Pallacanestro Cantù / Cantù - Mariano
Lunedì 27 Gennaio 2025
«Non ho visto Cantù da combattimento. Tante facce spente»
Anna Cremascoli, ex patron della società brianzola: «Era dalla fine del 2015 che non la seguivo più dal vivo. Che emozione»
«Era dalla fine del 2015, vale a dire da quando ho lasciato la presidenza del club che non assistevo più dal vivo a una partita della Pallacanestro Cantù. Vero, alla televisione ne ho viste tante nel frattempo di sue gare perché in fondo resto una sua tifosa, ma “in presenza” non era più accaduto da allora. Devo confessare che si è trattato di un tuffo al cuore».
Anna Cremascoli - proprietaria della società cestistica brianzola nell’ultima epoca d’oro della stessa - l’altra sera ha scelto di esserci al Palalido (seduta in prima fila settore A20) per non perdersi Urania-Acqua S.Bernardo. Ovvero il club presieduto da suo cugino Ettore («al quale sono legatissima e molto affezionata») contro quello che invece è stato suo («stagioni indimenticabili delle quali conservo un piacevolissimo ricordo»).
Che effetto le ha fatto ritrovare Cantù “live”?
Un turbinio di emozioni. A un certo punto ho avuto la sensazione di stare assistendo alla mia prima partita da presidente nell’ottobre 2008. Era un Cantù-Siena... L’altra sera a Milano alla mia sinistra c’era la curva con centinaia di Eagles e mi è parso di tornare al Pianella.
Eagles che le hanno dedicato un coro prima del match.
Sinceramente, non me l’aspettavo. È stata una gran bella sorpresa che, ovviamente, mi ha fatto enorme piacere. Detto che il Palalido era praticamente a trazione canturina anche per via dei tanti tifosi brianzoli sparsi nei vari settori, ammetto che sono rimasta incantata dalla curva degli Eagles, al punto che a volte facevo fatica a seguire la partita perché guardavo loro… Forse per nostalgia di quegli anni trascorsi insieme che non ci sono più.
Le hanno reso omaggio anche altri, vero?
Sì, persone che erano nel mio staff e che tuttora sono lì. Sono venute a salutarmi e ho colto lo stupore, oltre che la gioia, nei loro occhi nel vedermi lì presente. E devo confessare che il sentimento d’affetto è stato reciproco. Fa ancora tanto piacere rendersi conto di non essere stata dimenticata.
Da dimenticare, invece, ci sarebbero la prestazione e la sconfitta della S.Bernardo...
Non mi addentro in rilievi tecnico-tattici che non mi appartengono, ma non mi sottraggo alla provocazione.
Bene, dica, allora.
Mi aspettavo di tutto, meno di imbattermi in una Cantù del genere.
Espliciti il concetto.
Dopo l’inattesa battuta d’arresto casalinga con Rieti, pensavo di trovare una squadra dall’atteggiamento completamente diverso.
In che senso?
Supponevo di vederla lottare a fondo, di notarla decisamente molto più combattiva. E poi...
Che?
Poco tempo fa nella gara d’andata, non c’era stata praticamente partita, con Cantù che non solo avevo vinto di trenta, ma che mai aveva dato l’impressione di essere in difficoltà. Una trasformazione così repentina non so francamente spiegarmela. Vero che mancava qualcuno, ma il roster è talmente lungo che penso possa essere in grado di sopperire alle assenze. E poi l’Urania non attraversava certo un bel momento, soprattutto all’indomani del crollo accusato nel turno precedente a Pesaro.
Eppure, pur giocando male, la S.Bernardo era avanti di 5 al termine del primo tempo.
Quei primi venti minuti in effetti non sono stati uno spot per la pallacanestro, con tanti errori al tiro e tutta una serie di palle perse e azioni rivedibili. L’idea però che mi stavo facendo è che nella ripresa la profondità dell’organico biancoblù avrebbe finito per scavare una differenza più profonda.
Al contrario, come troppo spesso sta accadendo in stagione, il terzo quarto dei canturini è stato da censura.
Sono rimasta sbigottita, anche se al rientro dagli spogliatoi dopo l’intervallo lungo ho visto volti spenti, quando invece mi sarei attesa di incrociare sguardi di giocatori con il sacro fuoco negli occhi. Ciò detto, Milano ha giocato un terzo quarto da stato di grazia e questo ha favorito il suo allungo. Lo smarrimento di Cantù mi ha fatto un certo effetto perché io era abituata a un’altra Cantù. In genere, infatti, nella ripresa aggiustavamo ciò che magari non era andato nel primo tempo e riuscivamo a rilanciarci.
Con lei proprietaria, Nicola Brienza faceva già parte dello staff tecnico e dunque lo conosce bene. Come le è parso ora in panchina?
Il suo impatto sui giocatori mi è sembrato meno forte di come credevo. Sarà perché sono stata abituata ad avere allenatori che urlavano, riprendevano, sgridavano e dunque ho una visione di parte, ma questa “carica” stavolta non l’ho vista. Dopodiché non so dire se l’urlo di per se stesso possa essere ritenuto un termine di paragone positivo o negativo. La mia resta una semplice constatazione.
Cambiamo sponda: che le ha confessato suo cugino a fine gara?
Che era felice, sorprendentemente e doppiamente felice. Perché certo non si aspettava di vincere la partita e perché aveva potuto contare su un buon incasso... Insomma, più che felice, era davvero raggiante.
Torniamo di qua: qualcuno dell’attuale dirigenza della Pallacanestro Cantù le si è avvicinato?
Sì, Antonio Munafò (presidente di Cantù Arena nonché membro del cda di Pallacanestro Cantù, ndr) che peraltro è un amico.
Che auspicio si sente di rivolgere a lui e quindi indirettamente al club brianzolo?
Mi auguro per la prossima stagione di non dover più recarmi al Palalido per assistere alla partita tra queste due squadre, ma di raggiungere il Forum di Assago per vedere il derby vero, quello con l’Olimpia Milano. In fondo, Bruno Arrigoni, mi ha rassicurata.
Cioè?
Ho avuto modo di scambiare qualche idea con lui all’intervallo e si è detto convinto che quest’anno sarà per Cantù la volta buona per salire. E io di Bruno mi sono sembra fidata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA