Fabregas: «Como in Europa? Chissà...»

L’allenatore ospite al Festival dello Sport di Trento, ha parlato un po’ di tutto tra passato e presente

Cesc Fabregas è stato ospite al Festival dello Sport di Trento organizzato dalla Gazzetta dello Sport. Un’ora di chiacchiera sul palco in cui ha parlato di tutto, da passato al presente al futuro. E che futuro. Interessanti i passaggi sulla sua esperienza azzurra: «Perché il Como? Mi è piaciuto molto il progetto quando ho iniziato a parlare con la società. Io cercavo un progetto a lungo termine. Mi hanno dato la possibilità di finire la mia carriera in campo e di iniziare quella da allenatore. Non volevo un posto dopo stare uno o due anni, dove ti mandano via dopo due partite e dove non c’è un’idea. Volevo un progetto». Da calciatore ad allenatore: «Io sono molto esigente e pesante. Tutto quello che io dico da allenatore è perché l’ho vissuto da calciatore. Questa cosa è un vantaggio per un allenatore ex giocatore. Non mi piace essere un dittatore, preferisco analizzare. Da calciatore ero autodistruttivo, ma adesso rappresento 29 calciatore ed devo essere un modello, un leader. Non posso reagire come reagivo da giocatore».

Progetti

Ha parlato dei suoi sogni? «Il mio sogno è portare il Como il più lontano possibile. Ora abbiamo anche un centro sportivo che sta crescendo e un grande staff. E’ cambiato tutto. Se prima un giocatore arrivava tardi non capitava nulla, e ci dicevano dove ci saremmo allenati giorno per giorno. Adesso se oggi un giocatore arriva in ritardo all’allenamento manca di rispetto a tutti. Il rispetto e la disciplina sono importantissimi.Progetto Como? La società non mi ha chiesto niente. Vogliamo crescere con le persone giuste, da cuoco a me, passando per Charlie Ludi e Mirwan Suwarso, lavorano tutte persone che darebbero tutto per il Como. Stiamo crescendo su tutto: società, campo, centro sportivo, cultura, tifosi... Due anni fa non c’era quasi nulla. Siamo cresciuti molto velocemente. Quest’anno la cosa più importante per noi è la salvezza. Como in Europa?E’ un sogno. Speriamo di riuscirci un giorno. Sicuramente sappiamo qual è la strada da percorrere, abbiamo le idee chiare. Siamo pronti anche a perdere 4 o 5 partite di fila, non cambia il progetto. Bisogna crescere lentamente, farlo velocemente è pericoloso. Ma abbiamo bene in testa l’obiettivo, io ce l’ho chiaro quando mi alzo la mattina dal letto». Attraverso quale filosofia? La sua: «Io e la sconfitta non siamo amici. Io non sono un giocatore, ma il leader di una squadra. Se la mattina dopo una sconfitta sono negativo e con la testa bassa, anche gli altri saranno così».

Ha raccontato del suo amore, il Barcellona: «Sono sempre stato un fan del Barcellona. Mio nonno mi ha portato al campo quando avevo 9 mesi ma non ricordo nulla (ride, ndr) e mi hanno chiamato quando avevo 9 anni. Non avrei mai pensato di fare quello che ho fatto. Il mio idolo era Guardiola: vedeva la giocata prima di tutti, era spaziale».

Ha raccontato dell’infanzia e dell’adolescenza: «Non ero incredibilmente bravo a scuola. Ero una persona molto chiusa e tutto quello che succedeva lo tenevo dentro. Il calcio era una fuga di felicità. Mio papà è mia mamma mi hanno educato molto bene. La mia mentalità è questa: io cerco di essere positivo. In spogliatoio sanno tutti le regole, se le rispetti possiamo iniziare a parlare di calcio».

Fabregas ha parlato poi di un evento doloroso della sua gioventù, il divorzio dei suoi genitori: «L’ho gestito andando alla Masia, perché non avrei potuto gestire un weekend da mio papà e uno da mia mamma. La famiglia è importantissima per me chiaramente. È stato una specie di “regalo” che la vita mi ha dato per maturare più velocemente».

Allenatori

«Londra mi ha cambiato. Arsène Wenger è stato tutto per me. Lui ha creduto in me. Mi chiedeva della famiglia, della scuola... Arteta è un allenatore bravissimo, che sta facendo un lavoro incredibile all’Arsenal. Ha iniziato praticamente da zero». Poi è arrivata una bella dedica di Conte in un video messaggio. Oggi sul palco del Festival dello Sport ci sarà Mirwan Suwarso.

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