Adani: «Viva el futbol del Como»

Il commentatore televisivo: «E che idea il calcio di Fabregas»

Un’ora in uno studio di registrazione con Lele Adani. Il filosofo del calcio. Ex difensore, oggi protagonista in tv e sui social di appassionate analisi dove sempre trionfa l’amore per il calcio. Viva El Futbol, come recita il titolo del talk che tiene con gli ex colleghi Cassano e Ventola ogni lunedì. È venuto a parlare del Como, del calcio di Fabregas che spesso lui esalta alla Domenica Sportiva. Un’ora in compagnia di due giornalisti de La Provincia. Il tutto visibile in video anche sulla pagina Facebook del nostro quotidiano.

Lele, Fabregas è unico nel suo ruolo. Allenatore ma anche manager.

Sicuramente sì. Nella testa è allenatore, ma ha anche la forza di condividere i progetti con la società. Però non sostituendo persone in altri ruoli, ma aggiungendo. Perché lo staff è di primo livello, a partire da Ludi che stimo moltissimo. Dunque in questo suo ruolo, aggiunge e non sostituisce.

Sei sempre stato favorevole al Como di Fabregas. Perché?

Perché c’è un’organizzazione in cui si trova rispetto del lavoro e dello spirito del gioco, con cui riesce a fidelizzare e ad emozionare. Senza rinunciare ai punti, perché il Como in questo momento è salvo, che era il suo obiettivo, sta facendo bene da neopromossa. Il suo calcio arriva agli occhi e al cuore. Ha saputo proporlo anche quando le cose non sono andate bene.

Comunicazione. Ti leggiamo alcune frasi di Cesc, e dicci se sei d’accordo. “Il rigorista non esiste, va bene chiunque”.

Va bene se, come credo, c’è un gruppo di potenziali rigoristi e poi lui si fida del momento. Dare libertà al calciatore è importante. L’ultimo passaggio è il momento della libertà di decidere. De Zerbi dice: non voglio dei robot. In alcuni momenti la libertà di decidere è fondamentale.

Beh, sai, in ogni cosa che dice è sempre un po’ filosofo...

Termine azzeccato. Bisogna essere filosofi, anche il calciatore lo deve essere. Filosofo a volte ha una accezione negativa nel calcio. Ma per me esserlo alza il livello, perché significa avere una mente aperta.

Torniamo al giochino delle frasi. Fabregas ha anche detto: “non ci può essere amicizia tra allenatore e giocatore”.

Io sono stato amico di un allenatore: mi è capitato con Silvio Baldini. Dipende caso con caso, ma credo che l’aspetto fondamentale sia il rispetto. Il rispetto è più importante dell’amicizia.

E poi ha detto: “piuttosto che rinunciare alle mie idee, vado in B”.

È l’estremo che fortifica il presente. Lo ha detto dopo Bologna, una partita negativa: è nelle difficoltà che uno rafforza le idee. Ed è stato premiato dalle vittorie successive, anche non attese.

L’ultima, e sappiamo che ti ha colpito molto: “se devo perdere, voglio perdere così. Chiamatemi pure perdente”. Lo ha dichiarato dopo Milan-Como.

Ho amici milanisti che mi hanno detto come quel tipo di calcio a San Siro lo abbiano fatto solo le grandissime squadre d’Europa. Avere il riconoscimento da parte degli avversari è tanta roba. E se si fa il nome di Fabregas per il Milan, è perché è andato a imporre il gioco a casa sua. In questo si è presentato come un elemento nuovo nel nostro sistema calcio.

Ma se invece di chiamarsi Fabregas, si chiamasse Vivarini, ci sarebbe questa attenzione mediatica?

Capisco il ragionamento: la partenza è favorita dall’icona, comunque meritata. Ma poi lui ha dimostrato subito, con i fatti, con la comunicazione, anche con una ribellione a certa mentalità del nostro calcio,che mi trova d’accordo. Ma ogni storia è unica. C’è chi è riuscito a conquistare attenzione e salire alla ribalta anche senza un pedigree.Il primo che mi viene in mente è Maurizio Sarri..

