Fabregas ha ora le idee più chiare

Mai così nette («Ho capito chi ha nel sangue il mio calcio e chi no») le parole dell’allenatore del Como . La sconfitta con l’Inter ha lasciato la sensazione di aver costruito qualcosa in più e di essere stata utile nel percorso

«Si è visto chi ha nella testa e nel sangue il mio calcio, e chi no». È certamente questa l’affermazione che ha colpito di più da parte di Cesc Fabregas dopo la partita di Milano con l’Inter. Una frase che forse il tecnico approfondirà o forse no, ma probabilmente basterà guardare il campo in queste prossime partite per capire.

Quello che si è comunque capito, vedendo il Como giocare a San Siro, è che la squadra ha fatto un altro passo avanti, in termini di solidità soprattutto.

E anche di duttilità tattica, perché la nuova soluzione con la difesa a tre, e con gli esterni impiegati a tutta fascia, è stata sì un’idea legata a qualche assenza ma è stata anche una risposta ai dubbi sulla presunta intoccabilità di un modulo che nei mesi scorsi aveva portato Fabregas anche a impiegare giocatori fuori ruolo pur di non spostarsi da alcuni cardini che parevano fissi.

A Milano non è stato così, e per molti aspetti è sicuramente andata bene, considerando la fatica che è stata necessaria all’Inter per vincere la partita.

Non che Fabregas sia stato del tutto felice di come sia andata, anzi ha detto chiaramente quanto gli sia scocciato aver avuto l’opportunità di ottenere un risultato positivo e non esserci riuscito.

«Non abbiamo rischiato il passaggio in più, non abbiamo avuto la personalità per farlo. Senza palla siamo stati fortissimi, con la palla dobbiamo fare molto meglio. Siamo riusciti a far abbassare l’Inter, avremmo dovuto metterli in difficoltà di più. C’era l’opportunità di fare degli uno contro uno e non l’abbiamo gestita benissimo».

L’ultimo passaggio, il gol, sono situazioni su cui il Como deve ancora lavorare, Fabregas stesso lo sa. Ed è molto positivo il fatto che non si accontenti dei complimenti di tutti, Inzaghi in primis, che pure in un contesto come quello della serata di San Siro sono già una enorme soddisfazione, ma voglia di più, «perché si poteva fare». E ha ragione.

Ci sono comunque stati degli elogi pubblici, a Da Cunha, a Fadera, a Strefezza, ma sicuramente non sono stati gli unici che a Fabregas sono piaciuti. Non si può dimenticare per esempio l’importanza del ritorno a centrocampo di Sergi Roberto, che è un perno fondamentale nel mezzo per far girare la squadra.

Né in generale, a parte i due episodi dei gol dovuti anche alle qualità individuali di chi ha segnato, un lavoro di solidità difensiva importante. Che già aveva avuto un prologo significativo contro la Roma. E Fabregas, anche prima di andare a San Siro, ha parlato molto chiaro su quanto si sia lavorato in questo senso nelle ultime settimane.

Certo, quando non si fa risultato non si può gioire. Ma se ci sono da fare dei confronti con altre sconfitte, anche quella di Napoli per pensare a un avversario forte e a una prova che fu molto elogiata, questa di Milano è probabilmente quella che più di tutte ha lasciato comunque la sensazione di aver costruito qualcosa in più, di essere stata utile nel percorso del Como. E forse lo testimonia anche quella frase, «si è visto chi ha nel sangue il mio calcio e chi no», come se qualcosa ora sia più chiaro nella testa del tecnico. Che infatti ha aggiunto «questa partita ci è servita».

E ha anche subito pensato al fatto che «per noi è fondamentale la prossima partita».

Perché la gara di lunedì con il Lecce può essere davvero a questo punto uno spartiacque. È l’ultimo scontro diretto del girone di andata, e il Como non ne ha ancora vinto nemmeno uno. Sbagliare non si può.

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