«Ehi, quel ragazzo farà molta strada...». Il Marotta comasco

Calcio Dal 1990 al 1993 fu il gm del Como. I suoi allenatori: Bersellini, Frosio, Valdinoci e Burgnich. Una promozione sfiorata, dirigente già a 360 gradi

Beppe Marotta presidente dell’Inter. Culmine di una carriera da grande del calcio italiano. Il salto di qualità negli anni della Sampdoria, il trampolino verso gli anni vincenti alla Juventus e poi quelli all’Inter, dove non solo ha disegnato la squadra dei due ultimi scudetti, ma adesso è anche diventato il numero 1 del club. Non tutti sanno, o ricordano, però che Marotta ha mosso i primi passi nel calcio a Como. Città peraltro che frequenta ancora adesso assiduamente, per via di amicizie ma anche per motivi di... ufficio. La base operativa nerazzurra è ad Appiano Gentile, il che gli garantisce contatti istituzionali frequenti, prova ne sia la sua presenza di settimana scorsa alla festa dei Carabinieri a Cernobbio.

Arrivo

Marotta arrivò a Como nell’estate del 1990. La società azzurra arrivava da due retrocessioni consecutive dalla A alla C, clima depresso, voglia di dare un colpo di spugna dopo la fortunata gestione che aveva tenuto la squadra cinque anni in A. Dunque, il presidente Gattei si separò dal ds Vitali, e ingaggiò questo giovane manager (aveva 33 anni) che, al Varese prima e al Monza poi, aveva già dato dimostrazione di essere un dirigente capace e soprattutto con interessi a 360° nella gestione di una società, non solo su cose specificamente calcistiche. L’obiettivo era tornare subito in B. Marotta si trovò con la grana Milton da piazzare: fu una campagna acquisti in cui arrivarono Cicconi, Chiodini, Paolo Annoni, Seno, Pedone, Dozio e ci fu il rientro di Didonè. E si sganciarono alcuni big rimasti in B, dalla A, come Tarzan Annoni, Lupetto Mannari, Giunta, Biondo. Una campagna acquisti che non fu tutta farina del sacco di Marotta, coadiuvato dal vecchio ds Vitali. Ma i suoi colpi furono tre: Vincenzi, Pradella e Belinghieri (questi ultimi due a stagione in corso). L’ex dirigente del Monza avrebbe avuto le funzioni di general manager con pieno mandato operativo dal consiglio della società lariana. Le sue parole alla prima conferenza stampa furono: «Como è sempre stato il mio punto di riferimento. Certo, negli ultimi anni non sono arrivati i risultati, ma non bisogna farne un dramma visto che è destino delle società provinciali salire o scendere nel breve spazio di poche stagioni. Ho tanta voglia di lavorare; ho trovato un ambiente deciso a riscattarsi e con un allenatore dalle idee chiare come Bersellini si può tranquillamente dire che il Como vuole rialzare la testa».

E ancora: «Ho accettato il Como perché è una società che mi è stata sempre simpatica e identifica le mie idee di lavoro, puntando sulla valorizzazione del giovani». Tra le sue idee (in compartecipazione con Gattei e i dirigenti di allora) quella di aprire le porte del Sinigaglia per le ultime due in casa: ingresso gratuito e stadio pieno. Il Como perse lo spareggio con il Venezia per la B, a Cesena. Intanto Marotta, affiancato dall’amico Giovanni Carnevali come dirigente, aveva mostrato anche un carattere duro. Dopo Fano-Como, disse: «Non pensavamo di trovare un Fano portato alla provocazione. L’arbitraggio è stato insufficiente, il signor Introvigne è stato a guardare senza mal porre fine agli atteggiamenti scorretti dei giocatori locali. Non parliamo poi dell’espulsione di Andrea Seno, è stata una vera ingiustizia».

L’anno dopo si cambiò tutto. Marotta portò Frosio allenatore, con cui aveva lavorato a Monza , che trovò un terzo amico nel professor Arcelli, mago della preparazione. Arrivarono Mirabelli, Mazzucato, Marsan, Maiuri, Catelli. Non andò bene, la squadra fu a lungo protagonista, ma il finale di stagione fu in calando e la squadra rimase fuori dalle promosse. Ci fu anche una contestazione, con tre croci posizionate sul campo di Orsenigo, con i nomi dei dirigenti e di Catelli. Ed erano giorni tempestosi perché Gattei aveva deciso di vendere e sembrava potesse andare in porto la cessione al produttore cinematografico Bonivento.

Terzo anno

Ma tutto saltò, e il terzo anno di Marotta a Como fu di basso profilo: Gattei dichiarò pubblicamente che sarebbe stato un anno di austerity, e Marotta di dovette orientare sui giovani tipo Sala, Centanni, D’Anna, Elia, Cappellini. Allenò Valdinoci, di scuola Milan. Alla fine dell’inverno, Valdinoci venne sostituito con Burgnich che arrivò alla finale di Coppa Italia di C persa con il Palermo. Alla fin di quella stagione, Marotta lasciò il Como per andare a Ravenna. Anticipò solo di poche settimane la notizia che Gattei aveva venduto la società a Mario Beretta, con Beltrami ds e Tardelli allenatore. Il Como aveva voltato pagina.Di Marotta tutti dicevano: «È uno sveglio, capace, competente: quel ragazzo farà strada». Infatti...

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