perché sono in molti ad aver confidenza e dimestichezza con il canestro e spesso in campo ci vanno cinque tiratori e risulta complicato porvi un argine.

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