O Andreazzoli...

Anche: un calcio meraviglioso.

Però Andreazzoli dice che fare un calcio come il suo è dura, perché in Italia non c’è la mentalità adatta ad aspettarlo.

Mah, non so... proprio a Empoli ti posso fare l’esempio di Baldini. Che ha inventato il 4-2-3-1 (quello che usa Fabregas, ndr). Lo ha inventato lui e si è salvato in A. Lo stesso 4-2-3-1 poi usato da Spalletti. Fabregas arriva e dimostra sul campo che si può fare un certo calcio. Fuori dicono “eh... ma sarà adatto alle grandi squadre?” Intanto lui gioca. Impatta. E il Como ci mette del suo scegliendo giocatori validi che non so quanti altri club avrebbero preso. Ma serve anche un contesto adatto.

Appunto, lo ha detto anche Ludi: il contesto adatto è fondamentale per permettere a un giocatore di performare. Non è detto che Diao in un altro contesto avrebbe reso così.

Io conosco Empoli perché ci ho giocato. Anche lì succede questo. E vale non solo per i giocatori ma anche per allenatori e direttori.

Però è anche vero che ci sono allenatori che evolvono, e altri che restano sempre attaccati a un certo sistema.

Credo che sia cambiato talmente tutto, che l’evoluzione sia necessaria. Io ero un difensore alto, 1.83 oggi i centrali sono 1.88. Cambia tutto, e allora la parola giusta è: analisi. Quella che usa sempre Fabregas. Analizzare in profondità i giocatori. E questo è lavoro. Il Como ha 14 elementi nello staff, a dimostrazione che il calcio oggi è analisi e lavoro. Si dice che il calcio sia semplice, ma oggi non lo è.

Sei stato a vedere un allenamento del Como recentemente. Cosa hai visto?

Ho visto lavoro. Assenza di tempi morti. Avvicinamento alla partitella, che poi hanno fatto, con esercizi specifici e una bella sincronia tra tutti i componenti dello staff. Un ambiente sinergico, organizzato. Vederlo mi dava gusto.

Cosa ti piace del Como in campo?

La capacità di scelta, di ingannare l’avversario nel momento decisivo. Non il possesso per il possesso ma la ricerca della scelta giusta. Il voler determinare.

Si dice: Como e Verona hanno gli stessi punti, ma hanno speso diversamente. È un paragone giusto?

Per esaltare una squadra non bisogna screditare l’altra. A me esalta il gioco del Como, ma mi esalta anche il Verona che al 95’ batte la Fiorentina. Il Como mi pare più futuribile e mi piace il fatto che non sbaglia nessuna mossa.

Parlaci di Nico Paz. Il primo cui hai dedicato un video parlando del Como di quest’anno, sui tuoi social.

Ah sì sì, è vero. Beh, è speciale Nico Paz,dai! Eh... Per non dire banalità dico che di lui mi sorprende la capacità di essere costante nella prestazione. Non si limita ad essere il 10 che inventa e può prendersi delle pause, ma pedala per tutta la partita anche sporcandosi le mani.

Il passaggio per il gol al Napoli a Diao è stato geniale.

Lui, in quel frangente, non la dà a Strefezza, come avrebbero fatto tutti, ma la dà in verticale. Ma attenzione. La dà in maniera esatta, perfetta, ingannando i difensori avversari. Verticale non basta. Verticale ma giusta. Di Lorenzo e Rahmani si incazzano con i compagni. Perché li ha fregati. Il campione non alleggerisce laterale, ma vuole andare nel cuore. E Nico lo fa. Io ho giocato con Rui Costa ed era così. A buon passaggio,però, deve corrispondere movimento esatto. E allora la vai a raccogliere in rete.

Lele Adani perché è così appassionato di bel gioco?

Non credo di essere appassionato di bel gioco, di quello siamo appassionati tutti, perchè tutti hanno diritto alla bellezza, ma sono appassionato del... gioco. Della logica che porta a un determinato effetto. Sono molto curioso, Studio.Mi appassiono. E’ una vera passione.

Allora Viva el Futbol?

Certamente. Sempre!

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