In viaggio con il Como: San Siro e la magia delle trasferte

Guardando la balconata del terzo anello di San Siro piena di tifosi c’è chi si è commosso

Nicola Nenci

C’è chi si è commosso. Guardando la balconata del terzo anello di San Siro piena di tifosi del Como. Con una sciarpata che arrivava da parte a parte, una mobilitazione mai vista. Con momenti da brividi: come l’ingresso in campo della squadra al riscaldamento, in un San Siro ancora vuoto, accolta da un applauso corale, significativo, affettuoso, dirompente che rimbombava in tutti i settori. La trasferta di San Siro è stata definita storica da più d’uno. Anche a spulciare le vecchie cronache, si fa fatica a trovare una partecipazione così massiccia in trasferta al seguito del Como. Si calcola che ci fossero più di 5000 tifosi azzurri (un addetto di San Siro ci ha detto che secondo lui erano molti di più, per le presenze sparse in altri settori, ma non è il caso di usare il bilancino) sugli spalti: mai così.

Gli storici sostengono che possa essere la trasferta più numerosa della storia dopo quella di Bergamo, lo spareggio per la promozione in B tra Como e Monza nel 1967, quando si mossero in diecimila. Classifiche a parte, una serata che rimarrà impressa indelebile. E per non correre dietro a numeri che rischiano di essere fasulli o di classifiche che lasciano il tempo che trovano e che spesso sono basate su ricordi personali o su leggende metropolitane, abbiamo deciso di santificare la festa sentendo qualcuno che di trasferte se ne intende, che ha partecipato a tanti viaggi azzurri e che può fare paragoni. Ad esempio Massimo Fusi, che è stato per anni il presidente del Centro Coordinamento, ai tempi del Como in A Anni Ottanta, oggi al Club di Albavilla, e che di esodi se ne intende: «Mi sono emozionato. Credo che quello che abbiamo visto a San Siro sia stata una cosa speciale. Tanti tifosi così in trasferta faccio fatica a ricordarmeli». Scava scava nella memoria, Fusi può fare dei paragoni: «Le due trasferte in campionato forse più numerose a cui ho partecipato, anzi posso dire di aver contribuito a organizzare, sono state un Torino-Como e un Verona-Como del 1988. La seconda fu la prima volta che organizzammo un treno speciale, sul quale salì anche l’allora sindaco Sergio Simone. Ma in generale ci si muoveva in meno persone, tanto è vero che se parlate con vecchi tifosi molti ricordano leggendarie trasferte in... pochi. Tipo un Cavese-Como credo in 50. Adesso la solfa è cambiata».

Confronto

Perché? «Mille fattori. Quello decisivo sono i telefonini. Ai miei tempi per tastare il polso su chi sarebbe venuto in trasferta o solo per convincere più gente possibile, dovevi aspettare le riunioni in settimana o fare il passa parola in curva. Adesso con i messaggi via telefono in un secondo riesci a coagulare la gente. E pensate che noi eravamo facilitati dalle partite sempre alla domenica alla stessa ora, mentre oggi non si sa mai quando si gioca». Infine un messaggio alla società: «Sono stati bravi anche loro, però. Io quando vedo tutti con la sciarpa al collo, dico che è stato fatto un grande lavoro. Ai miei tempi la gente dovevi convincerla a indossare una sciarpa. E quando ho visto la sciarpata all’inizio di Como-Venezia sulle note di De Sfroos, non ci volevo credere. Mai visto».

Testimone

Altro testimone, un tifoso molto noto come il Prof Giuseppe Bresciani (chiamato così per la sua grande cultura oltre che per la sua attività di imprenditore divulgatore in campo dei medicinali), che va allo stadio da 60 anni esatti, da Como-Fanfulla 5-1 del 1965. Lui a quel Como-Monza a Bergamo c’era: «Ero un bambino, ma ho dei ricordi indelebili. Il Como aveva perso la promozione all’ultimo minuto grazie a un gol del Monza su un altro campo. La reazione rabbiosa fu di invadere Bergamo per lo spareggio. Saremmo stati in diecimila, un po’ tutti mischiati. Alla fine volò qualche schiaffone, roba spontanea, non certo organizzata. Ma non c’era l’usanza di portare sciarpe, c’era qualche bandiera. Io viaggiavo sempre con il Bar Carletto, i tifosi meno agitati, con sede al chiosco di fronte al tribunale. Una volta a Genova ci fracassarono il pullman. Ma si solito erano viaggi tranquilli. A Milano è stato molto bello, segno della passione che circonda la squadra e che apre a una storia nuova». Fatta di passione, colori e viaggi molto affollati. Ma molto.

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