
( foto Gorini)
Intervista con l’ala dell’Acqua S.Bernardo Cantù
Da Bologna, due passi da casa e che bello vincere anche tra la sua gente, a Brindisi, che casa sportivamente è stata, e che casa. Le emozioni, per Riccardo Moraschini, non finiscono mai d’inseguirsi in questo periodo.
Domenica scorsa ha alzato la prima Coppa Italia della storia di Cantù, la prossima proverà a ridire al campionato che Cantù adesso c’è.
Noooooo, invecchiando no. Davvero, non ditemelo.
Sono cose diverse. Quella volta, a Desio, è stata una sorta di liberazione, dopo un momento difficile e complicato. Anche per via del contesto che s’era creato fuori la squadra: brusii, lamentele, fischi e insulti.
Tengo tanto al fatto di voler portare in A Cantù. Un impegno che mi sono preso, votandomi alla causa, due anni fa quando arrivai a dicembre. E per me vale tanto. Ecco perché quelle lacrime. Liberatorie. Avevamo bisogno della vittoria, in quel momento.
Emozione differente. Più che altro frutto della voglia che avevamo e abbiamo dentro di generare entusiasmo. Per noi stessi e per l’ambiente. E nell’ottica di quello che è il nostro obiettivo vero della stagione. Detto questo, quando c’è in palio qualcosa, io vado sempre per vincere.
Deve necessariamente dare grande fiducia ed entusiasmo. La fiducia l’abbiamo sempre avuta, pure nei momenti più difficili. Ora ci serve cavalcare l’entusiasmo dato dal fatto che abbiamo capito come affrontare determinate partite. Che sono quelle che ci ritroveremo nei playoff.
Ci siamo ulteriormente compattati. Forti di sapere che il nostro obiettivo è vincere. Alla fine, come sempre, contano i fatti. Abbiamo usato quello che è il nostro talento offensivo, unito a una straordinaria fisicità dietro. Tenere Cividale a mano di 60 punti, credetemi, non è cosa di poco conto. E, siccome in attacco, di talento ce ne abbiamo, teniamoci, per questa volta e per il futuro, un approccio alla gara che poi è cresciuto con il passare dei minuti.
Il primo è stato Filippo, e non poteva essere altrimenti. È un carissimo amico e gli voglio un bene dell’anima. In più aveva giocato una finale pazzesca, con un parziale di 17 a qualcosa, a un certo punto, tutto mio e suo. Ne aveva bisogno, so quanto ci tiene. Abbiamo ricevuto tante critiche, troppe. Ho in mente quel che prova, aveva bisogno di una prestazione del genere.
È stato naturale andare a cercarli tutti, uno a uno. Valentini, che aveva giocato una semifinale pazzesca e che ora si trascinava dal dolore. Possamai che, in semifinale e in finale, ogni volta che era stato chiamato in causa aveva dato un grande contributo, dimostrando di essere un cambio importante.
Siamo un bel gruppo. Gente che ha voglia di lottare insieme, uniti. La festa di fine partita l’ha dimostrato.
Direi proprio di sì. Sappiamo tutti dove vogliamo arrivare e quello che c’è da fare per andare a prenderselo.
Diciamo che in là con l’età ormai faccio di tutto...
No, dai. Sto bene. Il ruolo di play, indubbiamente, è quello che mi diverte di più. Mi piace, senza dubbio, avere in mano la palla per me e per la squadra. Sfruttando le mie caratteristiche insieme a quelli dei miei compagni, a partire dai piccoli che si adeguano. Di certo, con me in regia, il quintetto è molto fisico e con un alto livello di presenza. Sono contento di questo momento e di questa vittoria, così come di quello che ho potuto dare io e di ciò che hanno fatto i compagni.
Se vi riferite ai tiri presi, chiaro che la qualità cambi a seconda di quel che fai. Se sono cinque di fila da cinque metri con nessuno davanti e sbagli sempre è una cosa, se arrivano sulla sirena dei 24 e ben marcato è un’altra. Io penso che, alla fine, qualcuno le responsabilità debba prendersele. Io sono venuto qui per quello, ecco perché non mi tiro certo indietro. E poi mica è sempre andato così male...
C’è stato un momento in cui ho fatto un parziale di 11 punti in 4/5 minuti e siamo rimasti lì. Ripeto, le responsabilità c’è bisogno che qualcuno se le prenda. Normale che io abbia gli occhi puntati addosso. Fa parte del gioco. Ma vi dico anche che mi dà carica la fiducia che mi sento da parte di coach e compagni.
Grande emozione. Non ci sono tornato tante volte, per me sempre un grandissimo ricordo. Bellissima sensazione, i tifosi mi vogliono bene, lo so e lo sento. Gente passionale, che mi scrive sempre. Anche adesso. Un anno straordinario.
Vero. Il tipo di gioco che stiamo facendo con Brienza è quello che mi avvicina di più all’anno in Puglia. Ma per certi versi anche a quello di Milano, diverso forse in termini di utilizzo, ma analogo in quelli di produzione. Sì. diciamo tranquillamente che mi sto riavvicinando a quel giocatore lì. Non mi dispiace certo.
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