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Lunedì 28 Ottobre 2024
Suwarso, the president: «È un bel Como.Star e birra? Vi dico tutto»
«Sono contento perché la squadra diverte ed è attrattiva per chi la guarda. La A qui? Ci abbiamo sempre creduto, forse perché siamo forestieri. Il gesto ai napoletani? Colpiti dai loro commenti. Attori e cantanti: avanti»
Difficile che sappia bene chi sono Tragni, Beretta o Gattei. L’emozione di vedere Mirwan Suwarso nell’elenco dei presidenti del Como forse è tutta nostra. Ma anche lui sa che, l’aver preso la carica di presidente, pochi giorni fa, cambia un po’ le cose, almeno a livello formale, forse anche da quello emotivo. Questa intervista era necessaria. La prima da presidente del Como. E poi... in questi tre mesi dall’ultima intervista rilasciata al nostro giornale, è capitato di tutto, tra acquisti, ritorno in A al Sinigaglia, birre offerte, star in campo (Paz) e in tribuna. Non ci si annoia con Mirwan Suwarso. Non si annoia nemmeno lui, che però, appare sempre sorprendentemente (come si dice?) “chilli out”, insomma rilassato, sorridente, serafico, positivo, al netto delle pressioni cui deve essere sottoposto, su e giù dagli aerei “da” e “per” Londra (ma ora sempre più cittadino comasco). Un’oretta in sua compagnia parlando di tutto, da Nico Paz allo stadio, dagli attori di Hollywood alla squadra. Una chiacchierata che farà sicuramente piacere ai tifosi del Como: perché dentro ci sono delle belle notizie.
Mister Suwarso, da oggi la chiamiamo presidente...
(ride, ndr) Fate pure. È così...
Come mai questa mossa adesso? Dopo cinque anni in cui la carica è stata vacante?
Diciamo che l’ingresso in serie A ha portato a un nuovo capitolo nelle relazioni, con il palazzo o con gli altri club. E diciamo che così è più facile interagire con le varie componenti e si dà un segnale di chiarezza.
E’ una mossa che rappresenta qualcosa per lei, al di là dei fatti strategici?
Certo. È una carica importante, fa parte della storia del club, e se possibile aumenta anche un po’ le responsabilità.
Soddisfatto della squadra, di questi primi mesi di serie A?
Direi di sì. La squadra ha un gioco attrattivo, diverte, abbiamo una bella immagine e la classifica non è male, anche se per quella bisogna aspettare di fare un po’ di strada. Ma va bene. Il nostro obiettivo di stagione è la salvezza, siamo in linea.
In cosa bisogna migliorare?
Io parto da un dato importante, che non tutti forse sanno: siamo la settima squadra per occasioni create, e la settima squadra per azioni concesse agli avversari. Vuol dire che creiamo tanto e che concediamo poco. Ora c’è da finalizzare di più sotto porta ed evitare, come succede, che le azioni degli avversari finiscano spesso in gol. Ma siamo sulla strada giusta.Direi che sono soddisfatto.
Delle tre partite sulla bocca di tutti, Bergamo, Verona e Napoli, quale le è piaciuta di più?
Vi sorprenderò, ma dico il secondo tempo di Cagliari. Quando hanno debuttato Paz e Perrone. Lì è la prima volta che ho detto: wow. A Bergamo invece ero troppo teso per divertirmi... (ride, ndr).
Sinora ha visto tutte le partite. Sta per caso diventando anche un esperto di tattica?
Never. No, no... (e ride di nuovo, ndr)
Però ha citato Perrone e Paz, due crack. Vi aspettavate che Nico sarebbe stato subito così sulla bocca di tutti?
Sapevamo che era forte. Ci ha messo indubbiamente poco a dimostrarlo.
I tifosi hanno paura che ce lo portino via presto.
Noi siamo una società che non ha bisogno di soldi, dunque già una delle dinamiche che portano alle cessioni dei gioielli, cade. Possiamo ragionare con calma. Nel calcio never say never, ma possiamo essere sereni.
