Santoro, il gratta e vinci e un no che sa di romanticismo

Il retroscena dell’offerta di Trapani rifiutata: non solo una questione di cuore

Bisogna aver coraggio anche a dire no. Soprattutto se l’impressione e l’espressione sono quelle di chi - soffiata la polvere - si accorge di avere tra le mani un gratta e vinci molto fortunato e rinuncia a passare all’incasso.

Cambiano le estati, non le abitudini. L’anno scorso fu Baldi Rossi, stavolta Sandro Santoro. Destinatario del no (anche se con sfumature diverse) Valerio Antonini, il nuovo Re Mida della pallacanestro italiana. Il patron di Trapani, allora, diede la caccia al giocatore simbolo di Cantù, arrivando a offrire contratto (a lui) e buyout (alla società) a sei cifre, senza però scalfire la resistenza di FBR e dell’Acqua S. Bernardo.

Stavolta - e, lo ribadiamo, le sfumature sono parecchio differenti - il tentativo è stato fatto con Sandro Santoro. Gli Sharks sono a caccia di un general manager a tempo pieno (l’attuale, Julio Trovato, ha anche altri interessi) e il primo pensiero è stato per colui che, da poco, aveva rinnovato impegno e contratto con la Pallacanestro Cantù.

Antonini ha sondato. Prima di rivolgersi al club biancoblù, come correttamente sempre fatto in passato (a proposito il rapporto con Roberto Allievi è ottimo). E presentato la proposta al manager di Mesagne reggino d’adozione. Contratto pluriennale, cifre importanti (forse anche importantissime) e un progetto di alto livello, già nel primo anno post promozione in A. Pagando, magari, l’uscita dal contratto alla S. Bernardo

Sarebbero vacillati in tanti, per non dire tutti. E probabilmente ha traballato pure Santoro. Che si è preso qualche ora. Ci ha pensato tra sé e sé, poi si è rivolto alla spalla prediletta (e unica consigliera), ovvero la moglie Marina (erano insieme a Reggio Calabria) e ha preso il coraggio a due mani (forse quattro, comprendendo quelle chieste in prestito alla consorte...): «Valerio, lusingato. Anzi, lusingatissimo. Ma non è da me venir meno a un impegno appena preso come quello con Cantù. Quindi ti ringrazio, ma ti dico no». Parola più, parola meno, ecco il concetto.

E l’idea, sempre tra sé e sé, che l’alto dirigente potesse apprezzare un gesto del genere (soprattutto pensando l’avesse fatta anche un suo collaboratore). Così è stato, ed ecco le diverse sfumature con la snervante trattativa per Baldi Rossi. Hanno vinto cuore, testa e pancia. Ma soprattutto ha trionfato l’eleganza di chi ancora crede nelle strette di mano, prima ancora che nei contratti (ci piacerebbe sapere, però, cosa ne pensa -nella sua Desio - l’agente Virginio Bernardi...). Il successo del romanticismo, componente che è sempre meno presente anche nello sport.

Santoro, oltre a sentirsi in debito con Cantù per quello che non è ancora riuscito a dare a Cantù (ovvero la promozione in A), ha risposto alla coscienza. Non se ne sarebbe mai andato in Sicilia da solo (nemmeno partendo dallo Stretto e non dal profondo Nord) per una scelta che è anche di vita: condivisa con Marina e pensando ad Alessandro junior, Nina e Lavinia, ovvero i tre figli.

Papà - che comunque ha condiviso i momenti della trattativa con Allievi e lo stato maggiore di Cantù - ha voluto dare l’esempio: in un periodo di individualismi ed egoismi sfrenati, meglio pensare al “noi” che non all’abusato “io”. E in quel “noi” è dentro tutto: Cantù, la squadra e la famiglia. Ecco perché anche Antonini ha capito. E apprezzato.

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