«Nico sta bene qui», un giorno con la famiglia Paz

Alla scoperta degli affetti e delle abitudini dell’argentino del Como

Quando si dice: l’importanza della famiglia. La famiglia di Nico Paz. Una squadra unita, felice e schierata al sostegno del talento spagnolo dal sangue argentino. Non capita spesso di vedere un intero nucleo familiare traslocare armi e bagagli da una nazione all’altra (in questo caso dalla Spagna all’Italia, da Tenerife a Como) per supportare il figliolo, da una parte in età certo ancora molto giovane (20 anni), ma dall’altra in un mondo (quello del calcio) dove a quell’età spesso si saluta e si va, senza tanto guardarsi indietro.

Invece quello che trasmette la famiglia Paz è un sentimento di unione, condivisione, supporto, equilibrio, gioia, sostegno, focalizzazione, logica, e potremmo andare avanti per mezzora a elencare valori. Il papà si chiama Pablo, è argentino, ex calciatore, difensore, trasferitosi in Spagna nel 1996, quando è andato a giocare nel Real Valladolid. Tra le sue squadre anche il Tenerife, dove ha conosciuto quella che sarebbe diventata sua moglie, Carla, che avrebbe sposato e con ci avrebbe poi messo al mondo tre figli: Nico (20 anni), Martina (18) e Chloe (10). Nico è nato a Tenerife, è spagnolo in tutto e per tutto tranne che nel calcio. Dove ha subito scelto la Nazionale argentina. Papà Paz per tre anni ha giocato nella Nazionale, con la quale ha disputato i Mondiali di Francia del 1998.

Quando è arrivata la chiamata del Como, ecco la decisione di trasferirsi tutti qui. Ad Appiano Gentile, per la precisione. Li abbiamo incontrati per farci raccontare la loro storia: «Sì, quando è arrivata l’opportunità del Como – racconta la mamma -, ci è venuto in mente subito di seguirlo. Nico è stato d’accordo, anche se temeva solo per la sorella più piccola, pensava che per lei il trasferimento avrebbe potuto essere un problema, così piccola. Invece lei è stata tosta: ha subito interpretato questa novità come una opportunità. I cambio di scuola non è stato un trauma, parla meglio l’italiano di tutti noi, e fa pattinaggio su ghiaccio (nella società Asga di Casate, ndr)». E infatti la ragazzina, lì accanto, sorride furba: «Faccio da traduttrirce». «Così – riprende la mamma – è stato naturale trasferirci. Mio marito (che lavora nel calcio, come procuratore, anche del figlio, ndr) può lavorare da qui e anche io posso farlo in smart working. Mentre la nostra figlia più grande ha preso un anno sabbatico dallo studio ed è in Sri Lanka a per un progetto di volontariato. Poi farà l’università, penso nel campo della comunicazione». Papà Pablo racconta perché lui e Nico hanno scelto Como: «C’erano almeno altre quattro alternative, tra cui la Fiorentina e lo Stoccarda. Ma il progetto del Como ci è piaciuto molto, e poi certo Fabregas ha avuto un peso importante perché ha parlato con noi, ci ha spiegato che Nico avrebbe avuto chance di giocare come piace a lui. Parlare con Cesc è stato importante».

E allora non può mancare la domanda: potrà restare qui ancora? «Io credo che se chiedete a Nico cosa vorrebbe fare, lui vorrebbe stare senza dubbio un altro anno qui, perché si trova benissimo, è felice, e con Fabregas è come essere a un master universitario. Gli piace tutto qui, la squadra, il gruppo, la gente. Anche io sarei d’accordo. Poi, certo, ci sono in ballo interessi superiori. Ma un altro anno qui sarebbe ok». Si inserisce la mamma: «Un posto speciale. E’ molto amato, ma anche molto rispettato. Può andare in giro senza particolari pressioni. Anche se gli capita di stare minuti e minuti a firmare autografi, ma la gente non è invadente, è molto rispettosa. Pensate che ha comprato un cane, un golden retriver e lo ha chiamato “Como”, per farvi capire il rapporto con questo luogo».

Pablo torna sul calcio: «Ci ha colpito la passione che c’è allo stadio. Italiani e argentini sono molto simili nella maniera di vivere il calcio, in Spagna sono meno fanatici, ma qui c’è passione e cuore come in Argentina. Lo stadio è caldo, appassionato. Bello». E sul campo? Nelle ultime partite Nico è sembrato toccare meno palloni… «Dipende da come gioca la squadra, con il centrocampo a tre deve interpretare diversamente il suo ruolo, forse tocca meno palloni, ma è tutta una scuola. Fabregas lo sta valorizzando molto». Perché Appiano e non Como? «Mah, per caso. Abbiamo visto diverse case in tutto il circondario, abbiamo trovato una bella soluzione lì. Ci vengono a trovare tanti amici dalla Spagna, abbiamo persino festeggiato il Natale qui, invece che tornare noi in Spagna». E la famosa fotografia della cena con Zanetti che ha fatto già scrivere “Paz all’Inter”? «Ma no, io e Xavjer siamo molto amici, eravamo compagni di camera in Nazionale, figuratevi. Un ritrovo tra amici, ogni tanto ci vediamo>. A proposito di Nazionale: come è stato il debutto di Nico? «Calcolate che Nico in camera ha sempre avuto il poster in camera di Messi. Il suo idolo. Potete immaginare cosa abbia significato per lui giocarci assieme, servigli una assist e sentire parole di elogio da Lionel. Prima del debutto, dalla tensione non parlava più in casa… (ride, ndr)».

In realtà c’è un’altra foto significativa che qualcuno ha visto sul web: a Madrid, per un gol allo stadio di Nico, la mamma (alla quel è dedicato il numero 79, l’anno di nascita) e la figlia più piccola che si abbracciano in lacrime. «Siamo una famiglia unita, e Nico è contento di abitare ancora con noi. Ci sarà tempo per avere i suoi spazi. La famiglia per lui è molto importante. Abitiamo tutti e quattro insieme. Come lo sport: ha sempre dimostrato talento in qualsiasi sport si sia cimentato come il padel o il golf. Ma poi ha scelto il calcio». E per fortuna, verrebbe da dire…

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