
( foto Walter Gorini)
Rimini prima del match aveva 6 punti di vantaggio ed era in cima alla classifica
“Rimi… Sì. Impresona Cantù: è magia”. Così titolava “La Provincia” dopo il successo (80-76) di Cantù a Rimini lo scorso 15 dicembre. Fu una domenica speciale per lo sport comasco, con la vittoria della S.Bernardo al PalaFlaminio e con quella del Como contro la Roma, con il primo gol in serie A di Alessandro Gabrielloni.
Un amarcord, a distanza di nemmeno tre mesi, assolutamente necessario per fotografare stati d’animo ormai molto differenti. Con un particolare in comune, però. Ossia una Cantù, oggi come allora, all’inseguimento di Rimini. Allora - era la sedicesima giornata - Cantù si preparava alla trasferta riminese dopo aver battuto in serie Urania Milano e Juvi Cremona, due sfide vinte con autorità dopo il tonfo a Pesaro.
Rimini era invece la squadra da battere, assoluta rivelazione del campionato, capolista con un record di 14-2. Fin lì aveva perso solo una volta, in casa con Cividale, mentre Cantù aveva già perso qattro partite. Quindi, Cantù era già all’inseguimento: 28 punti per Rimini, 22 per Cantù alla vigilia, con l’idea nella testa della S.Bernardo di vincere per avvicinare la capolista e rilanciarsi in un campionato con qualche inciampo.
Ed effettivamente andò così, almeno per la prima del ragionamento. Cantù disputò una partita sontuosa, con 24 punti di Basile, 11 di McGee da poco recuperato dal primo infortunio e un Hogue appena arrivato ma già ben inserito nei meccanismi. Rimini inciampò per la seconda volta in casa, con un Johnson sofferente a un polpaccio, tradita dalla sua arma migliore, quel tiro da 3 punti che, contro Cantù, precipitò dal consueto 44 al 24%. Per Rimini, fu l’inizio di una minicrisi, dal momento che nelle successive due sfide riportò altrettante sconfitte, contro Verona e Rieti.
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