«Ora Cantù è seria e molto più pronta. Io sono fiducioso»

Il vice presidente Sgnaolin: «Siamo diventati azienda e la società è già da serie A. Tocca alla squadra»

L’abilità e la capacità di essere concreti. Sempre. Walter Sgnaolin, vice presidente di Pallacanestro Cantù, ancora una volta, ci spiazza.

Vai convinto di portare a casa un autorevole parere sulla finale promozione che inizia domani, raggiungi sì lo scopo e ci arrivi dopo un ragionamento quasi filosofale, ma con i piedi ben piantati per terra. Con la visione imprenditoriale e umana che ti portano là, dove volevi arrivare: a quel Cantù-Trieste che non è solo una tappa verso la serie A. Diventa il paradigma di anni di buona gestione.

Sgnaolin, come può una finale playoff trasformarsi in una sorta di bilancio di quanto fatto fin qui?

Ve lo spiego subito.

Prego.

Dopo cinque anni di esperienza in Pallacanestro Cantù mi pare giusto provare a tirare le somme. Entrai e, tra virgolette, mi spaventai. Con i conti non in ordine della gestione Gerasimenko e un gente che, tutto attorno, pare disillusa. Un ambiente non allegro, insomma.

E voi, intesi come la proprietà dei canturini, siete stati abili a metterci un argine.

Abbiamo badato a crescere, soprattutto. Ma compiendo un passo alla volta, in base alle nostre possibilità. Si sono aggiunte persone con professionalità spiccate, non finiremo mai di ringraziare coloro che c’erano e hanno continuato a lavorare e abbiamo sfruttato l’esperienza di chi, da vent’anni e oltre, hanno sempre sputato sangue e passione. Soprattutto passione.

Per arrivare dove?

A essere una società di serie A. Sì, adesso posso dirlo con convinzione. E ne sono orgoglioso. Siamo stati bravi, principalmente, a coinvolgere più gente dell’inizio. Non solo la nostra curva, gli Eagles, ma anche tifosi accomunati dalla stessa loro passione e che si apprestano a riempire il palazzo anche in questa finale.

Ma, ce lo lasci dire, non vi siete allargati solo lì.

Certo, siamo stati bravi a coinvolgere anche nuovi partner, piccoli e grandi sponsor. Adesso c’è la fila per aggiungersi. È cambiata, anche da fuori, la visione di quello che noi siamo dentro. Vi faccio un esempio.

Ci dica...

Per una come me che lavora a Roma, la domanda più ricorrente è: da dove arrivi. Mariano Comense, rispondo io, vicino a Cantù, contando molto sull’effetto pallacanestro. Ebbene, in questi ultimi anni si era persa molto la riconoscibilità della città legata alla sport, adesso mi sembra molto diverso. Il marketing romano ha fatto effetto, dobbiamo farne sempre di più e in tante altre zone fuori dal territorio.

C’è stato qualcosa che le è piaciuto particolarmente di questo periodo.

Detto tutto il bene di una proprietà che sta aprendosi e crescendo in maniera esponenziale, mi è piaciuto un sacco il fatto di avere dato l’immagine di una società più retta. Che non ha avuto bisogno di ricorrere al mercato dell’ultimo minuto, come successo le ultime volte, che non ha cercato il jolly, ma ha dato fiducia ai giocatori scelti. Più testa e meno pancia. Grande cosa.

Come si sente alla vigilia dell’ennesimo appuntamento della vita sportiva?

Felice. E orgoglioso. Orgoglioso di aver contribuito, seppure in minima parte, ad arrivare a questi livelli. Ci tengo a ringraziare tutti, a cominciare dal Comune di Cantù, che ha creduto in noi per quel che riguarda il progetto della nuova arena. Sono loro i nostri primi tifosi, e non occasionali, perché li ho di fianco al palazzetto e li vedo soffrire.

Come ci si sente a far parte di una cosa così grande come la realtà Pallacanestro Cantù in tutto il suo spaccato?

Sono entrato in un gruppo di fedelissimi, sono stato accolto in maniera buona. Poi con il tempo i rapporti sono molto migliorati. In virtù anche della mossa per me vincente di differenziare le aree operative di ognuno. Il merito, lasciatemelo evidenziare, è di una persona soprattutto.

Allora ci dica chi.

Il presidente Roberto Allievi, di cui mi pregio di essere amico e verso il quale nutro un affetto speciale, fatto di stima e ammirazione. Lui è quello che ama di più, soffre di più, financo non ci dorme. Per lui la Pallacanestro Cantù è tutto e io sono molto felice di poter garantirgli il mio piccolo contributo. Un grande plauso a lui e un plauso alla società. Siamo diventati un’azienda e la squadra ne è l’immediata conseguenza. Sono molto fiducioso, anche se qui entra in ballo lo sport e ci sarà sempre uno che vince e uno che perde. Una situazione più difficile da controllare.

Quanto entusiasmo, signor vice presidente...

Motivato, credetemi. Siamo molto più pronti adesso rispetto al passato. Qualche tempo fa questa situazione di coinvolgimento generale si avvertiva molto meno. Adesso si va alle partite più allegri e si vivono le sconfitte in maniera meno traumatica.

Par di capire che abbiate fatto centro.

Me lo auguro. Ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di dare segnali importanti e bei messaggi. Dobbiamo essere un esempio, soprattutto per i giovani di questo territorio, che io continuo a pensare oltre Cantù e la Brianza. Portiamo i nostri ragazzi a fare sport, li toglieremo dalle strade e dal altre distrazioni. Il futuro sono loro, a me piacerebbe tanto poter costruire qualcosa di utile.

Per continuare a farlo, cosa serve?

Una visione. Il territorio ci ha dato? Allora dobbiamo essere pronti a ridare qualcosa indietro. Non pensiamo solo sul breve e all’immediato, andiamo oltre. Prendete l’esempio di Cantù Next e di sognava un’arena che potesse essere patrimonio di una comunità. Hanno lavorato giorno e notte per tantissimo tempo, si sono presi tante porte in faccia, ma non hanno mai mollato. Hanno reagito, credendo in quello che si faceva. Ci sono riusciti, ci siamo riusciti.

E ora siete un esempio, guardando anche a quel che sta accadendo a Como con lo stadio.

Vorrei mandare un messaggio al Como 1907. Facciamo sinergia, servirà a tutti. Il veicolo comune del territorio è il lago di Como, non sprechiamolo.

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