Mister Gattuso, bentornato: «Macché depresso, sono pronto a rientrare. E voglio rimettermi in gioco»

Calcio Como L’ex allenatore degli azzurri: «Sto bene da mesi. Il Como con me è stato molto corretto, anche di più. Che dispiacere lasciare una creatura che sentivo mia. E ora che fare? Valuterò le proposte e poi deciderò»

«Sono guarito, sto bene: non vedo l’ora di rimettermi in gioco». Giacomo Gattuso lancia un messaggio forte e chiaro, a otto mesi dal malanno fisico che lo ha messo fuori gioco. La crisi da troppo lavoro che lo ha fatto scendere dal treno che amava di più, sul più bello. L’incontro è al Lario’s, a due passi da casa sua, un angolo di Formentera alla periferia di Como. Fisicamente in forma, magro e tirato come sempre, un sorriso convincente per urlare al mondo che tutto è passato, che le giornate a letto per via di una stanchezza fuori portata, diventata malattia, sono ormai un ricordo. Una chiacchierata di un’ora per spiegare, raccontare e raccontarsi. E mettere una pietra sopra a una vicenda amara, con la voglia di girare pagina.

Buongiorno Jack: sono passati otto mesi da quella forma di stanchezza, poi rivelatasi patologia, che le ha tolto la panchina del Como.

Innanzitutto voglio dire che sono qui, che sto bene, ormai da mesi, che ho ricominciato a studiare calcio e che non vedo l’ora di rimettermi in gioco. Ho voglia di tornare a lavorare.

Oggi possiamo finalmente definire il malanno che l’ha colta?

Sì: è stato un attacco di stanchezza determinato da troppo lavoro. E non mi sorprende che sia successo: in effetti ero andato fuori giri, pensavo al calcio 18 ore al giorno, in più il fatto di vivere una avventura nella squadra della mia città e del mio cuore mi aveva portato a esagerare.

Se ne sono sentite di tutti i colori.

Infatti. E voglio fare chiarezza. A parte le voci che erano circolate in quei giorni, e che parlavano di tumori o di una leucemia (e per fortuna non c’era nulla di tutto ciò), qualcuno ha parlato anche di depressione o esaurimento nervoso. Beh, ripeto: nulla di tutto questo. Era un sovraffaticamento mentale, curato con il riposo. Nessun farmaco. Diciamo che è stato un episodio che mi ha insegnato qualcosa sui miei limiti.

Riavvolgiamo il nastro. Spezia-Como di agosto, Coppa Italia.

In ritiro avevo sentito una strana stanchezza, mi ero sentito proprio a terra. Ma non ci avevo dato peso. La settimana successiva, però, quella che portava a Como-Cagliari, era stato un calvario: tornavo dall’allenamento e mi infilavo a letto. Senza energie.

Cosa aveva pensato?

Cercavo di gestire la situazione, un po’ ti preoccupi. Pensavo di essere stanco. A fine partita mi ricordo che ero cotto. Dissi, in sala stampa: fatemi poche domande perché non ce la faccio a rispondere. Poi a letto. E... non mi sono più rialzato.

Quando la diagnosi?

Dopo tre giorni in quello stato, il dottor Giughello è stato bravo a indirizzarmi da uno specialista. Che ha detto: qui c’è un sovraccarico di attività, di stanchezza. Deve staccare. Se stacca, tutto rientra nella normalità. Se va avanti, diventa rischioso. Ho deciso di fermarmi. Ho fatto bene. È stata l’unica visita, e in una quarantina di giorni le cose sono rientrate.

Intanto però lei aveva perso il Como...

La società con me è stata splendida. Mi ha aspettato fino a quando ha potuto. Fosse arrivato qualche risultato, avrebbe potuto aspettarmi di più. Ma dopo un certo trend, non poteva più aspettare. Ha continuato ad essermi vicina anche dopo. Ringrazio tutti, dirigenza, squadra, staff.

