Tempesta Azzurra: «Como-Roma, la mia partita»

Intervista Anni indimenticabili. Credo che sia uno dei Como più ricordati della storia. Bello averne fatto parte.

Tempesta Azzurra. Era lui: Antonio, Tonino, Tempestilli. Tempesta Azzurra, anche per via della trasmissione tv che teneva assieme al giornalista Riccardo Bianchi su una emittente locale. Abruzzese di Campli, ma romano per tutti, Tempestilli, terzino destro si diceva allora, insomma difensore, arrivò giovane dall’Inter e giocò per sei stagioni, dal 1981 al 1987, nel Como. Diventando un simbolo di quella squadra che conquistò la serie A e la mantenne per cinque anni (ma lui ci giocò in tre, di quelle stagioni). Simbolo di cosa? Di abnegazione, di grinta, di serietà, di affidabilità. Dopo il Como andò alla Roma dove giocò per altre sei stagioni e dove si fermò sino a pochi anni fa ricoprendo diversi ruoli, tra cui allenatore delle giovanili, team manager e altro.

Buongiorno Tempestilli. Come va?

Bene, grazie. Però adesso, dopo l’esperienza a Velletri sono fermo.

Domenica c’è la sua partita...

Eh, direi di sì. Sei anni di qua e sei anni di là, più i tanti anni da dirigente in giallorosso.

Se le dico Como?

Anni indimenticabili. Credo che sia uno dei Como più ricordati della storia. Bello averne fatto parte.

Perché Tempestilli era un idolo?

Credo che fosse perché ero serio. Umile. Magari i giocatori a volte se la tirano, ma io ero pane e vino. Se mi incontravi per strada ti davo retta. E in campo davo tutto.

Serio, ok, ma solo in campo... In spogliatoio ci dicono che era un capo claque.

Ma no, è che eravamo davvero tutti amici, ci frequentavamo anche fuori dal campo, c’era un bel clima. Cose che tra l’altro sono importanti per ottenere dei risultati. Credo anche adesso.

Aneddoti?

Con il povero Giuliani mi sono parecchio divertito. Era uno che sembrava ombroso, ma in realtà era spassoso. Che tristezza pensare che non c’è più. Mi ricordo una volta che l’attaccante De Rosa scese la buffet ed era tutto pieno di verdura. Lui era allergico e scappò rosso in viso.

Partite indimenticabili?

Quelle contro Maradona. A Como e al San Paolo. Vi mando la foto che ho più cara (quella che vedete pubblicata, ndr). Se curavi Maradona al San Paolo, ogni volta che lo contrastavi erano boati.

Ok, ma rubò un rigore a Como...

Già, forse proprio su un mio intervento. Ma era Diego... Poi il successo a Milano con la neve contro il Milan con le scarpette magiche di Muller. E i duelli con Serena. Mamma mia, che battaglie. Con Serena sono le volte che le ho date e prese di più. Una volta a fine partita dovette intervenire Marchesi per dividerci.

Poi andò a Roma.

Mi chiamò Ottavio Bianchi al Napoli, che mi aveva avuto qui, ma io andai a Roma per avvicinarmi a casa. Roma è casa.

Tempestilli e gli allenatori.

La mia serietà che conquistò i tifosi mi fece apprezzare anche dagli allenatori. A Como andai d’accordo con tutti, anche con Clagluna, che rimase poco. Ma mi conosceva ai tempi del Banco di Roma.

Cosa facevate fuori dal campo?

Io abitavo a Como Sole. Andavo a mangiare in un ristorante toscano lì sotto, oppure alla Darsena. Anche Como mi pare casa.

Un anno fa circa lei fu invitato dal Como di Suwarso come ospite alla cena benefica a Villa Erba. Che impressione le fece?

Innanzitutto mi ha fatto piacere vedere i miei vecchi compagni. Quel matto di Marco Nicoletti, che non è cambiato di una virgola. Poi è stata l’ultima volta che ho visto Roberto Melgrati. Non ci giocai mai, ma frequentava comunque il Como, suo fratello era medico della squadra e fece nascere mio figlio.

Una serata in cui ha potuto toccare con mano la serietà di questa società.

Certo. Ho visto serietà, potenza, visione. La sensazione che il Como sia caduto in piedi e con questa società la tifoseria possa rivivere un periodo simile a quello che visse con noi.

Vede le partite?

Sì, certo. Ho visto gli alti e bassi come per le neopromosse. Ma c’è un’idea.

E Como-Roma?

Partita difficile e importante per tutte e due. Il Como è lì vicino alla zona calda, la Roma non è ancora serena, basta una sconfitta per ricacciarla giù. Ma ha trovato Ranieri che è l’unica persona in grado di rianimarla.

Tornerebbe a lavorare al Como?

Di corsa...

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