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Martedì 25 Marzo 2025
Cecconi: «Io con Fabregas? Sarebbe stato bello»
L’ex bomber del Como e dell’Empoli: «Mi piace l’allenatore spagnolo. Attento ai dettagli, come ero io»
Como-Empoli e ti viene in mente lui. Luca Cecconi, che nell’incrocio tra le due squadre ha scritto pagine indelebili. Ha giocato tra i toscani, e segnò al Sinigaglia in maglia empolese. Ma poi con la maglia del Como segnò una doppietta a Empoli all’inizio della sua avventura lariana. Ha giocato una finale playoff tra le due squadre (persa). Allenando la Primavera dell’Empoli ha vinto un torneo di Viareggio nel 2000, sei anni fa proprio lì ha avuto l’ultimo incarico nel calcio (responsabile settore giovanile) e ogni tanto compare nelle trasmissioni tv a commentare gli azzurri di D’Aversa. Insomma, Como-Empoli è la scusa per tornare a fare quattro chiacchiere con un personaggio che a Como ricordano ancora tutti con stima e affetto.
Che fa oggi Luca Cecconi?
Abito a Santa Croce sull’Arno, dò una mani all’azienda di mio fratello, e sto vicino a mia mamma che ha 92 anni.
Empoli è rimasta la sua collocazione calcistica...
Il rapporto con Bologna si è un po’ raffreddato. E poi abito qui vicino.
E calcio basta?
Sì, basta.
Eppure quando lei ha smesso, molti avrebbero scommesso su una carriera lunga nel calcio.
Ho passato l’ultima parte di carriera a prepararmi per fare l’allenatore. Ho vinto un torneo di Viareggio, che è stata una bella soddisfazione. Il primo dei miei quattro anni su quella panchina, battemmo la Fiorentina in finale. Ho anche allenato il Bologna in serie B dopo Ulivieri di cui ero il vice. Ma poi si è spenta la fiamma, la passione. Ho scoperto che non riuscivo più a calarmi nelle dinamiche di spogliatoio.
Vede il Como alla tv?
E come no? È un progetto calcistico che mi piace molto. Il calcio di Fabregas è molto bello. Ho visto quattro o cinque partite, tra cui quelle contro la Juve e contro il Bologna.
Che effetto le fa vedere Como così?
Sì, un po’ mi fa effetto. Ho conosciuto una Como più tranquilla, più raccolta. Vedere tutta quella gente allo stadio fa impressione, ma è una bella impressione. Mi fa piacere. E poi, posso dire? Si respira chiaramente un clima di positività. Un bell’ambiente, entusiasta, felice di quello che sta vivendo.
Se dovessero chiederle che piazza è Como, cosa risponderebbe?
Una piazza dove c’è passione, che deriva da un passato anche importante, ma dove a differenza di altre località, si vive il calcio con equilibrio, specie quando le cose vanno male. E questo è un bene. Fa lavorare meglio. Potrei dire la stessa cosa per Empoli.
Le piace il calcio di Fabregas, dunque...
Molto. E’ il tipo di calcio che mi è sempre piaciuto. Anche da allenatore cercavo quel calcio lì, propositivo, di palleggio ma anche veloce a ribaltare l’azione.
Tra il bel gioco da una parte, e le sconfitte nel finale, quelle che hanno fatto perdere tanti punti al Como, lei a cosa presterebbe più attenzione?
Al bel gioco. Perché l’impressione è che sia l’inizio di un progetto. Che quello che è stato fatto quest’anno è un meccanismo destinato a migliorare, con qualche ritocco magari, ma soprattutto con l’insistenza su certi meccanismi.
Fabregas dice: se devo perdere, continuerò a farlo con i miei sistemi di gioco. Non cambio. Giusto così?
Certo, mi piace molto questo. Perché solo insistendo si riesce imprimere al gruppo una mentalità. Se uno davanti alle grandi decide di abbandonare la strada, di tirarsi indietro, interrompe la sua filosofia. Invece così facendo la squadra proseguirà sempre con una certa mentalità. Avrà la squadra all’attacco anche nelle sfide con le pari grado.
A Empoli c’era Andreazzoli che assomigliava molto a Fabregas come idea di gioco.
Non come schema, perché usava il 4-3-1-2, ma come mentalità sì. La differenza è che allora sembrava una esperienza dettata da un allineamento dei pianeti, un certo allenatore con un certo parco giocatori. Nel caso del Como, invece, si vede che c’è un progetto duraturo.
Chi le piace del Como?
Da Cunha, Paz e Diao su tutti. Beh, la risposta era facile.
