«Siamo a un passo. Cantù è pronta e aspetto i tifosi»

Paparelli: «Trieste è un’avversaria da temere, ma sappiamo come contrastarla»

«Io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te». Parafrasando Adriano Celentano e mettendo l’auto al posto del treno, ecco la mission di Sergio Paparelli, vice presidente di Pallacanestro Cantù. Uno di quelli che, chilometri su chilometri, non manca mai.

Che effetto fa essere tornati in finale per la serie A?

La finale ha un sapore squisito, anche perché è stata ottenuta fra bassi e alti della squadra, ma sempre con l’impegno e la dedizione massima da parte dei ragazzi. Poi, averla ottenuta contro una società storica come Udine ha un sapore anche migliore. Sapete che durante la fase a orologio i loro ultrà si erano presentati con una frangia di personaggi di Varese venuti a infastidire, farci irritare e far irritare specialmente gli Eagles, oltre poi al loro presidente che ci aveva messo del suo nella prima di playoff. È per questo che il questore ha predisposto controlli più restrittivi così da non far arrivare poi i nostri tifosi a Udine.

A differenza della prima volta Cantù avrà il fattore campo: quanto è importante?

Questo è fondamentale perché a Desio sarà pura battaglia sportiva, dentro e fuori dal campo, con tutti noi insieme a supportare i ragazzi: il fattore campo non è assolutamente da sottovalutare, però facciamo sì che non si commettano errori sugli spalti. Tutti tengano d’occhio tutti.

Quanto ha sofferto a Cividale e Udine?

Molto: Cividale è una società socievole e gioviale con una squadra tosta. Udine una squadra molto fisica, con giocatori d’esperienza sotto canestro e capacità di tiro notevoli. Alla fine delle 8 partite penso di aver perso qualche anno di vita.

Cosa le piace di questa squadra?

Penso che quella di quest’anno sia la formazione tra le migliori delle ultime stagioni, cresciuta fra le difficoltà iniziali, ma che poi ha trovato l’amalgama giusta per proseguire in questo che sarà il finale penso più difficoltoso da approcciare.

Dovremo sempre convivere con gli alti e bassi o c’è possibilità di stare un po’ più tranquilli?

Non si sa mai e incrociamo le dita, anche perché, come ben sapete, in queste otto partite abbiamo avuto diversi giocatori con febbre e placche in gola che hanno voluto giocare lo stesso e comunque anche se sotto antibiotici e quindi debilitati. Abbiamo portato a casa la finale grazie al loro voler esserci sempre e per questo dico che si è creato un gruppo fantastico e di professionisti.

Quanto conta la vicinanza della società come successo anche in questo frangente?

Penso moltissimo. Con me e il presidente Roberto Allievi, c’erano anche Antonio Biella, main sponsor con S Bernardo, Lorenzo Longhi, nuovo amministratore unico di CSH e cito la famiglia Nicolini, vicina a noi. Insieme altri tifosi che sono venuti in trasferta, abbiamo fatto sentire la vicinanza alla squadra. L’abbiamo incitati senza mai fermarci seppur circondati dai tifosi avversari.

Cosa la preoccupa di più di Trieste?

Ciò che hanno dimostrato: da quinti dopo la fase a orologio sono riusciti ad arrivare in finale e questo fa sì che siano una squadra da temere. Ma noi sappiamo bene come fare per contrastarla. Abbiamo voluto come allenatore Devis Cagnardi e questo ha dato i risultati e i frutti per raggiungere il sospirato ultimo atto.

Spiace non giocare di domenica, come da calendario originale, e cominciare il martedì?

Non nego che aver potuto giocare di domenica avrebbe fatto meglio alle casse della biglietteria e, credetemi, ne avremmo tanto bisogno. Ma non dispero e, anzi, mi auguro comunque di vedere il palazzo di Desio stracolmo. Magari anche di gente che fino a qui non è mai venuta. Che vengano non solo i “tecnici” capaci di critiche ma tifosi che tirino la carretta come facciamo sempre noi e che gridino con noi.

Chi si aspetta possa diventare un fattore per la finale?

Sono certo che tutti daranno il 100%. Avete visto di cosa sono capaci, specialmente il capitano Filippo Baldi Rossi, che ad Udine ha saputo prendere in mano la situazione e senza paura, sfoggiando la miglior dote, 2 tiri da 3 andati a segno nel momento cruciale della partita.

E non è da solo...

Anthony Hickey è grande trascinatore e al di sopra di ogni aspettativa insieme all’altro americano Solomon Young. Lorenzo Bucarelli tira la baracca e usa la sua arma migliore nella difesa, come d’altro canto l’altro fanno Stefan Nikolic, l’uomo d’esperienza Christian Burns, che ultimamente sembra tornato un ragazzino. Poi Nicola Berdini, Luca Cesana, Curtis Nwohuocha e l’ultimo arrivato Edoardo Del Cadia, sempre pronti a dare il cambio, oltre al futuro pupillo Gabriele Tarallo. Ho lasciato per ultimo, e non a caso, Riccardo Moraschini: l’abbiamo voluto fortemente tutti anche per il futuro, ha faticato un po’ di tempo per inserirsi nel campionato, ma ora si sta dimostrando un cardine. Quando non va a canestro si sacrifica per la squadra, portando l’esperienza accumulata negli anni. È diventato un forte motivatore per i compagni anche quando si siede in panchina.

A differenza dell’anno scorso, non si è voluto intervenire sul mercato a ridosso dei playoff: scelta azzeccata?

Azzeccatissima e devo dare merito Sandro Santoro e Fabrizio Frates. Sul mercato, tra l’altro, che c’erano giocatori adatti da inserire nel roster.

Cantù s’è rafforzata anche fuori dal campo: sempre più un modello da seguire?

Sfondate un portone: dopo 4 anni di lavoro di Cantù Next, di cui sono presidente, e dopo 5 da quando ci eravamo prefissati di costruire la nuova casa della pallacanestro, siamo partiti finalmente con i lavori per quell’arena che darà linfa non solo a noi del basket, ma anche a tutta la città. Che potrà godere di una struttura futuristica che in tanti hanno preso a esempio. Lavori che termineranno nel 2026 quando poi potremo godere ns squadra “a casa nostra”.

Un pronostico per la finale?

Sono scaramantico e non lo dirò mai. Dirò solo e sempre forza Cantù e forza ragazzi, perché siamo a un passo.

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