«I miei tre giorni al fianco di Cantù. Che bel gruppo»

Biella: «A Udine ho apprezzato le qualità di squadra e staff, ma quanta tensione»

Un tentativo andava fatto. Ma lui, Antonio Biella - sponsor con Acqua S. Bernardo, consigliere d’amministrazione e tifosissimo di Pallacanestro Cantù - è troppo sgamato per cascarci. E, con una finta degna del miglior Anthony Hickey, ci manda a destra mentre va a canestro dall’altra parte. «È il momento di parlare della squadra. Del coach e di Hickey appunto. Godiamoci la situazione. Per gli annunci c’è sempre tempo».

Niente di niente, quindi, sul futuro a braccetto tra Pallacanestro Cantù e Acqua S. Bernardo?

Non so neanche se sono state messe le firme o no. Non mi ricordo. Di certo il contratto è chiuso, ma non chiedetemi i dettagli.

Piuttosto che niente, meglio piuttosto. Specie se è un piuttosto così corposo.

Sono stato molto felice di aver vissuto tre giorni a contatto con il gruppo squadra, a Udine. Non capita tutti i giorni, per lo meno a meno, di essere così dentro le dinamiche. Parliamo di questo.

Era in compagnia, tra l’altro, del presidente Roberto Allievi...

Lui è abituato, lui segue gli allenamenti, fiuta l’aria, sa come muoversi. Questa è una piazza difficile, l’abbiamo visto anche dopo gara tre, quando sembrava che il mondo ci fosse già crollato addosso.

In che senso?

Nel senso che, nemmeno all’improvviso, sono ricomparsi gli hater e i critici. Vanno comunque ringraziati, perché non escludo che siano anche coloro che acquistano gli abbonamenti, i biglietti e i prodotti del marketing, essendo a loro modo anche un forma di sponsor.

Atteggiamento che le o vi dà fastidio?

Abbiamo imparato a conviverci. Di certo è stato bello smentire tutti con gara quattro vinta.

Eccoci, allora: quale differenza tra il Biella in piedi e a mani alzate di gara due a Desio e quello impassibile del supplementare al “Carnera”?

Prima di tutto l’agitazione. A Udine ho sofferto tanto, ho finito madido di sudore. Come se avessi giocato anch’io. Chiaro che in casa mi senta a più agio e che i tifosi mi facciano da traino. Stavolta non c’erano, e qualche volta mi sono alzato pure io, ovviamente dopo nostri canestri.

Come ci è arrivato alla partita che ha poi risolto la serie portando Cantù in finale?

Sereno. Davvero. Avevo visto bene la squadra in gara tre, malgrado i tanti errori e la sconfitta. D’altronde abbiamo pagato lo stato influenzale di Bucarelli e la giornata no di Hickey. Ma ci sono stati sprazzi nei quali abbiamo lottato.

E nei playoff ci sta anche perdere...

Tanto più contro una squadra che aveva avuto un moto d’orgoglio, che ha grandi giocatori ed è ottimamente allenata.

A proposito di guida tecnica, lei è uno di quelli che non ha mai fatto mancare l’appoggio a Cagnardi.

E continuo. L’abbiamo visto in questi playoff: tra Cividale e Udine c’è stato un fil rouge a tenere il tutto unito. Con una squadra ben preparata e un allenatore che ogni volta ha voluto provare qualcosa di nuovo.

Pur tra mille traversie.

Vero. Nei prevedibili alti e bassi è ovvio che s’incappi anche in errori. Si corre, si attacca e si sbaglia, ma è naturale sia così, sennò saremmo già in A e non dovremmo ancora conquistarla. Fa parte del gioco. L’importante è...

Cosa?

Che si continui a lottare con questa intensità e che si preparino le partite sempre al meglio come è stato fatto. Poi, non dimentichiamolo, ci sono anche gli avversari e se sono in un quarto o in una semifinale non si tratta di sprovveduti.

Cosa le è piaciuto dei tre giorni in Friuli?

La squadra, intesa nell’accezione più ampia del termine, e cioè giocatori, tecnico, staff e dirigenti. Nel mio ideale di sponsor, consigliere del cda e tifoso, questo concetto arriva prima delle vittorie.

Quindi cosa ha visto?

Un gruppo. Che lotta, si aiuta e si diverte, ridendoci anche sopra. Che mette davanti il concetto di squadra a quello di singolo.

Potrebbe bastare al “dottor Biella” non si trattasse di Cantù, della piazza e della storia...

Vero. Siamo ambiziosi, ci siamo posti un traguardo e stiamo facendo di tutto per raggiungerlo. Però mi fa molto piacere registrare questo clima.

Da aggregato per un lungo weekend è stato ben accettato?

Ho fatto tutto con la squadra, su e giù dal pullman per allenamenti e altro. Mi sono tenuto gli spazi giusto per uscire un po’ in bicicletta. Mi sono proposto, ovviamente, a livello inferiore rispetto alla carica umana e alla conoscenza del presidente. Mi sono limitato a parlare del più e del meno con Cagnardi e alcuni giocatori, a chiedere a Bucarelli come stesse e a vedere come si prepara uno come Hickey.

Le conclusioni?

Tutta gente che già mi piaceva e che adesso mi piace ancor di più. Vorrei sempre vedere queste facce.

Anche in ottica della finale?

Soprattutto.

Che sfida sarà contro Trieste?

Da dentro o fuori, come sempre. Il loro quinto posto è solo di facciata, visti anche i grandi cambiamenti prima dei playoff. Un po’ come capitava a noi e come abbiamo scelto di non fare questa volta. Loro sono certamente una squadra solida, una piazza storica e con la voglia di tornare subito in A, dove erano l’anno scorso.

Cosa la spaventa di più?

Il fatto di non poter esserci, nel caso, in un’eventuale gara quattro là. Perché impegni di lavoro me lo impediscono, ma sto facendo di tutto per far coincidere voli e luoghi.

A proposito di luoghi, abbiamo visto S. Bernardo sui banner di Udine...

Il collegamento è con un nostro grande cliente come Old Wild West, anche loro sponsor. Ci è stata prospettata l’occasione e, siccome siamo vicini allo sport, l’abbiamo colta. Niente a che vedere con l’impegno per Cantù, siamo solo acqua ufficiale.

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