Valentini: «Qui per passione. Ora devo trovare le foto del nonno»

Personaggio Papà giocatore di basket, nonno cestista con un passaggio a Cantù negli anni ’60. La “dinastia” dei Valentini vede ora sugli scudi Fabio

Papà giocatore di basket, nonno cestista con un passaggio a Cantù negli anni ’60. La “dinastia” dei Valentini vede ora sugli scudi Fabio, nuovo playmaker ingaggiato dalla S.Bernardo, la scorsa stagione a Forlì. Ben 61 anni fa, nonno Claudio era in Brianza – ruolo esterno, come il nipote -: era la stagione 1963/64, visse a Cantù per altre due annate non consecutive.

Ora tocca a Fabio, 25 anni, giocatore con una consolidata esperienza in A2. Lascia Forlì, una piazza importante, per arrivare in un’altra altrettanto ambiziosa: «Scegliere Cantù non è stato difficile – racconta il play -: appena ho saputo della chance, l’ho messa tra le prime opzione. Ci siamo parlati tanto io e coach Brienza, inoltre conosco l’ambiente per esserci stato da avversario e so che atmosfera c’è. Anche Forlì vive di basket, ma venuto qui per riportare Cantù dove merita».

Come Cantù, anche Forlì è stata una delle grandi deluse della scorsa stagione: «Aver perso il nostro leader Allen nell’ultima partita di fase a orologio, che a noi non avrebbe dato o tolto nulla, per un infortunio al tendine d’Achille, ha scosso molto la squadra. L’abbiamo pagata, inoltre Trieste avrebbe battuto chiunque: è una squadra che si accesa al momento giusto. Resta la soddisfazione per la vittoria della Coppa Italia, il mio primo trofeo. Ho concluso due volte il campionato come primo, ma senza promozione, sogno di farlo qui a Cantù».

Impossibile non parlare di nonno Claudio, a Cantù negli anni ’60: «A Casale abbiamo una piscina, ogni volta che mi vede mi parla di Cantù. Quando mi stabilirò, dovrò cercare le sue foto, me le chiede sempre… Mi ha parlato molto bene del posto e dell’ambiente. Papà? Anche lui mi ha aiutato a scegliere: sostiene che ho fatto la scelta giusta per la mia carriera».

Valentini è un play, a cui piace servire i compagni ancor più che tirare. Brienza si aspetta da lui quella dose di imprevedibilità necessaria e fondamentale per raggiungere gli obiettivi stagionali: «Mi considero un giocatore estroso, mi piace giocare per la squadra, coinvolgere tutti e, quando capita, prendermi qualche tiro “ignorante”. Vivo molto di passione, sento il legame con il pubblico, anche “aizzarlo” positivamente. Quando il palazzetto è caldo, mi trovo nel mio habitat preferito. Anche l’anno scorso, ricordo Forlì-Bologna, una sfida sentitissima… Io gioco per i derby e per le partite infuocate, è il bello del basket».

Condividerà il ruolo con un “maestro” italiano del playmaking, Andrea De Nicolao: «Ho scelto Cantù anche per imparare qualcosa da lui, che ha vinto scudetto e molto altro: non c’è cosa migliore che apprendere dai più forti. Però parlare ora è facile, bisogna poi trovarsi bene in campo con i compagni per costruire una stagione di successi e regalare qualcosa di importante ai tifosi».

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