«Cesc Cid Campeador. E Como è spiazzata da una cosa così bella»

Bresciani, supertifoso: «Tutto meraviglioso, ma la società deve essere più empatica. Tipo Beretta»

Prima o poi scriverà un romanzo sulla sua vita. Che, appunto, è un romanzo: tra laurea in lettere, sogno di fare il giornalista, gestione di pubblicità ad alto livello a Montecarlo, imprenditore divulgatore in India nel settore della medicina alternativa, e infine scrittore: con l’unico comune denominatore del tifo (appassionato, viscerale) per il Como. Nel frattempo scrive romanzi storici (il settimo romanzo uscito poco tempo fa: Il cavaliere del fiordo), e (oseremmo dire “soprattutto”, visto che stiamo scrivendo nelle pagine si sport dedicate al Como) è diventato ormai punto di riferimento storico-cultrurale del tifo, con i suoi puntuali post e interventi sui social e sulle sulle pagine facebook azzurre.

Tifoso dal...?

Dal 1965: prima partita Como-Fanfulla 6-1, avevo 10 anni. Festeggio i 60 anni di tifo per gli azzurri.

Nonostante il pedigree “alto”, lei va in curva. Come mai?

Da ragazzo sono andato in tribuna, con papà, poi sono passato nei distinti. E quando hanno chiuso il settore mi sono trasferito in curva. No, la tribuna non mi piace. La partita va vista tra i tifosi, in quel settore dove non si racconta lo sport, ma la vita. Dove ci sono motivi antropologici che seguono strade particolari e che ti fanno abbracciare uno sconosciuto dopo un gol come se fosse tuto fratello. In tribuna non succede. Sa cosa diceva Galeano?

Prego.

La partita sembra un rito religioso, dove gli officianti sono i calciatori e i fedeli i tifosi. In alcuni paesi, e tra questi c’è l’Italia, è davvero difficile limitarsi a parlare di competizione sportiva, per come è vissuta.

Curva dove?

Il alto nella rampa vicino al lago. Contro la Juve e il Milan ho portato il bandierone che sventolavo negli Anni Settanta. Bellissimo. Adesso io e i miei 20-25 amici compagni di gradoni, ci identifichiamo in uno striscione che ho fatto io: «Vecchio cuore azzurro». Dicono che sono il presidente. Esagerati...

La curva a volte esagera, almeno per i benpensanti.

L’unica cosa che non mi piaceva era lo scontro con le forze dell’ordine, come mentalità: Ma ormai credo faccia parte del passato, il clima è cambiato. Per quanto riguarda slang e messaggi forti, credo che sia tutto riconducibile alla goliardia.

Presente in casa e in trasferta.

Ho cominciato con le trasferte del Bar Carletto. Ho visto appiccare un mezzo incendio a Varese, ho visto il nostro pullman distrutto a Genova. Insomma ne ho passate anche io quando gli ultrà ancora non esistevano.

La partita della vita?

Como-Verona 2-0 del 1975. Per tutti vale la stessa regola, le emozioni vissute in età adolescenziale sono le più belle e palpitanti nei ricordi di un tifoso. La stessa vittoria vissuta a 20 o a 50 è molto diversa.

I giocatori preferiti.

Prima o poi farò un altarino in casa: Correnti da una parte e Matteoli dall’altra. Correnti era un guerriero. Matteoli era il Nico Paz degli Anni Ottanta.

Che ne pensa di questo Como?

Beh, è una cosa che non si è mai vista. Devo essere franco? E’ anche una cosa che Como forse non si meritava.

in che senso?

Il comasco viene da una ricchezza imprenditoriale che l’ha tenuto un po’ a lungo nella bambagia. Poi certe realtà imprenditoriali sono andate un po’ in crisi, ma non da abbastanza tempo perché ci sia una nuova verve. Il comasco ha le solite malattie, scarso entusiamo, invidia per chi ce la fa, tendenza a mantenere lo status quo. Dunque, di fronte a una storia come questa, che spiazzerebbe qualsiasi città di provincia, vedo una città impreparata a cavalcarne il senso.

Si riferisce allo stadio?

Il dibattito è naturale, figuriamoci. Ma è il tono che mi colpisce, sempre un po’ snob, con la vecchia idea che i tifosi di calcio siano tutti sottosviluppati. E così se ne parla un po’ con sufficienza. Manca l’entusiasmo per cosa potrebbe essere, cercando di interpretare la soluzione migliore che tenga conto delle esigenze di tutti e di tutte le realtà. Però, suvvia, un po’ di animo, di entusiasmo. E la cosa si vede anche su un altro fronte.

Quale?

Mi sorprende (anzi, non mi sorprende per nulla...), che il dibattito si sia acceso sullo stadio, ma non altrettanto su quello che vediamo in campo. Il calcio, quando si esprime in questo modo, diventa anche cultura, anche bellezza. Invece non si va oltre il commento sul fatto che poi alla fine perdiamo. Ok, ci sono cose da sistemare, riguardo alla esperienza di Fanbregas. Ma quello che si vede sul campo meriterebbe un risalto maggiore, Vedo che ne parlano dappertutto, a Como meno.

Ci salviamo?

Credo che la Serie A sua arrivata addirittura in anticipo rispetto a quanto previsto dalla società, e per questo dico che non mi sorprenderei se il prossimo anno andassimo già subito in Europa. Un altro traguardo per il quale servirà una città pronta per cavalcare l’occasione.

Le piace Fabregas?

Per me è il Cid Campeador. Conquistatore. Ha la presunzione di tutti i conquistatori. Lo troveremo presto su una panchina estera di grande prestigio.

E questa società le piace?

Sì, ma non del tutto. Ho già detto e ripeto che dobbiamo esserle grati per quanto fatto. Io ero a Scanzorosciate e non dimentico. Nessuno minimizza i successi sul campo e pure di marketing. Però è una società a cui manca un pizzico di empatia verso la piazza. Non bastano i “regali” tipo i concerti o le iniziative che moltiplicano la passione. Servirebbe un rapporto più diretto, più empatico con i tifosi, che ringraziano ma a volte secondo me si sentono un po’ messi in un angolo. Certe volte sembrano in una torre d’avorio, pieni di responsabili e addetti per ogni argomento. Io, certo, anche per anagrafe, preferisco quell’invito che mi fece il presidente Beretta...

Quale?

Ero a Cesena, Anni Settanta, in trasferta e papà mi disse che mi avrebbe riportato a casa Mario Beretta che era un suo amico. Ma mai avrei immaginato che il pasaggio me lo avrebbe dato sul...pullman della squadra. Non credevo ai miei occhi. Oggi irreplicabile, ma una certa umanità andrebbe recuperata.

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