Questo Como costruisce tanto. Ora però deve buttarla dentro

Calcio Anche a Torino gli azzurri strappano applausi, non punti. Purtroppo la serie A non è un concorso di bellezza. Ci sono pure i numeri

È una questione delicata. Analizzare quello che sta succedendo al Como è un cammino in bilico, tra gli elogi che giustamente la squadra di Fabregas si prende con regolarità e quello che invece dicono poi i risultati.

Purtroppo però la serie A non è un concorso di bellezza, è un campionato con dei numeri. E con degli avversari che non si perdono in complimenti, ma si prendono quello che possono prendersi. Il celeberrimo modo di dire, che «ogni minimo errore in A può costare caro», il Como se l’è trovato concretizzato di fronte a Torino in maniera eclatante, ma non è forse nemmeno stata l’unica volta.

La risposta

Cesc Fabregas ha le sue ragioni quando dice che il calcio è spesso ingiusto, ma pochi come lui conoscono bene le dinamiche di questo gioco. Non si diventa campioni solo per colpi di fortuna, non si vincono titoli solo perché l’avversario fa un errore. Che poi sia corretto dire che solo in un’occasione, contro la Juve, il Como sia stato decisamente dominato dall’avversario è vero, verissimo. Ma di fianco ai numeri questa postilla non c’è, e se ci fosse non peserebbe comunque nulla.

Anzi, a questo punto la riflessione da fare è proprio questa. Perché il Como non riesce a ottenere quello che sul campo invece dimostra di poter raggiungere, visto che correttamente Fabregas lo ha sottolineato. E la risposta deve trovarla proprio lui, insieme alla sua squadra.

Intanto, è vera una cosa: che il Como a Torino per esempio ha dimostrato di aver corretto qualche difetto. Abbiamo visto una squadra che nel finale è stata intensissima, che nel secondo tempo, pur con meno possesso palla rispetto alla prima parte, è stata più pericolosa. Paradossalmente proprio nella fase in cui ha preso il gol.

E questo è un ottimo progresso rispetto a qualche partita in cui invece proprio nell’ultima parte il Como ha rischiato di più. Poi, più in generale, ancora una volta si è vista una squadra coraggiosa, sicura nel tenere il campo, qualità apprezzata già anche in casa di avversari ben più pericolosi, come il Napoli, per non parlare dell’Atalanta. In questo tanto di cappello, indubbiamente.

L’errore

Ma sarebbe riduttivo ridurre questa sconfitta al solo errore di Braunoder. E non solo per non mettere in croce un giocatore che non se lo merita - parliamoci chiaro, è un errore che vale tanto quanto quello di Cutrone dal dischetto nel finale a Udine, esattamente lo stesso peso in classifica, sono cose che possono capitare -, ma perché poi, alla resa dei conti, il Como il gol, o i gol, che poteva fare non li ha fatti. E qui non c’è di mezzo nessuno. Undici reti segnate in nove partite non sono necessariamente poche, c’è chi sta più in alto e ne ha segnati di meno, ma forse anche su questo dato ci si deve concentrare. Specie pensando proprio al tipo di gioco del Como, aggressivo, coraggioso, e anche alle qualità dei suoi giocatori offensivi. È lecito aspettarsi di più.

Nessuno mette in dubbio le idee di Fabregas, figuriamoci. Sta regalando ai tifosi del Como il più bel calcio visto qui da tempo immemorabile. Ma ragionando più terra a terra, come noi che guardiamo da fuori, a Torino per esempio un attaccante delle qualità di Cutrone non ha mai - mai in novanta minuti - calciato verso la porta. Si costruisce tanto, si concretizza poco. In nome di un bel calcio, certo, ma un po’ più di “ignoranza” a volte forse servirebbe. Quella che a volte gli altri usano.

I cambi

Si può poi dissertare sui cambi, che spesso agli avversari risultano più utili di quanto invece sia per il Como. Anche se è comprensibile il ragionamento che fa Fabregas, quando le cose funzionano toccare il meccanismo può essere rischioso. Ma anche a Torino abbiamo visto giocatori entrare bene in partita dalla panchina, forse però un po’ troppo tardi.

La controprova comunque non c’è. Resta, fortunatamente, l’immagine di un bel Como, ed è meglio perdere sapendo di non meritarlo piuttosto che avere la consapevolezza di essere inferiori. Il Como invece non si dimostra inferiore a nessuno, e non lo è. Questo infonde tranquillità per il futuro, assolutamente. Ma per essere ancora più sereni, mettiamoci anche qualche punto in più.

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