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Giovedì 16 Gennaio 2025
Como, dopo il bel gioco è l’ora dei punti
Una pecca fin qui, la difficoltà a concretizzare il numero di azioni creati
Un bel Como, che resta però ancora una volta a bocca asciutta, senza raccogliere quello che avrebbe potuto meritare. Una cantilena che si ripete, già sentita troppe volte, e su cui forse bisogna un po’ riflettere.
Il bel gioco di Cesc Fabregas è un dato assodato, così come è chiaro che la costruzione del suo progetto non sia qualcosa di immediato, ma richieda tempo, applicazione mentale e allenamento.
Le recriminazioni
Anche per inserire le pedine che via via compongono il puzzle biancoblù: con il Milan si è visto quanto possa essere utile Assane Diao, che al di là delle doti tecniche e atletiche ha una personalità veramente notevole per essere un diciannovenne al suo primo impatto con un nuovo campionato, così come si è apprezzata l’efficacia di Maxime Caqueret, che insieme proprio a Diao ha costruito il gol del momentaneo vantaggio del Como.
È già da applausi la loro velocità nell’inserirsi in meccanismi completamente nuovi nel giro davvero di qualche ora dal loro arrivo, così come per Butez. Ma va da sé che prima che il lavoro sia completo ci voglia ancora qualche settimana.
Come del resto è stata importante strada facendo per esempio la capacità di giocatori come Da Cunha ed Engelhardt di prendere il posto di Sergi Roberto e Perrone, adattandosi e facendo adattare la squadra alle caratteristiche di un centrocampo comunque diverso.
Un lavoro in continua evoluzione, che ha dato ottimi frutti dal punto di vista della qualità del gioco e anche risultati importanti dopo un periodo di inevitabile difficoltà, bellezza e concretezza.
Ma c’è questa macchia, che non è un particolare secondario, che lo stesso Fabregas comincia un po’ a soffrire quando dice «basta complimenti, io adesso voglio vincere». È un po’ quello che tutti stiamo cominciando a pensare. Felici di vedere un Como che si batte a testa alta con tutti, ma decisamente meno contenti quando si guarda la classifica, che impietosamente mette ancora il Como un solo punto più avanti dalla zona retrocessione.
Con tutte le recriminazioni possibili, e tutto il fondato ottimismo che questa squadra sa trasmettere, dopo venti partite, con già meno gare davanti di quelle messe alle spalle, un occhio anche a questo aspetto bisogna necessariamente buttarlo.
Perché saranno anche particolari sfavorevoli quelli che hanno determinato certi risultati - dal possibile fallo nell’azione che ha poi portato al corner del primo gol del Milan, piuttosto che della mancata sanzione per Gigot che ha azzoppato Paz a Roma -, ma siccome Fabregas non è il tipo che si aggrappa a queste cose, proprio perché forte di un’esperienza sul campo a livelli altissimi in cui la differenza la fa ben altro, sarebbe sciocco guardare questo e non accorgersi per esempio di quante opportunità il Como sappia creare senza sfruttarle.
Forse davvero l’aspetto che ancora più di tutti necessita di crescita e di lavoro, visto che nonostante i due gol presi ieri la fase difensiva in generale è comunque migliorata rispetto a qualche mese fa.
L’atteggiamento
La strada è quella giusta, dicono un po’ tutti. Certamente è giusto l’atteggiamento, è palpabile la crescita individuale partita dopo partita di alcuni giocatori, è indubitabile la dedizione al lavoro di Fabregas e di tutta la squadra. Ma ascoltiamo Cesc, meno complimenti e più fatti.
Vero, lui dice che è meglio perdere giocando e a testa alta piuttosto che abbassandosi a difendere, che tanto si rischia lo stesso. Diciamo però che non perdere, soprattutto quando come l’altra sera si è nelle condizioni di poterci riuscire, sarebbe ancora meglio. E in fondo non importa come. Il Como deve togliersi da lì prima possibile.
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