Accelerata Como donne: ecco Heather O’Reilly, la star

Intervista Tre volte medaglia d’oro olimpica e campionessa del mondo a Canada 2015 con la nazionale statunitense: avrà in mano il progetto

Seduta al Garden Bar dell’Hotel Palace c’è una ragazza, eterna ragazza, che ha fatto la storia del calcio femminile statunitense. Si chiama Heather Ann O’ Reilly, ha 39 anni, conosciuta nell’ambiente con il nomignolo di HAO (le sue iniziali); tre volte medaglia d’oro olimpica e campionessa del mondo a Canada 2015 con la nazionale statunitense, considerata, secondo la FIFA, una delle migliori giocatrici di calcio femminile di sempre. Per dire. A Heather è stata affidato il ruolo di consulente per una brusca accelerata del calcio donne del Como 1907. Serie A in 4 anni, vittorie, scudetto e chissà cos’altro. Impossibile non vederci una sfida sul territorio alla Como Women della americana Mercury 13. Altro che Sinigaglia in prestito: qui è una lotta di leadership in gonnella. E aver affidato il progetto ad HAO è una mossa forte.Arriva l’artiglieria pesante.

Buongiorno Heather. Felice?

Molto. Felicissima. Una grande occasione e un grande progetto affascinante.

Cosa farà qui?

Un consulente del progetto. Almeno inizialmente. Poi le cose potranno cambiare. All’inizio farò avanti e indietro. Ma c’è la possibilità che a un certo momento io possa stabilirmi qui.

Come è entrata in contatto con il Como?

La storia è curiosa. Mi aveva colpito la notizia che un campione come Cesc Fabregas finisse la carriera al Como. Beh, Como la conoscevo come città, non come squadra. Ci ero stata da turista con mio marito. Sapete Como, George Clooney, famosa come la Costiera Amalfitana, le Cinque Terre... Ma era destino che il Como entrasse nella mia vita.

Come?

Io sono della North Carolina, e partecipavo al Tournement che vedeva in partita anche il Como, un anno fa. C’era Fabregas, ci siamo conosciuti, ci siamo scambiati le rispettive visioni, Mi hanno spiegato del progetto sul calcio femminile, e mi sono detta wow, che bello.

E poi?

E poi, frutto di quelle chiacchierate, mi è arrivata una telefonata qualche tempo fa: mi chiedevano se potevo far parte del progetto. Wow un’altra volta. Io sono una che si butta nei progetti, se sente che c’è qualcosa di affascinante. E qui è davvero bellissimo. Una città impazzita di gioia per la promozione in Serie A, una tifoseria storica e un progetto sul calcio femminile per portarlo a livello di quello maschile. Sono salita sull’aereo e sono arrivata. Con l’incoraggiamento di mio marito.

Le hanno detto che vogliono andare in A in quattro anni?

Certo che sì. Una bella sfida.

Porterà giocatrici o allenatori?

Siamo in una fase embrionale. Il Como è in quarta divisione e credo che, più che portare persone nuove, bisogna lavorare sulla filosofia del progetto e trasferire una nuova ambizione a chi c’è già. Poi, certo, in futuro ci potrà essere anche scouting.

Cosa stava facendo adesso?

Ho smesso nel 2019. Facevo la telecronista e l’allenatrice in una Academy. E poi mi dedico alle maratone, quelle più lunghe del mondo: New York, Berlino, Londra eccetera. Voglio terminarle tutte.

Come ha fatto il calcio Usa femminile a diventare leader in un paese che non ha mai amato il soccer?

Per via degli investimenti fatti sullo sport giovanile femminile che ha dato un grande impulso. Nei maschi il basket, il football americano, il baseball sono ancora una tradizione troppo forte da sradicare. Ma nelle donne abbiamo fatto in fretta. Siamo state una guida per il mondo.

Lei ha giocato anche nell’Arsenal.

Sette anni. All’inizio l’Emirates Stadium non le vedevamo nemmeno col binocolo. Alla fine però ci giocavamo davanti a tanti spettatori.

In Italia è più difficile. Anzi dopo i pienoni allo Stadium, c’è un riflusso.

Ma no, è un lungo percorso. Non bisogna mai fermarsi. E la comunicazione può fare molto.

Sa che a Como c’è una squadra di serie A, oggi di proprietà americana, la Como Women, ambiziosa?

Sì, conosco la Mercury 13. E in ogni caso, eventualmente sarà bello sfidarsi.

La sua giocatrice preferita italiana?

La mia amica Panico.

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