La top 11 di Fabregas: «Casillas, Messi e... Gabrielloni»

Serata Nella conviviale del Panathlon di Como dell’altra sera al Palace Hotel, dedicata al Como 1907, Cesc si è divertito con il suo passato

A volte costruiamo personaggi e icone attorno a un semplice particolare, inventando abiti caratteriali su misura. E, purtroppo, scadendo nella retorica. Il caso di Cesc Fabregas, però, è diverso. Nella conviviale del Panathlon di Como dell’altra sera al Palace Hotel, dedicata al Como 1907, seduto accanto al presidente del sodalizio Edoardo Ceriani e al dg azzurro Charlie Ludi, si è rivelato un’altra volta per quello che è: una persona di una splendida umiltà, semplice, pulita.

E che, per queste caratteristiche umane, ha conquistato tutti, nello spogliatoio del Como, tra i giovani che allena, in società. Non è retorica. E, anche, ha conquistato la platea dell’altra sera, stimolato dal giornalista di Sky Sport Marco Demicheli che ha condotto la serata.

Giacca nera elegante, ma scarpe da ginnastica a sottolineare la sua essenza “terra terra”, Cesc ha raccontato se stesso nella sua avventura comasca. E ha stupito tutti (quelli che non lo conoscono) quando, alla domanda su quale fosse stato il momento più importante della sua annata in azzurro, l’ultima della carriera di una calciatore che ha vinto tutto (a proprio tutto) in Europa e nel mondo, ha risposto: «Più che il fischio finale di Cittadella-Como, la mia ultima partita, mi è rimasto il rapporto con lo spogliatoio, la maniera in cui i compagni mi hanno accolto. Per questo devo dire grazie a questi ragazzi, da loro ho imparato qualcosa».

Divertenti sono stati i passaggi, in duetto con Ludi, in cui ha raccontato la decisione di venire a Como: «Il mio procuratore Darren Dein aveva appena chiuso la trattativa per potare Binks a Como e mi parlò di questa ipotesi. Non conoscevo molto di Como, ma conoscevo Dennis Wise. E mi conquistò il suo progetto».

Ludi ha riso: «Quando Darren me ne parlò, pensavo di non aver capito bene. Cosa mi stava dicendo? Ogni volta che mi preparavo a parlarci, mi dicevo: ma come potrà mai ascoltarmi? Ma un paio di particolari mi avevano colpito: nella call con Wise, alla fine aveva ringraziato Dennis per il tempo che gli aveva dedicato, e lì ho capito la sua essenza. E poi la decisione di prendere una aereo apposta, andata e ritorno, per venire a parlare con noi. Mi trovai di fronte un ragazzo umile, piacevole. E quando venne la prima volta nel mio ufficio, ricordo che procurai delle piantine per renderlo più accogliente...», (ha detto ridendo di gusto, ndr).

«Io -riattacca Cesc - sono qui perché ho visto nel progetto un calcio pulito. Ho visto in passato cose che non mi sono piaciute, persone che non mi sono piaciute. Ma qui si parla di calcio, con una idea ricca di valori anche per il territorio. Quello che cercavo. Quando sono arrivato, certo non mi aspettavo tutti quei tifosi ad attendermi allo stadio».

Ha parlato della sua avventura da allenatore. «Mi sono sentito subito comodo in panchina, come se facessi questo mestiere da dieci anni. Sì, credo che questa sia la mia strada e lo penso da tempo. La prima sensazione positiva è stata vedere i ragazzi della Primavera seguirmi, mettersi a disposizione totalmente. Questo è molto bello. Se sogno di allenare il Como prima squadra? Ognuno pensa di migliorare, un giorno sarebbe bello. Ma adesso c’è un allenatore che sta facendo un grande lavoro. Io sono qui a disposizione della società per quello di cui ha bisogno. Adesso sono focalizzato sul mio compito con i giovani».

Il momento più divertente è stato quando Demicheli gli ha chiesto di fare la top 11 della sua carriera, fatta da giocatori con cui ha giocato. Uno spasso, condito di battute e risate: «Come giocherei? Io sono uno offensivo... Va bene 1-10? (risata della platea, ndr). Va beh, diciamo 3-4-3. In porta Casillas; in difesa Puyol, uno che sin da bambino voleva fare il difensore, Terry, uno leader maximo, e il mio amico Piquet; play Xavi, uno che mostro sempre nei filmati ai miei giocatori, ogni suo movimento è una lezione di calcio; ai suoi lati Viera e Iniesta; dietro le punte Messi, la persona più incredibile che ho visto giocare, anche se qui in sala ci sarà di sicuro qualcuno che ha visto Maradona. Punte? Thierry Henry, che mi ha fatto vincere tante partite, Hazard, che ha un talento cristallino con cui avrebbe potuto vincere più volte il Pallone d’Oro, e il terzo... Il terzo non mi viene...».

Dalla platea si è alzata una voce: «Gabrielloni!». E Fabregas: «Ma sì, dai... Ci metto Gabri, se lo merita». Questa Gabrielloni se la segna. Sicuro!

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