Pub, birra e cori. Il tifo inglese cala al Sinigaglia

Calcio Sabato due gruppi differenti allo stadio per seguire la partita del Como contro il Pisa

«1, 2, 3... COMO; 1, 2, 3... COMO»: il piccolo boato arriva sin sulla strada dall’Ostello Bello, locale di ritrovo giovanile a due passi dallo stadio. Ma a cantarlo, non sono i soliti tifosi azzurri. Sono i ragazzi dell’Uk Fans Como, inglesi, arrivati da Derby per assistere a Como-Pisa. E qualche centinaio di metri più in là, zona viale Geno, si risente «1, 2, 3... COMO», e anche stavolta il nome Como sembra pronunciato dal comico Montesano quando impersonificava la romantica anziana donna inglese che diceva “molto pitoreusco”. Perché sono inglesi anche loro, i ragazzi (i tifosi sono sempre ragazzi, anche se navigano negli “anta”) dei Kacs, che da 20 anni vengono almeno una volta all’anno dall’Isola di Wight. È sabato sera, ed è evidente che non si tratta di un weekend come gli altri.

Weekend

Che succede? Succede che i due gruppi più noti di tifosi britannici del Como hanno scelto lo stesso weekend per seguire la partita al Sinigaglia. Sino a qualche tempo fa era una semplice curiosità. Adesso le dimensioni della cosa cambiano. Perché se lo scorso anno gli Uk Como Fans (con tanto di striscione dedicato alla partita Como-Pisa) erano in otto, stavolta sono raddoppiati, come i pani e i pesci: sono arrivati in sedici. I numeri raccontano che questa vicenda si annoda in qualche maniera alla narrazione della società che punta alla multietnicità allo stadio, con stranieri che spuntano da ogni dove (qualcuno sembra pure inventato...) , vestiti in ogni maniera, dal kilt di sabato scorso (i Tartan Army), agli indiani di qualche partita fa con il turbante, agli americani eleganti che poi hanno bevuto a birra con Gioacchini.

I ragazzi che erano all’Ostello Bello dicono: «Uno di noi è venuto qui in vacanza 12 anni fa ed essendo appassionato di calcio, aveva scoperto la storia del Como incastonata in un posto così bello. Nulla di più. Ma poi è arrivato Fabregas, quindi Cutrone, Mola trasmette le sue partite in modo molto più economico rispetto ad altre piattaforme, e allora una cosa tira l’altra e ci siamo ritrovati ad appassionarci al Como. Noi, tifosi del Derby County. Ma la sorpresa è stata quando siamo arrivati qui. Siamo andati allo stadio, a Como-Cosenza l’anno scorso, e abbiamo scoperto una realtà che si avvicinava a quella inglese di parecchi anni fa. Da noi ora il tifo è discontinuo, alcuni stadi sembrano più dei teatri, i biglietti costano cari. Invece qui è tutto come una volta, cori incessanti tutta la partita, una cosa popolare. Torneremo».

I Kacs invece vengono dall’Isola di Wight. La storia è nota, ma la ripetiamo: vennero 20 anni fa per vedere una partita a San Siro. Biglietti esauriti, ma l’albergatore disse loro che, se si accontentavano, anche Como aveva una squadra in serie A (era il 2002/03). Loro andarono al Sinigaglia e si innamorarono. Tornano ogni anno, non importa che sia serie D, C o B. Birra, brindisi e cori si sono inseguiti per tutto il weekend, come al Civico XV zona Caserme dove c’è stata una festa che ha unito la festa di San Patrizio e il Como. Prosit.

Altro

Poi c’è l’altra questione. Diversa. Quella degli stranieri che vengono a vedere il Como, ciliegina sulla torta di una visita alla nostra città. Alcuni di loro passeggiano in tribuna con maglie di squadre lontane, Borussia Dortmund, Young Boys, Dinamo Mosca, Galatasaray e chi più ne ha più ne metta. La società gongola e si frega le mani, felice (giustamente) del suo alto messaggio di inclusione. Ma al tifoso affezionato tutto questo cucuzzaro di colori non è che piaccia granché, anzi gli sta un po’ sulle scatole. In curva come in tribuna. In curva ci pensano i ragazzi del tifo a ricordare che in quel settore si va, al limite, solo con maglie del Como.

Gli altri si sono dovuti togliere vessilli e gingilli. In tribuna pare più una promenade da shopping, ma è pur sempre calcio: e anche a quelle latitudini preferirebbero solo maglie del Como.

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