Rampoldi, lo scopritore di talenti

Personaggi Per 13 anni nel Como accanto a Favini, Rustignoli, Tosetti, portando a Orsenigo ragazzini con i piedi fatati. E poi per 27 anni al Milan

La strada si arrampica su su, con i tornanti, sino al centro di Cremia, incastrata tra i mondi sopra il lago. Dentro l’appartamento della sua oreficeria, seduto su una sedia in terrazzo, c’è lui: Luigi Rampoldi. Il mago dei giovani. Guarda l’orizzonte lontano, in questa oasi di pace. E ripensa ai viaggi, ai campi, alle partite e ai talenti che ha scoperto in trentacinque anni di “carriera”. E sembra quasi un mistero che uno possa partire da qui, da questo nodo scorsoio di strade, per scoprire giovani giocatori su e giù per lo stivale. Ne ha scovati a decine. Per 13 anni, lavorando accanto a Favini, Rustignoli, Tosetti, portando a Orsenigo ragazzini poco più che bambini con i piedi fatati.

E poi per 27 anni al Milan, con l’amico Mauro Bianchessi. campi, tornei, partitelle... L’occhio rapace, il fiuto, le antenne, chissà cos’altro. Arrivava sempre prima lui. Ma come si fa? Fosse così facile, lo farebbero tutti. Sarà poi così difficile vedere che un ragazzino gioca bene? Evidentemente sì. Qual è il segreto? «L’amore e la passione. Tutto qui. Devi innamorarti di quello che vedi, e allora vedi le cose prima degli altri. Eravamo in tre: io, Marino Frigerio e Roberto Bertuzzo. Il Comasco, il Lecchese, la Valtellina... In Valtellina ce ne sono tanti eh...». Adesso che ha smesso, lo chiamano ancora: «Non giro più, ho 88 anni. Anche se... Comunque mi mandano dei video. Così, per consulenza». Alla fine, il campo se l’è costruito sotto casa: il campetto di Cremia. Dove ha visto sgambettare gli ultimi due talenti scoperti. Il primo è Alessandro Longoni, il portiere della Nazionale Under 17. Di Tremezzo: «L’ho portato qui a Cremia a giocare, aveva 8 anni, l’ho osservato bene. Un fenomeno. Potevano arrivarci altre squadre ma la famiglia si è fidata di me e l’ho portato al Milan. Questo arriverà in serie A...». Squilla il telefonino, è l’amico fraterno Mauro Bianchessi, allora al Milan, oggi dg al Monza: «Quel giorno entrai in campo io: feci tre tiri, e capii chi mi aveva portato».

Poi c’è Tommaso Manzi, ora al Monza, l’ultima scoperta, anche lui visto sul campetto di Cremia. E gli altri? «Cutrone lo vidi a Maslianico. Riuscii a intercettare la famiglia, il povero papà Pasquale: in due ore il Milan lo prese. Deve ancora dare il meglio, per me è meglio da seconda punta. Ne ho ospitati anche qui, tanti. A un certo punto avevo in casa Vignaroli, che avevo scoperto in Liguria, e un portiere napoletano Marruocco. Andavano su e giù da Orsenigo con l’aliscafo. Vignaroli era uno metodico, preciso. Marruocco sentiva la nostalgia di casa, piangeva tutte le sere... Non è facile per ragazzini così giovani. Bisogna superare ostacoli emotivi». “Suoi” anche i fratelli De Ascentis: «Diego più estroso, più testa dura, Davide più controllato, più maturo. Tecnicamente era più forte Davide, ma poi conta anche altro». Lo ha aiutato la figlia Fabrizia, che assiste alla chiacchierata : conosce aneddoti e nomi di tutti i giocatori: «Di calcio non ci capisco molto, ma facevo l’autista per papà. Ricordo i pomeriggi a Orsenigo con Pablo Ostinelli». Riparte Luigi: «Mattia Notari l’ho portato io al Milan, lo avevo visto in un torneo. Formidabile, anche di testa. Poi Zambrotta, Sammarco, Locatelli. Solo che adesso vogliono tutti marcantoni alti due metri, i piccolini fanno più fatica. E invece io guarderei più i piedi che la struttura fisica. Anche se il calcio di oggi è molto fisico».

Il Milan, quando se ne è andato, gli ha dato una targa omaggio: «Ero come a casa, con Galliani e Bianchessi, che bella avventura. Andavo anche in Campania per loro». E qualche talento non sbocciato? «Carlo Ferrario, recordman di gol tra D e C, avrebbe e potuto fare sfracelli in A. Ma si è accontentato...».

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