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Lunedì 14 Ottobre 2024
«Il mio lungo viaggio nella testa del Como. Ma finisce qui»
Robbioni, counselor in psicologia dello sport: «Il mio ciclo è terminato, resterò sempre amico della società. Quante storie»
La collaborazione tra Samuele Robbioni e il Como finisce qui. «Ogni ciclo ha un inizio e una fine, nella mia filosofia, e oggi questa storia si è compiuta», spiega sorridendo il mental coach che ha lavorato in passato anche per la Comense e la Pallacanestro Cantù. Il mondo dello sport comasco (e non solo) è innamorato di Robbioni per il suo approccio sempre positivo, coinvolgente, ricco di valori. Ed è stimato pure nel mondo del sociale, dove è impegnato (anche) in un progetto con i ragazzi autistici con i Padri Somaschi. Nel Como ha lavorato due volte, dal 2012 al 2017 e dal 2019 a oggi. E adesso è il momento di dargli la parola.
Robbioni se ne va?
Niente tristezze. Si è concluso un percorso molto bello, molto positivo, molto coinvolgente. Dalla D alla A, successi anche dal punto di vista umano.
Come era iniziato tutto?
Il primo a chiamarmi fu il Como di Porro nel 2012. Un’altra bella avventura, con la promozione in B. Poi arrivò il fallimento, resati in gestionedi curatela fallimentare a costo zero. Poi l’interruzione del rapporto. Il mio nome comparve anche nei ruoli di riferimento del gruppo che acquistò la società all’asta. Il Como di Nicastro. Ma poi rinunciai.
Poi?
Poi arrivò la chiamata di Ludi. E l’inizio di questa nuova avventura. Bellissima. Pensa un po’, lavoravo al Lugano, nel settore giovanile, ma dissi di sì. A Lugano non ci credevano, che lasciavo quel lavoro per una avventura che da lontano sembrava complicata, senza certezze. Invece...
I risultati li conosciamo, ma conosciamo meno il percorso fatto dalla società e dal gruppo squadra in tua compagnia.
Sono molto legato a Giancarlo Centi e a Charlie Ludi. Con due persone così abbiamo potuto costruire un Como ricco di valori dove l’uomo è sempre stato al centro del progetto. Per me Centi è “l’esempio”. Il suo motto, riguardo ai giovani, è: «Forse quattro o cinque diventeranno calciatori, ma tutti sicuramente diventeranno uomini».
E Ludi?
Ah... Io lo definisco “Il mio master personale”. Stando accanto a lui, è come aver fatto un corso universitario ulteriore. Con lui puoi parlare di tutto, potrebbe fare il manager di una azienda e ha una spiccata indole a trattare di psicologia e sociologia. Fateci caso, al di là delle scelte tecniche che certo non discuto (ma mi sembra che il Como non sia andato malaccio...), non ha sbagliato una scelta dal punto di vista umano. Ha coinvolto tutti giocatori di spessore umano, e questo è stato alla base del successo.
Davvero è un bel gruppo, come si dice? Alla fine, spesso c’è anche retorica: quando si vince, è normale dire che “c’è un bel gruppo”.
Io il gruppo lo giudico da fatti collaterali al calcio.Ad esempio: quando abbiamo chiesto la disponibilità di un giocatore per attività di carattere sociale, spesso si presentavano in cinque o sei spontaneamente. A volte anche tutti, come quando siamo andati a quelle visite in pediatria. Il gruppo storico, Solini, Bellemo, Iovine, Vignali, Gabrielloni, Facchin, Arrigoni e gli altri hanno creato una base che è servita come terreno per l’arrivo dei nuovi. Persone speciali.
Gli allenatori?
Il periodo più impegnativo è stato quello del Covid. Prima di ogni partita non si sapeva mai quanti giocatori sarebbero stati disponibili, subivamo la sindrome di accerchiamento. Ma avevamo coniato un motto: «Non siamo nè troppi nè troppo pochi, ma quelli che bastano per farcela». Era una maniera per caricarci. C’era Gattuso, ed è stato un viaggio importante perché Jack, gran brava persona, era contemporaneamente bandiera, giocatore, capitano, allenatore. E questo lo caricava di responsabilità. Quando è successo quello che è successo, gli consigliai di mollare. Si era caricato troppo di pressioni.
Longo.
Quando è arrivato eravamo nella m... La società, altro particolare non comune, lo ha atteso oltre ogni possibilità. Ma nel frattempo si era sfilacciato tutto, c’era una preparazione atletica da rifare. Longo è stato molto bravo a ricostruire. Era molto attento alla comunicazione interna, mi chiedeva sempre di aiutarlo a scegliere le parole giuste con i giocatori.
Fabregas.
Eh... Cesc ha la leadership naturale dentro di sè. Un predestinato. Sa come farsi seguire dai giocatori, comunica alla... spagnola. Molto diretto, ma coinvolgente, non dal pulpito. Scuote e non rimprovera. Fa divertire. Si era già visto ne pochi mesi alla Primavera. Cesc mi ha fatto un grande complimento: «Sam, tu riuscivi ad essere presente senza far pesare la tua presenza, stando un passo indietro. Non ti si vede mai, ma arrivi». Vero, io stavo in disparte, ma c’ero. A disposizione.
Aneddoti?
Mille. Legati alle persone, direi. Con Bellemo avevamo un modo di dire: «Noi sappiamo come si fa», ce lo dicevamo prima delle partite. Cerri è forte fuori quanto sensibile dentro. L’addio di Gatto è stato molto doloroso, ma abbiamo iniziato un percorso in cui lui si è impegnato tanto per trasformare questo in qualcosa che lo rendesse più forte. Mi faceva sorridere, perché ogni tanto mi chiedeva di ripetergli delle frasi che aveva sentito da me e se le segnava su un diario. A Cutrone ha fatto molto bene la paternità. Gli ha dato molto equilibrio.
Alla fine della storia come racconterebbe questa avventura nel Como, Robbioni?
Ce l’ ho. Molto significativa per me. Mio padre era una bandiera del Mozzate calcio. E quando è morto, il campo era stato dedicato a lui. Mi ricordo la targa che c’era sulla tribuna poi abbattuta. Quella targa ovviamente c’è ancora. Ricordo che con papà fantasticavamo sul futuro, sulla serie A...Quando ho visto lo stadio pieno a Como-Cosenza, così ricco di stranieri, ho ripensato a lui, e mi è sembrato che si fosse chiuso un cerchio. Molto emozionante per me.
Come saluta il Como?
Il Como sarà sempre dentro di me. Mi guardo indietro e vedo un lavoro importante dal punto di vista umano senza il quale non avremmo visto quella serenità in campo nei momenti decisivi. Proprio un bel panorama umano. Qualche volta verrò allo stadio. Grazie a tutti quelli che in squadra e in società hanno condiviso questi valori.
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