«Il miracolo di Sofia Goggia? Tutto nella sua testa»

Intervista: Le mani del dottor Andrea Panzeri, presidente della Commissione medica della Fisi e la sua equipe dietro l’ennesima rinascita sportiva

Le mani, delicatissime, sono sempre quelle. Tutte comasche. Del dottor Andrea Panzeri, presidente della Commissione medica della Fisi. Ci sono ancora lui e tutta l’equipe dietro l’ennesima rinascita sportiva di Sofia Goggia, tornata a gareggiare a Beaver Creek, dove ha rimediato un argento in libera e l’oro in superG di Coppa del Mondo.

Doc, sorpreso?

Affatto

Affatto no o affatto sì?

Affatto no, ovviamente.

Perché?

Perché con Sofia di mezzo non c’è da stupirsi di nulla. Stiamo parlando di una fuoriclasse, non solo sugli sci.

In che senso?

Che, grazie alle stimmate della campionessa, ha raggiunto una maturità e una sicurezza tali da sapere ascoltare le proprie sensazioni. Un feeling testa-corpo che non ha eguali. E fa la differenza.

In che modo?

Ormai abbiamo capito che, quando si sente di star bene, è arrivato il momento giusto. Anche noi, a proposito di ascoltare, abbiamo imparato ad ascoltarla e di conseguenza assecondarla. Stavolta ci ha regalato l’ennesimo grande rientro e con poco allenamento nelle gambe.

Un rientro quasi chiamato a gran voce da lei stessa...

Vero. C’erano incertezze sulla reazione all’impatto con la placca sulla tibia dopo l’infortunio in allenamento a Ponte di Legno. La situazione era borderline, ma con i tempi rispettati. Come sempre, hanno fatto la differenza le sue sensazioni.

Come?

A settembre, primo impatto con gli sci, ci ha detto: “Non riesco a sciare, lo scarpone batte sulla piastra e mi dà un fastidio pazzesco. Piuttosto perdiamo un po’ di tempo nel recupero, ma togliamo la piastra ora”. E così è stato.

Ancora una volta ha avuto ragione...

Ovviamente, tutte le condizioni mediche, dopo tac ed esami approfonditi, permettevano l’intervento. Che abbiamo fatto.

Abbiamo? Pluralis maiestatis?

Assolutamente no. Quando si pensa a Sofia ormai si ragiona solo in termini di equipe. Io, il dottor Herbert Schoenhuber, il dottor Riccardo Accetta, l’anestesista di fiducia, il fisioterapista, il preparatore atletico e l’allenatore. Un gruppo, insomma.

Con l’azzurra al centro di tutto?

Lei ha capacità e doti innate.

Atleta da frenare, nel senso che tende sempre ad accorciare i tempi?

Atleta matura. Che quando sente di poter sciare, scia. Si conosce. Si ascolta. Ci ascolta. La ascoltiamo.

Una sorta di donna bionica, anche in considerazione degli interventi subiti. A che quota siamo arrivati? Lei doc lo sa?

Tra metti e togli, innesta e rimuovi direi oltre una decina.

Avrebbero abbattuto anche un cavallo...

Non lei. Fuoriclasse di razza.

L’ennesimo recupero a tempi record era stato messo in preventivo?

Per tutto quello che ci siamo detti, per nulla. A parità di infortunio, con lo stesso tipo di frattura, direi che ci sarebbe stato da pensare a qualche mese in più per il recupero. Ma lei è Sofia Goggia. Le terapie conservative durano quel che durano.

Che tipo di rischi si è e vi siete presi?

Ribadito il concetto che anche dal punto di vista clinico e sanitario tutto quel che è stato fatto era in linea con protocolli ed esiti delle valutazioni fatte, qualche rischio c’è sempre. Ovvio. Diciamo, però, calcolato.

E Sofia, pronti via, ha sfiorato la doppietta.

Le bastano poche ore di sci per trovare la forma. Anche questo fa la differenza fra una campionessa e una buona sciatrice.

La proiezione Milano/Cortina, e cioè Olimpiadi di casa del 2026, potrebbe anche solo inconsciamente limitarla un po’.

Sofia ha la voglia, quasi l’esigenza, di non vivere più gli infortuni e guardare al futuro con relativa tranquillità. State sicuri che, a partire da St. Moritz nel prossimo weekend, non correrà mai con il freno a mano tirato.

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