Dell’Empoli?
Esposito. D’Aversa fa un calcio meno elaborato di Andreazzoli, ma più essenziale. Empoli sa che ogni stagione dovrà lottare per salvarsi, ma la piazza crede ancora nel calcio. Adesso è stato fatto un progetto per lo stadio nuovo.
Tornando a Fabregas, ormai lo accostano agli squadroni. Lei lo immagina un un grande club?
E’ chiaro che siamo di fronte a uno che farà parecchia strada. Manca solo un tassello. Adesso, almeno a distanza, pare avere un grande potere nel Como, sembra avere in mano le chiavi di tutto. Il passo successivo sarà confrontarsi con realtà dove sarà più un “dipendente” e dove dovrà à convincere giocatori di altra personalità e altra formazione. Per esempio, avere a che fare con uno come Leao può essere complicato. Lo stesso salto che fa un allenatore quando passa dalla Primavera alla prima squadra.
Lei consiglierebbe a Fabregas di fare un altro anno a Como?
Potrebbe essere una bella palestra.
Como-Empoli è decisiva?
Per il Como potrebbe esserlo in positivo. Se ince va a + 10, e sarebbe a posto. Se vince l’Empoli, si rimette in corsa, ma vedo il Como salvo comunque, anche in caso di ko.
Uno come Cecconi ci sarebbe stato bene con Fabregas?
Per certi versi sì. Mi piace la sua attenzione ai dettagli. E anche io ero molto pignolo. Sarebbe stato bello lavorare con uno come lui.
Perché Cecconi, al di là di una carriera comunque importante, non è esploso definitivamente?
Mi ha penalizzato il fisico. Non ero abbastanza veloce, non ero abbastanza grosso, per fare la punta. I muscoli tendevano a mollarmi se andavo oltre.
Però passava per un giocatore intelligente.
Cercavo di rendermi utile alla squadra comunque, magari con gli assist.
Apriamo il libro dei ricordi?
Via.
Lei arrivò da Bologna, e all’inizio non sembrò tanto contento.
Me lo ricordo benissimo. Arrivavo da un ambiente molto duro, molto concentrato, che dava tutto per vincere. Arrivai a Como dove Scanziani aveva dato spazio a molti giocatori del settore giovanile ed era logico che dovesse essere più morbido, creare un ambiente più leggero. E io all’inizio non mi trovai bene, vedevo troppa leggerezza. Ma poi furono tre anni molto belli.
Tranne il commiato.
Il litigio con Preziosi? Fu strano perché lui chiese davanti a tutti se io ci credevo e io dissi che se continuavamo così saremmo retrocessi. Non accadde nulla. Iniziò l’allenamento e mi misi in testa al gruppo per dimostrare che la mia era stata una frase per spronare lo spogliatoio. Nemmeno di sera capitò nulla. Ma la mattina dopo mi chiamarono dalla società per dirmi che il presidente mi invitava a stracciare il contratto. La mia reazione fu di orgoglio: presi la macchina e andai a farlo sul serio. Mi colpì che lo chiese dopo una notte di riflessione, senza che ci fosse stato un litigio. Sarebbe stato più logico a caldo. Invece forse lo consigliò qualcuno, fatto sta che questa reazione a scoppio ritardato mi spinse ad assecondare la sua richiesta. Forse anche io sbagliai.
Il ricordo più bello?
Forse il gol alla Nocerina nella finale di Coppa Italia. Per un ricordo paradossalmente simile a quello dell’ultimo atto. Perdemmo a Nocera, e Marini (che con me toccò sempre le corde giuste) alla ripresa era veramente deluso. “Ma come abbiamo giocato? Dai, se è così non giochiamo nemmeno il ritorno...”. Mi arrabbiai e usai toni duri: “Mister, non scherziamo, adesso andiamo e giochiamo come sappiamo”. Vincemmo 4-0 e il mio gol di testa quasi da fuori area forse fu il più bello segnato nel Como.
Poi il contagol.
Già. Fu carino. Il grande ritratto del mio viso che fu esposto allo stadio poi mi fu regalato, e lo conservo gelosamente. Certo non posso esporlo, non ci sta, ma è una cosa a cui tengo molto. Fu una bella stagione culminata poi con la conquista della finale playoff, persa contro l’Empoli di Spalletti.
Ancora appassionato di pesca subacquea?
Sì, ma adesso ho altre due grandi passioni: il ciclismo e il tennis. Spero di venire presto a fare il Ghisallo. Con calma, eh. Anche io ho una certa età.
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