Capitolo stadio: il progetto è quasi pronto, lo ha detto l’altro giorno. Ma ha detto anche che non è determinante. Importante, forse fondamentale, ma non determinante. Ci spiega meglio?
Bisogna pesare le parole. Io ho solo detto che quando leggo che andremmo via senza stadio nuovo, è sbagliato. Abbiamo fatto studi importanti, speso dei soldi, fatto rilevazioni, e ora porteremo il progetto al sindaco. Ci crediamo. Ma non dite che se dovesse bloccarsi tutto, noi ce ne andremmo. Non è vero. Abbiamo comunque un progetto in cui crediamo.
Però senza stadio nuovo mancherebbero gli introiti delle attività commerciali.
Vorrebbe dire che bisognerebbe inventarsi qualcosa d’altro. Non puoi pretendere di auto-sostenerti finanziariamente solo con le attività della squadra, specie in una realtà come Como. Dunque devi pensare a qualcosa di parallelo. Molte cose le abbiamo fatte, altre le faremo. Comunque allo stadio ci crediamo.
Il Como è tornato in serie A dopo 21 anni, al Sinigaglia. Sembrava impossibile fare la A lì, e invece tutto è filato liscio.
Noi ci abbiamo sempre creduto, forse perché veniamo da fuori, non avevamo sulle spalle tutto il pregresso e la negatività di chi aveva vissuto certe cose. Abbiamo fatto il massimo e ce l’abbiamo fatta.
L’impressione è che fosse una sfida, la vostra: volevate a tutti i costi giocare la prima lì.
Non è corretto. E noto che spesso si leggono le cose con una certa spigolosità. Noi eravamo e siamo sereni. Sapevamo di fare tutto il possibile. Se andava bene ok, se no andavamo a giocare a Verona una partita. Ma senza stress. L’importante è lavorare bene con impegno e avere degli obiettivi.
Nelle ultime partite sono arrivate star di Hollywood che hanno fatto parlare il mondo. Perché vengono qui?
Perché il nostro obiettivo è far parlare di Como nel mondo. Mi hanno detto che c’è stato anche un servizio nel Telegiornale più importante della Rai in prima serata. La squadra è un aspetto del brand Como. Hugh Grant appena arrivato ha fatto riferimento a Villa d’Este. Como ha appeal. Vengono, altri ne verranno, e si parlerà di Como ovunque.
E’ vero che Grant si è appassionato al Como?
Sì. Perché è rimasto affascinato dal clima raccolto, dal sentimento di una comunità intera. Ha detto che vuole tornare. Ha persino chiesto l’abbonamento...
E invece con i cantanti come va?
Bene. Una scelta che fa parte della stessa strategia, ma diversa perché in questo caso offriamo uno spettacolo ai nostri spettatori. Ci sono in lista altre sette cantanti, per le prossime partite. Tutti italiani. Ma non chiedetemi quali siano, perché di questa cosa non mi occupo direttamente.
Hanno fatto scalpore le foto delle stanze del Sinigaglia come fosse un antico hotel di lusso. Come mai questo sforzo?
Credo che se andassimo a vedere impianti sportivi in paesi come gli Usa o l’Australia anche solo il Nord Europa troveremmo altri stili, cose bellissime ma moderne. Invece chi viene in Italia cerca la storia. E abbiamo cercato di darla a chi viene a trovarci. Un piccolo tocco, ma loro apprezzano. In Italia vogliono quella cosa lì.
Veniamo al caso delle birre offerte ai napoletani. Gesto geniale a livello di marketing, ma che ha fatto storcere il naso a qualche tifoso che lo ha visto come una invasione di campo nel terreno dei rapporti con le tifoserie.
Intanto il marketing non c’entra. E’ nato tutto spontaneamente. In questi anno mai mi era capitato di leggere sui social tanti commenti positivi al Como, al suo modo di giocare. Mi è venuto spontaneo fare un gesto. Anche perché, se sei gentile con qualcuno, è più facile che quel qualcuno poi sia gentile con te. Anche una maniera per svelenire il clima negli stadi, creare un clima bello, allegro. Noi ci proviamo.
Totti?
Possiamo essere estremi, ma non a quel livello...
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