Il nuovo Moraschini: «Mi sento un leader»

Il giocatore rinato: «Io sono venuto in Brianza anche per prendermi certe responsabilità. I fischi dei tifosi avversari? O non sono simpatico o mi temono...»

Il 9 è esploso e non ha intenzione di fermarsi. Riccardo Moraschini, in questa sua seconda stagione a Cantù, sta facendo vedere chi è… Moraschini. La tripla a Forlì, a 1’04” dall’ultima sirena, che ha regalato il +6 della sicurezza a Cantù, è un concentrato di classe, lucida follia e assunzione di responsabilità. È così? «Ragazzi, anche questo fa parte del mio ruolo», dice l’ex azzurro.

Leader

Ripresosi dall’infortunio al ginocchio che l’ha messo ko ai playoff, Moraschini incarna il giocatore-leader: «Io sono venuto a Cantù anche per prendermi certe responsabilità e sento di poterlo fare per la mia esperienza. Nei finali, penso e spero di poter dare una mano. Anche a Vigevano ho segnato 5 punti di fila, tra cui la bomba del +1. Poi, purtroppo è finita male». Anche a Forlì, come a Livorno (quando ricevette un “coppino” da un supporter locale), Moraschini è stato bersagliato dal pubblico: «Era un momento particolare, ho esultato ma senza mancare di rispetto: ci sta che il pubblico si scaldi un po’. Ma ho visto di peggio, sia chiaro. Che dire? O non sono simpatico o mi temono...».

Un ruolo e una leadership che Riccardo condivide volentieri con l’amico e capitano Filippo Baldi Rossi: «Entrambi abbiamo giocato partite importanti nella nostra carriera. Quando ci sono queste partite punto a punto, nel finale abbiamo la personalità e carisma, e anche un po’ di coraggio, nel credere di poter fare canestro». Una qualità che quest’anno serve, considerato che sono ormai tante le partite che Cantù ha vinto (o perso) al fotofinish: «Un’A2 così qualificata non si vedeva da un po’ di anni, la qualità si è alzata tanto. Le squadre forti e che puntano a grandi traguardi, in trasferta, devono lottare molto più di quanto si pensi, perché ci sono tanti avversari ben attrezzati e ben costruiti». Così come sembra esserlo Cantù: «La squadra – spiega Moraschini - è stata costruita in maniera diversa rispetto all’anno scorso. È più lunga, tanti giocatori hanno fatto esperienza a livelli più alti. Gli esempi sono Riismaa e Piccoli: entrambi hanno già fatto la A o vinto la A2, pur essendo giovani. Sanno cosa vuol dire vincere e giocare in una squadra che vuole vincere, con ampie rotazioni».

Minuti

Anche se questo significa minutaggi magari limitati: «Se qualcuno sta in campo 30’, ma la squadra non vince, allora serve a poco. Se tutti sanno fare e fanno ciò che è richiesto per il tempo in cui sono chiamati in causa, si possono anche superare eventuali i limiti». E Basile? «Ha una voglia di mettersi a disposizione che colpisce, farà tanta strada. Merita di essere in Nazionale, per quello che sta facendo e per il potenziale che ha. Un italiano lungo con le sue caratteristiche è merce rara e di giovani forti ne escono sempre meno».

Intanto Cantù vince, ma vincono anche le altre: «È presto per commentare la classifica, che ora è un po’ “congelata”. In realtà, le prime hanno perso davvero poco. Ora arriva un calendario intenso, può succedere di tutto. Penso sempre che guardare noi stessi sia la prima cosa, poi in primavera ne riparliamo per il rush finale. E aggiungo un “particolare”: noi non siamo mai stati al completo e a Pesaro ritroveremo McGee: c’è del potenziale per crescere».

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