Nicola Brienza, l’allenatore del momento: «Tutto iniziò contro Cantù»

Intervista Semplicemente resto realista, anche se vincere aiuta a vincere e a presentarsi il martedì in palestra con uno spirito sempre più rinfrancato

In Serie A è l’allenatore del momento. Quello che va per la maggiore. Nicola Brienza è l’underdog che si sta facendo largo a colpi di sorprese. Vale a dire di vittorie. Sei nelle ultime sette partite. E la “sua” Estra Pistoia, neopromossa, vanta in classifica gli stessi punti dell’Olimpia Milano, che peraltro ha già battuto, e per di più al Forum. Allo stato è settima del lotto e dunque, guardando in prospettiva, all’interno del recinto playoff. Volgendo invece lo sguardo più a corto raggio, ecco la concreta possibilità di un piazzamento tra le otto al termine del girone d’andata che assicurerebbe il viaggio premio alle F8 di Coppa Italia.

Coach, si sta dando dei pizzicotti?

Di più: mi do delle autentiche martellate in testa per verificare se sia ancora attaccata. Stiamo facendo qualcosa che va abbondantemente oltre le aspettative e a quelle che erano le premesse iniziali. Ovvio ci sia molto fermento. Quanto alla contentezza, nemmeno da dire, anche se non abbiamo fatto ancora nulla.

Che fa, minimizza?

Semplicemente resto realista, anche se vincere aiuta a vincere e a presentarsi il martedì in palestra con uno spirito sempre più rinfrancato. E si lavora meglio. Gli ultimi martedì, in effetti, sono sempre stati con il sorriso...

Il successo più prestigioso è probabilmente quello colto a Milano, ma qual è la vittoria che la rende più orgoglioso. Quella che sente più sua?

Da allenatore, quella che abbiamo preparato meglio riuscendo poi a mettere in pratica tutte le indicazioni è stata l’affermazione strappata contro Venezia.

Viaggiate a mille, nonostante gli intoppi legati agli infortuni.

In effetti, queste sfighe non ci lasciano in pace. E per come siamo messi noi, principali candidati alla retrocessione a detta della maggioranza degli addetti ai lavori, ogni nostro successo è una conquista. Una piccola impresa. Ed è un’emozione, con grande trasporto umano.

L’ultima affermazione, in ordine cronologico, l’avete colta sabato contro Tortona in trasferta a Casale Monferrato. Nello stesso palazzetto in cui il giugno scorso eliminaste clamorosamente Cantù in gara-5 di semifinale per la promozione in A.

Vero, ma non c’erano affinità tra quella partita e questa quanto a valenza. Perché la prima metteva in palio la possibilità di andarsi a giocare la promozione, mentre la seconda rientrava all’interno di un percorso. Emozioni e tensioni completamente diverse.

È corretto dire che quella famosa gara-5 abbia costituito per voi il carburante per viaggiare spediti verso la Serie A? Come se la vera finale fosse quella lì con Cantù e non quella che avreste poi giocato contro Torino.

Con tutto il rispetto per Torino, la sensazione è che chi avesse avuto la meglio tra noi e Cantù sarebbe poi salito: noi per l’energia e per il trasporto che la spinta di quel successo ci avrebbe consegnato, Cantù per una questione più tecnica perché aveva tante armi da contrapporre a Torino.

Quali differenze tra l’A2 di alto livello della scorsa stagione e la A in cui si ritrova ora?

È tutto un altro sport. L’A2 è un campionato in cui, alla luce dei tanti italiani, il ruolo della squadra e dell’allenatore è messo maggiormente in rilievo. Hai più tempo per relazionarti con la squadra, per costruire un gruppo e per darti un’identità che al piano superiore ti sogni. In A, invece, con tanti americani e con le possibilità che il mercato ti dà di cambiare continuamente non è semplice costruire quel tipo di gruppo applicando precise linee guida. Di contro, il livello tecnico e fisico cresce a dismisura.

Faccia le carte al campionato.

Milano e Bologna per lo scudetto, subito sotto squadre dal roster importante quali Brescia, Venezia, la stessa Tortona che pure ora è un po’ dietro e direi anche Sassari che certo risalirà. Non aver ancora trovato la quadra al momento ci può stare, ma la qualità della rosa è altissima.

E le concorrenti per la salvezza?

Senza ipocrisia: giustamente ci davano tutti come ultimi del ranking e dunque prima squadra retrocessa. Per cui dovremo lottare contro chiunque per provare a salvare la categoria.

Meno democristiano, dai.

Fino a un paio di settimane fa rivali come Brindisi e Treviso sembravano alle corde, mentre oggi stanno risalendo. Tre settimane fa Varese appariva claudicante e ora zoppica di più. Siamo però solo a un terzo della stagione. Troppo presto per capire quali rivali saranno coinvolte. Quanto a noi, dovremo cercare di giungere il prima possibile a 11-12 vittorie, ammesso basteranno, ma è la quota oltre la quale puoi poi iniziare a guardarti in giro per vedere che sta succedendo attorno.

Intanto, negli ultimi giorni, causa infortunio di Varnado, ha riabbracciato quel Gerry Blakes che già aveva avuto in Brianza nel 2018-19. Come l’ha ritrovato?

Ai tempi era di fatto un rookie, provenendo tra l’altro da un campionato non di grido quale quello svedese, mentre ora è molto più maturo e riflessivo. Insomma, è migliorato come giocatore e come uomo. A Cantù aveva quell’esuberanza talvolta eccessiva del giocatore che vuol farsi vedere per dire “ci sono”. Ora invece non deve dimostrare più nulla.

A proposito di ex canturini, Fabio Corbani è stato esonerato a Brindisi.

Quando un collega perde il lavoro è ovvio che dispiaccia sotto l’aspetto personale e professionale, anche se non sono in grado di entrare nel merito e nelle dinamiche di questa specifica situazione. Rimangono la qualità del club Brindisi e quella del professionista Corbani anche se per entrambi l’avventura non è andata come speravano.

E Sacripanti costretto a gettare la spugna a Scafati per motivi di salute?

Questo è un grande dispiacere umano e professionale nei confronti di un amico vero nonché di un maestro. Stava facendo benissimo e senza di lui Scafati perde tantissimo perché c’era davvero tanto di Pino nell’anima di quella squadra. È stato costretto a fare un passo indietro, ma avrà presto le possibilità di farne due in avanti quando sarà al top fisicamente. Diciamo che è un pit-stop per “aggiustarsi”.

Quanto a Simone Giofrè a Treviso?

Lì hanno fatto significativi investimenti, il gruppo ha potenziale, non sono partiti bene, ma è stato sufficiente cambiare un paio di giocatori per ritrovare il bandolo della matassa e ottenere due vittorie consecutive. Treviso è una realtà eccellente e la qualità di un ds come Simone è quella dimostrata in tutti questi anni. Ma ripartendo da zero non è semplice trovare al volo gli incastri giusti. Accertate le criticità, ecco che hanno comunque posto rimedio.

E ci sarebbe pure Awudu Abass...

Un grande. L’ho portato a Cantù che era un ramoscello d’ulivo e oggi è un armadio a sette ante. Lo vedo sempre come un bimbo, mentre è un uomo fatto e finito. Far parte del roster di una squadra di così alto lignaggio come la Virtus Bologna è sintomatico della forza del giocatore. Quando uno è lì è perché è a un livello talmente alto che puoi fargli solo i complimenti. E applaudirlo.

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