«Vincenti le scelte su stadio e Mozzate»

L’intervista L’ex dirigente azzurro e ora delegato provinciale del Coni, D’Angelo: «Ludi simbolo della promozione». Nessun dubbio sui meriti: «Quando non giravano più le gambe, sono usciti cervello (Fabregas) e cuore (la squadra)»

Basterebbero e avanzerebbero il ruolo e il rango attuali: delegato provinciale del Coni. Ma per Niki D’Angelo il Como è una questione di cuore. A prescindere. Da quelle immagini (un po’ in bianco e nero, tante a colori) di papà Raffaele a bordo campo come il più elegante e signorile dei commissari della Lega Calcio ai ricordi (azzurri intensi) della sua esperienza in prima persona nella dirigenza del club.

Da Beretta in poi

«Erano gli ultimi anni di Beretta, Porro papà e Marzorati - dice - e arrivammo fino alla vendita a Preziosi. Sono quasi passati trent’anni, una vita. Ma quel gruppo dirigenziale mi ha lasciato tanto. Ancora ci sentiamo e ci vediamo. C’eravamo praticamente tutti, venerdì allo stadio: Roberto Ambrosoli, Christian Nessi e Silvio Santambrogio, con Fabio Ferretti che abbiamo sentito giusto prima della sfida con il Cosenza».

Adesso guarda il mondo dall’oblò della sede del Coni sotto la Curva Como (guarda caso...) e ha i mezzi e la tranquillità per giudicare a freddo la portata della promozione in serie A. «Avere una squadra di vertice in una Federazione così importante - spiega l’ex presidente di Maslianico e Canottieri Cernobbio - è un traino di fondamentale importanza per il movimento provinciale. Quello che è successo a fine gara l’altra sera non ha precedenti. Mi ha chiamato un amico di Palermo per chiedere quanti abitanti avesse Como dopo aver visto le immagini della festa».

D’Angelo sottolinea i tanti meriti del club. «Tra le grandi scelte vincenti, quella più importante - racconta - è l’aver puntato fin da subito sugli impianti. E questo è il segreto: per poter impostare un progetto a lunga gittata e vincente a livello di risultati, sono fondamentali campi e centri».

Riferimento, nemmeno troppo casuale, al Sinigaglia e a Mozzate. «Con la costruzione di un proprio centro sportivo, il Como ha dimostrato di avere l’intenzione di fare le cose seriamente. Questo deve essere un esempio per altre realtà, non solo di alto livello. E il discorso sullo stadio è basato su ragionamenti seri e tanta concretezza. Nessuno svolazzo, ma la determinazione per fare tutto al meglio e il più presto possibile. Ci sono le condizioni, anche dopo le continue interlocuzioni con l’amministrazione comunale, per non sbagliare scelte».

Fin qui strategie e filosofia, ma a vincere è stata la squadra. «Ho molto apprezzato - puntualizza D’Angelo - la politica dei piccoli passi, con l’impennata di qualità nel mercato di gennaio. Chiara l’intenzione di piazzare la zampata verso la serie A. E anche nel periodo decisivo, quando le gambe sono venute un po’ meno, a vincere sono stati il cervello, ed è innegabilmente Fabregas, e il cuore, la squadra. Mix perfetto.

«La forza del dg»

Ma il delegato del Coni non si limita a questo. «Per me - dice - c’è un simbolo della promozione: il dg Ludi. A lui una sera dissi: “Tu che sei stato il condottiero di quel Novara non eccelso, ma capace di arrivare in A, cerca di trasmettere la stessa mentalità al gruppo”. Così è stato. Charly è il cuore immenso di questa società, colui che è stato capace di dare grande forza».

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