Ok, ma come mai una squadra fatta di giocatori moralmente affidabili, senza allenatore ha perso la bussola?

Mah, ci sono da dire un paio di cose. La prima, che era un momento delicato, quello dell’amalgama tra vecchi e nuovi, e ci stava qualche inciampo. E poi direi che solo con il Frosinone (e dico il Frosinone...) era mancata la prestazione. Contro Pisa, Brescia, Sud Tirol, Spal erano arrivati due pari nel finale e due gare perse in dieci uomini. Poteva andare diversamente.

Dopo un grande Como-Cagliari...

Giriamo il coltello nella piaga (sorride della sua battuta, ndr)? Era stata una partita molto bella, avevamo giocato bene, raggiunti al 94’ da un eurogol. Lasciare quella squadra è stato duro.

Appunto: al di là della debacle fisica, quanto è stato difficile vedersi sfilare un sogno dalle mani?

Non è stata una passeggiata. Sono stati due anni clamorosi. La vittoria in C e la salvezza in B, sono stati due campionati che hanno avuto anche il risultato di riavvicinare la gente al Como, di riportare tanti giovani allo stadio, e per me che sono tifoso del Como sono stati risultati bellissimi. Scendere così, all’improvviso, non per demeriti propri, è stato brutto.

E adesso?

Adesso sono pronto per ripartire, a rimettermi in gioco. Voglio riprendere la mia vita.

Facendo cosa? Il Como probabilmente farà un’offerta di lavoro, almeno così ci immaginiamo, ma difficilmente ci sarà un posto da primo allenatore...

Devo fare una premessa. Quando ho preso in mano la prima squadra mi ero detto che la storia con il Como, visto il mio ruolo, prima o poi sarebbe stata a rischio. Da primo allenatore, quanto resiste uno? Tre, quattro, cinque anni? La verità è che la promozione in B, le due stagioni da allenatore, hanno cambiato la mia vita, hanno cambiato qualcosa dentro di me. Se prima dicevo: non voglio essere giudicato per un palo-fuori o un palo-gol, adesso dico che sì, ho dimostrato di saperci fare, dunque la voglia di riprovarci, di mettersi alla prova è forte. Però...

Però?

Però parlo al buio. Prima dovrò vedere eventuali offerte. Sono sincero, credo eventualmente di essermi meritato un’altra chance di livello, non accetterei una panchina per il gusto si allenare. D’altro canto ci siederemo al tavolo con il Como e vedremo se ci sarà qualcosa di cui parlare. Quando avrò tutto ben chiaro allora prenderò una decisione. Qualsiasi cosa farò, però, ho voglia di farlo, di rimettermi in gioco, di lavorare nel calcio.

Come vede il Como?

Lo vedo in serie A tra non molto. Poi i tempi li detteranno aspetti anche accessori ma fondamentali come lo stadio. Ma avendo lavorato con questa società, posso dire che andrà in serie A. Non è una questione di soldi, ma di approccio, di professionalità.

Che differenze vede tra il suo campionato di B e quello di quest’anno?

Mi sembra che in generale lo scorso anno c’erano più squadre che giocavano bene, si vedeva più spettacolo. Adesso vedo più partite sporche, tirate. Quest’anno c’è più equilibrio.

Verrà allo stadio?

Ne avrei voglia, ma non è ancora il momento. Non voglio essere nè ingombrante nè una distrazione. Ho parlato solo adesso perché ho aspettato che la situazione fosse serena attorno alla squadra. Non devo essere un elemento di disturbo. Sono tifoso del Como e di questa società.

Lei ha passato l’esame di Coverciano da... convalescente.

È stata dura. Devo ringraziare la mia famiglia, mia moglie che mi ha accompagnato. Non lo volevo fare, non stavo bene. Ma è andato tutto bene. L’inizio della rinascita.

Messaggio di chiusura?

Grazie a tutti per l’appoggio a distanza. Quanti messaggi ho ricevuto...

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