«Eroici i “miei” ragazzi. E io ho un sogno: tornare al Como»

Jack Gattuso: «Non ce l’ho fatta a venire allo stadio per la paura di emozionarmi troppo»

Da una parte il suo Como che va in serie A, dall’altra il suo Novara che in serie C gioca i playout e si salva dalla retrocessione. Giacomo Gattuso quasi non fa distinzione tra le due emozioni che ha vissuto in queste settimane. Anche perché in fondo in questo cammino incredibile del Como di suo ci ha messo tanto.

Jack, come stai?

Bene, benissimo. Finalmente rilassato e tanto felice per tutto quello che è successo.

Da dove cominciamo?

Dal coro che ho sentito partire dagli spalti nella partita in cui si è salvato il Novara, “C’è solo un capitano”. E lì non ci sono dubbi, quello è un coro che riconoscerei ovunque.

Erano tifosi del Como venuti a sostenerti.

E sì, incredibile, non me l’aspettavo. Con il Como appena promosso sono venuti a tifare per me. Bellissimo. E non avete idea di quanti messaggi ho ricevuto da Como, quanta gratitudine anche nei miei confronti. In assoluto però uno mi ha fatto più piacere di tutti.

Cioè?

Cioè il messaggio di Cesc Fabregas. Ma non un messaggio di due righe, non un messaggio formale. No, sono state parole sentite, piene di contenuti importanti, di cose molto belle sulla mia persona e sul mio lavoro. Davvero è stato un piacere enorme.

Forse un implicito ringraziamento per quello che hai fatto anche al Como...

Sicuramente un messaggio di grande stima nei miei confronti.

La senti anche un po’ tua questa serie A?

Io sin dal primo momento, dalla prima intervista, quando mi sono seduto sulla panchina del Como l’ho sempre detto. Che davanti a me mettevo il Como. Non ero io il protagonista, ma era importante il bene della squadra.

Tra l’altro eri stato scelto come soluzione temporanea.

E la situazione non era nemmeno semplice, ci sono state tante difficoltà. Non avevamo ancora il campo di Mozzate, c’è stato il Covid, e tante altre situazioni difficili. Quello che abbiamo fatto, sia l’anno della promozione che quello dopo, è stata veramente un’impresa. Anche se da subito si capiva il valore di questa società, si stava cominciando a costruire tutto quello che poi ha portato fino a qui.

La promozione in B, la salvezza dell’anno dopo, sono stati un punto cruciale di questo percorso.

Essere stato partecipe di questo cammino per me è la gioia più grande. Ho davvero dato tutto, anche un po’ di salute... ma ne è valsa la pena visto quello che si è riusciti a conquistare. Sono veramente strafelice, per i giocatori, per tutti i tifosi.

I tuoi giocatori, alcuni ragazzi del tuo gruppo ce l’hanno fatta. L’avresti detto?

Erano già stati eroici in tanti momenti difficili, e hanno dimostrato ancora una volta le loro qualità tecniche e morali. Ma già si capiva l’impronta che alcuni di loro potevano dare alla squadra, dei trascinatori veri. Capaci di tanto lavoro e di un attaccamento alla maglia straordinario. E io li ringrazierò per tutta la vita, loro e la società, per avermi consentito di far parte di tutto questo, di vincere insieme a loro. E di vivere insieme quello che già si percepiva, una partecipazione sempre più forte da parte dei tifosi e di tutto l’ambiente.

Al Sinigaglia a vederli però non sei più tornato...

No, e per un motivo preciso, a parte i miei impegni con il Novara. Non ce l’ho fatta, sinora, perché ho avuto paura di emozionarmi troppo. Avrei voluto, mi sarebbe piaciuto, ma facevo fatica, lo ammetto. Adesso con la serie A prima o poi devo riuscirci.

Non ti è pesato poi tornare indietro, in serie C?

No, anche se tante persone mi davano del matto, criticavano la mia scelta. Scendere di categoria, in una squadra che deve salvarsi... invece avevo bisogno di mettermi alla prova, di affrontare una sfida, di vincerla. E poi l’ho fatto comunque in un ambiente che conoscevo bene, e che mi ha consentito di rimettermi in corsa nel modo giusto. E’ stato importante per me.

Il Como è un rimpianto, oggi, o ancora un sogno?

Io prima di tutto sono un tifoso del Como. Quindi in questo momento penso con gioia a quello che è successo, e a quello che con questa società potrà succedere. Però, se mi chiedete qual è il mio più grande desiderio...

Prego, sveliamolo.

Ho un unico sogno, tornare nel Como. Quello che più di tutto desidero, lo dico sinceramente, è poter lavorare lì, nel settore giovanile. Mi piacerebbe tantissimo. Magari insieme a Centi, ricreare qualcosa di simile al nostro vivaio di una volta.

Non è che forse il messaggio di Fabregas...

No, non c’è niente di già programmato. Ma di sicuro i miei rapporti con il Como sono rimasti buoni. Con il Novara devo ancora parlare e capire, il mio futuro immediato è ancora da decidere. Ma con il Como già l’anno scorso quando lasciai la panchina ci siamo comunque detti che la porta restava aperta. Io avevo bisogno di rimettermi alla prova, ed è stato giusto fare la scelta che ho fatto. Ma se un giorno, tra un mese o tra cinque anni, il Como mi chiamasse e io potessi tornare lì sarei la persona più felice del mondo. Al Como, e in nessun altro posto.

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