«Il mio giro d’Europa visitando gli stadi. E sul Sinigaglia dico...»

Carlo Cartacci, il farmacista-scrittore, studioso di impianti. L’ultimo libro sui campi della Scozia

Volete parlare di calcio come se si trattasse di un romanzo, un brano di letteratura, un viaggio culturale che tenga unite la modernità alle tradizioni? Dovete fare quattro chiacchiere con Carlo Cartacci. Il farmacista (a Sant’Agostino), ex organizzatore di viaggi negli stadi di Inghilterra, e oggi, a furia di viaggiare, diventato scrittore proprio sul tema degli impianti. Il racconto di viaggi incredibili a vedere stadi nascosti, affascinanti, old style, dalle storie appassionanti. Dopo quello sui campi di calcio nella ex DDR, ora è in libreria la sua seconda opera, “Stadi di Scozia”, edito da Urbone Publishing. Diciannove stadi visitati in sette giorni. Un viaggio emozionante, dove le origini del calcio sono ben vive e presenti.

Che bel tour de force.

Dopo la DDR, mi sono concentrato sulla Scozia, perché anche lì c’è un forte richiamo al passato, un rispetto alle tradizioni. Se il primo volume era anche una riscoperta di un mondo finito, o trasformato, dopo la caduta del Muro, questo è un viaggio all’interno della storia del calcio.

Come hai viaggiato?

Mezzi pubblici. Molto comodo.

Hai trovato le porte aperte?

Eccome. Fantastico. Mi ha facilitato il primo libro, che porto come “lasciapassare”. Mi hanno aperto gli impianti,accolto con passione. Fantastico.

Cosa hai trovato in Scozia?

Il fascino di stadi che hanno mantenuto un collegamento con la storia. Prendi Hampden, dove gioca la Nazionale scozzese. Rimodernato, ok, ma ancora fedele alle forme del passato. E’ una forma di rispetto. C’è ancora la pista di atletica, che in realtà era adibita alle corse dei cani. Ma ci sono anche altri esempi. Rifanno le tribune , le rendono accessibili, ma conservano la primogenitura. In Italia, direi anche in altre parti d’Europa, non succede. Tendono a fare cose completamente nuove, come lo Juventus Stadium. Così non va bene.

I tuoi preferiti?

Hampden (Glasgow, stadio della Nazionale); Tynecastle (Edimburgo, Heart of Midlothian FC); Pittodrie (Aberdeen , Aberdeen FC).

C’è uno stadio che ti ha colpito in particolare?

Nel mio viaggio in Inghilterra, uno dei miei prossimi libri oltre a quello che sto scrivendo sugli stadi balcanici, ho trovato quello del Fulham, il Craven Cottage, che è la cosa più simile che possa essere accomunata al Sinigaglia. Con il fiume che passa accanto. Hanno rifatto una tribuna, ma i resto lo hanno lasciato com’era.

Dunque al Sinigaglia cosa faresti?

Non farei uno Juventus Stadium. Farei uno stadio da cui si possa vedere il lago, perché non sembra, ma fa parte del fascino dell’esperienza nel venire qui. E poi via i 30 metri davanti alla tribuna,inutili.

Lo stadio più strano visto?

Uno in Scozia in... salita. Il Fir Park di Motherwell. Sì, c’è una pendenza tra i due lati di campo. Pazzesco. Lo raccontano anche parecchie testimonianze.

Cosa ti lasciano questi viaggi?

La conferma di quanto le radici di alcuni avvenimenti che riguardano la società civile, siano intrecciati al calcio. In alcuni Paesi non è uno sport, è qualcosa di diverso. Lo testimoniano i murales che ho visto ovunque e che riportano vicende della società, delle tradizioni popolari. Nei Balcani la guerra cominciò negli stadi.

Chi ti ha aiutato a scrivere questo libro?

Le testimonianze di giocatori italiani che hanno giocato in Scozia, come Amoruso, Gattuso, Bruno ma anche Sinigaglia che sarà alla presentazione l’8 novembre al Birratrovo. Il 15 novembre lo presenterò al the Art Company in via Borgovico.

Collezioni sempre squadre di Subbuteo?

Certo. Ne prendo di originali dall’Inghilterra, bellissime. Ne ho degli Anni Settanta.

E Sportitalia? Continui a fare l’opinionista su calcio italiano ed europeo.

Sì, anche se in serie A a Como ora mandano l’inviato.

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