Carrea: «Porto il mio mattone. Spero contribuisca a costruire la serie A»

Intervista con il viceallenatore della S.Bernardo Cantù. «Io e Brienza in una piazza in cui fare pallacanestro ha un valore diverso»

Un passo indietro in panchina, ma non troppo. Perché se l’assistente ha già allenato in A a Pistoia e ha una corposa esperienza – nonostante la giovane età, 42 anni – a Biella e Treviglio, allora forse è più un vice al fianco del capo.

Michele Carrea arriva a Cantù e affiancherà Nicola Brienza in panchina, assieme al confermato Mattia Costacurta. Prima esperienza in Brianza – a Desio c’è stato solo da avversario – per il tecnico milanese, reduce da una finale playoff di serie B con la sua Rucker Sanvendemiano persa contro la De Fes Avellino. Ora è in vacanza, ma è pronto per questa nuova sfida canturina.

Dopo tanti anni come primo allenatore, a Cantù arriva come assistente. Cosa l’ha spinta?

Si giustifica solo per pochi motivi. Uno, se del capoallenatore si ha una grande stima e se capisci che lo puoi aiutare e viceversa. Mi pare che Nicola corrisponda in pieno a questo profilo, considerati i risultati che ha ottenuto.

Che cosa può dirci del coach?

Ho capito subito che è una persona con cui sarà bello, anzi è già bello, collaborare. Insieme, saremo in una piazza in cui fare pallacanestro ha un valore diverso. Sappiamo quante emozioni dà questo mestiere che ti prende soprattutto se sai portare e ricevere emozioni. E Cantù è un posto dove questo si può verificare.

Si è già fatta sentire l’opinione di Carrea in questa fase di mercato?

Sì, a supporto di quella di Brienza e Santoro. Se nella valutazione dei profili, Nicola ha la volontà e l’esigenza di sentire un altro punto di vista, non mi tiro indietro. Del resto, il percorso di conoscenza passa anche da questo, anche nel riflettere di basket insieme e condividere un modello.

«Cantù sarà sporca, brutta e cattiva»: si riconosce in questa frase di Brienza?

Certamente servirà fin da subito dare un’identità tecnica ed emotiva alla squadra. Avere chiara la parte emotiva è già importante: ci sono tante squadre forti come Cantù, che corrono però il rischio di guardarsi allo specchio. Sono d’accordo con Nic: non basta la qualità, servono un approccio al lavoro umile e giocatori forti ma anche disposti a fare quel che serve per vincere. Il talento decide quando la palla entra o esce dal ferro, ma sulla cattiveria su uno scivolamento difensivo, a rimbalzo o su una palla vagante, il coach vuole che i giocatori siano sempre massimali. Credo che avere chiaro questo e come produrlo sia uno dei punti di forza di Nicola.

Come Cantù lo scorso anno, anche la sua Vendemiano ha perso la finale promozione. Questo dà ancora più carica?

Nella vita di uno sportivo, vincere dà emozioni non replicabili. Penso che il mio focus ora sia dare a Nicola quello che serve per performare e questo può essere un elemento in cui potrò fare differenza per aiutare la squadra a vincere. Ma ragiono per piccoli passi. Prima vorrei dargli quello di cui può aver bisogno in termini di conforto e suggerimenti. Poi sarà necessario aprire un canale con i giocatori per aiutarli a performare e crescere tecnicamente: chi cresce nell’anno, ha più chance di essere ad aprile ancora più forte. Spero che questo mattone servirà per fare la casa che vogliamo tutti, ossia la serie A. Ma i passaggi saranno tanti, ci saranno momenti di sole e di pioggia, sperando di essere pronti al momento decisivo.

Cantù ci è andata vicino in due occasioni…

La A2 negli ultimi anni è cambiata tanto. C’è stata una riduzione pesante dell’organico, c’è una distribuzione più omogenea del talento, in generale si è alzato il livello. Io non posso giudicare il percorso di Cantù nel triennio. Non ha vinto, ma c’è andata vicina. Poi tra una vittoria e una sconfitta ci sono anche situazioni favorevoli o sfavorevoli, oltre al merito e al demerito. Ora Cantù ha grande coach, un roster di prima fascia per vincere. Il nuovo corso è legato non alle delusioni ma alla volontà di provarci con grande convinzione e con la consapevolezza di aver cercato il meglio che il mercato proponeva.

Le piace la nuova formula del campionato?

Credo che ci sia resi conto dell’errore fatto anni fa, quando fu tolto il professionismo dalla A2 e aumentando il numero delle squadre. Ben venga questo ritorno al passato.

Cantù da avversario: ha qualche ricordo?

L’ho sempre seguita da rivale oltre che da addetto ai lavori. Quando allenavo Treviglio, ricordo un contesto in cui si veniva volentieri. Sì, anche da avversario perché si respira il legame della gente con il campo e la squadra.

Fu lei, del resto, a impartire la prima “lezione” di A2 a Cantù appena retrocessa...

Già, la famosa vittoria di 18 punti a Desio all’esordio in Supercoppa. Tra l’altro iniziammo bene e finimmo in finale, perdendo proprio contro Pistoia allenata da Brienza. Ma il mio ricordo è anche ai tempi della A, contro Pancotto: noi di Pistoia non venimmo per via della sospensione per il Covid. Ma non ci vuole addetto ai lavori per capire che a Desio, quel pubblico supercaloroso e competente riesca a dare tanta motivazione in più rispetto alla maggior parte dei contesti italiani. Ora quel pubblico l’avremo alle nostre spalle e ci aiuterà.

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